In “Il vestito di Lia”, la scrittrice torinese ci regala una storia elegante e delicata sul potere delle passioni e su come queste possano aiutare i più piccoli ad affrontare le loro paure. L’albo, edito da Edizioni Corsare, è, inoltre, impreziosito dalle meravigliose tavole dell’illustratrice Daniela Costa, che, con tocchi espressivi e ricchi di particolari, contribuisce a restituire il calore di una narrazione capace di infondere fiducia e coraggio a tutti i suoi lettori.
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_di Roberta Scalise
La piccola Lia ha molti timori. Tra questi, spicca la paura «dei topi, dei gatti, dei maschi, dei boschi, dei bruchi pelosi e degli sconosciuti con il cappello». Ma quando le sue dita corrono veloci sui tasti bianchi e neri del suo pianoforte, non vi è sfida che non sia in grado di affrontare. Anche se essa dovesse consistere nel salire sul palco ed esibirsi di fronte a un pubblico folto e curioso.
Ed è proprio questo il messaggio de “Il vestito di Lia”, l’elegante albo illustrato scritto dalla torinese Sara Marconi ed edito da Edizioni Corsare: quando abitati da una passione autentica – artistica, sportiva, intellettuale –, i bambini risultano capaci di affrontare qualsiasi ostacolo la vita ponga sul loro cammino. Proprio come gli adulti – e forse, talvolta, anche in modo migliore.
In poche, incisive, didascalie, il volume tratteggia, quindi, il potere travolgente delle passioni e il loro effetto galvanizzante sui più piccoli, resi anche mediante le meravigliose tavole realizzate dalla disegnatrice Daniela Costa. La quale, con illustrazioni espressive, minuziose e avvolgenti, contribuisce a restituire il calore di una piccola, grande, storia capace di infondere la giusta dose di coraggio e fiducia a tutti i bambini che avranno il dono di leggerla.
Per approfondire la genesi del volume e i suoi significati, abbiamo chiacchierato con la scrittrice Sara Marconi.
Da quale “scintilla” è nato l’albo illustrato “Il vestito di Lia”? E come si è sviluppata la sua stesura?
“Il vestito di Lia” nasce alcuni anni fa, dall’incontro con Daniela Costa. Mi piaceva il suo stile e lei mi ha chiesto un testo: Lia è arrivata quasi subito, anche se all’inizio… aveva un altro nome. Per il resto, il testo pubblicato è cambiato pochissimo rispetto a quello iniziale. Solo sulla fine, a proposito delle ultime parole, ho lavorato e ri-lavorato un sacco di volte: non sembrava mai giusta, forte ma non pesante, chiara ma non didascalica.
Partendo dal mio testo, Daniela ha preparato lo storyboard e poi alcune tavole. Nel frattempo, l’editrice ha visto il progetto e le è piaciuto, perciò Daniela ha iniziato a lavorare.
La narrazione, molto delicata ed elegante, si concentra sulle passioni dei più piccoli e sul potere che queste ultime posseggono nel fornire loro il coraggio di fronteggiare le proprie paure. Come poter, quindi, aiutare i bambini a scoprire quale sia il “fuoco interiore” che li anima?
Onestamente non so rispondere a questa domanda. Immagino che la noia possa aiutare: spesso è quando ci si annoia che si trovano risorse inattese. Per me è stato certamente così, da bambina. Mi annoiavo molto, e la lettura (e poi la scrittura) hanno riempito quel vuoto. I bambini e le bambine di oggi è difficile che si annoino, perché sono sempre a “fare cose”. Però questo è un pensiero da adulta, e anche molto insicuro. Direi molti stimoli e un po’ di tempo vuoto, ecco. Ma io sono solo una scrittrice, non ho ricette pedagogiche.
Nel volume sono elencate tutte le paure di Lia, compresa quella per «i maschi»: a che cosa si riferisce esattamente questo timore? E qual è il suo significato?
Non c’è un significato recondito. Lia ha paura di quello che incontra. Forse i maschi fanno rumore? Forse sono solo diversi da lei? Le paure sono spesso irrazionali. Quello che volevo dire è che Lia ama stare nel suo, non farsi invadere. È molto protetta. Non ho niente contro i maschi, naturalmente! Se la storia fosse stata di un bambino, per esempio Bruno, avrei certamente scritto che Bruno ha paura delle bambine. Il diverso, l’altro, può fare paura.
La storia di Lia vede una sua propaggine nelle meravigliose tavole realizzate da Daniela Costa: qual è stata la sinergia lavorativa che si è creata tra voi due? Ha avuto modo di avanzare delle proposte e delle suggestioni o si è completamente affidata all’estro creativo dell’illustratrice?
Come accennavo, questa storia nasce dall’incontro con Daniela. È in qualche modo figlia sua fin dall’inizio. Questo non vuol dire che lei l’abbia modificata, o che abbia chiesto di rivedere qualche parola, ma soltanto che, senza di lei, non sarebbe nata. Le sue illustrazioni mi sono sembrate subito “giuste” anche per questo, credo: quando scrivevo, avevo già negli occhi il suo stile. Le tavole di Daniela sono eccezionali, piene di particolari nascosti, di dettagli pensatissimi. È un lavoro che mi ha impressionata, durato tantissimo tempo. Lei dice che io le ho dato alcuni consigli – perlopiù generali, uno su una tavola di questo libro. Io li avevo dimenticati. Ho preso il suo lavoro con grande riconoscenza, come un regalo.
In generale, invece, quali sono gli aspetti più stimolanti e quali, invece, quelli maggiormente complessi nella stesura di un libro per bambini e ragazzi? Come e quando comprende che il testo sia “riuscito” e abbia raggiunto il suo intento?
Io tendo a scrivere in modo quasi inconsapevole: le cose vengono e basta, tiro su la testa dalla tastiera e lì ci sono sei pagine nuove, chissà come mai. Quando rileggo davvero mi stupisco, non mi sembra di aver scritto io. Però spesso quello che leggo non mi piace. Ci vuole molta forza di volontà per andare avanti, per “crederci”. È come una traversata: a volte mi dico non pensarci, devi arrivare di là e basta. Poi a libro pubblicato in genere sono abbastanza contenta. Però non so mai se il libro “funziona” davvero, devo aspettare i lettori. Per fortuna i bambini e le bambine sono spietati, non fanno giri di parole: se qualcosa non gli piace te lo dicono.
A proposito di paure: il periodo storico in cui siamo immersi è intriso di incertezze e angoscia, che interessano non solo gli adulti, ma anche – e, in alcuni casi, soprattutto – i più piccoli. Come poter raccontare a questi ultimi ciò che stiamo vivendo? E come aiutarli a superare le difficoltà e i timori di questo momento? Vi sono libri che potrebbero essere di supporto ai genitori per acquietare i propri figli? Se sì, quali consiglierebbe?
Come dicevo, Lia non nasce durante la pandemia. Eppure sono convinta che sia una buona risposta (anche) alle difficoltà di questo periodo. I bambini e le bambine hanno delle risorse che noi tendiamo sempre a sottovalutare. Diciamo “poverino”, “avrà paura”, ma spesso siamo noi ad avere paura – e questo sì, li spaventa: le paure dei loro genitori o degli adulti di riferimento. Quindi mi verrebbe da dire che prima di tutto bisogna cercare di affrontare noi le nostre paure, e difendere i nostri bambini da noi stessi. Lo dico da madre prima che da scrittrice, e lo dico a me prima che agli altri.
Per i bambini tutte le cose sono nuove. Stare seduti in un banco. Essere interrogati di geografia. Mettere la sciarpa. Stare in una classe otto ore con altri bambini e bambine. Tutto nuovo. Tutto diverso e – sì – potenzialmente pauroso. I bambini sono esploratori. Girano a volte guardinghi a volte senza timori in una giungla piena di strani animali. Il fatto che per noi quella giungla sia nota ci fa dimenticare che per loro non lo è. Fidiamoci dei bambini e delle bambine. Non spaventiamoli, non lasciamoli soli, e fidiamoci della loro capacità di andare. Ci stupiranno.
Quali saranno, infine, i Suoi prossimi progetti artistici?
Ho appena scritto un altro testo per Daniela e non vedo l’ora di iniziare a vederlo crescere tra le sue mani. E poi sto lavorando a due progetti insieme al mio socio storico, Simone Frasca, illustratore e autore insieme a me di molti libri. Con lui sto scrivendo anche una storia d’Italia per ragazzi, e mi diverto moltissimo. Insomma: faccio tante cose diverse. Sono molto fortunata.