La Parigi Occupata di Jean Paul Sartre

La fenomenologia della resistenza e la geografia dell’occupazione parigina nelle parole di Sartre e nella prima edizione italiana a cura di Diana Napoli per la casa editrice indipendente Il Melangolo. 


_di Federica Bassignana

Una luce sui testi nell’ombra dell’opera sartriana: così prende forma la selezione degli otto testi di Jean-Paul Sartre, nella prima edizione italiana, nel volume Parigi Occupata (Il Melangolo) grazie alla curatrice e traduttrice Diana Napoli. Dopo la pubblicazione su riviste clandestine come Combat e Lettres françaises, questi scritti sono confluiti in Situations (Gallimard) e la raccolta per Il nuovo melangolo – pubblicata con il contributo del Centre National du Livre, Ministero francese della cultura – intende offrire ai lettori un punto di vista agile, originale e dettagliato su uno dei temi capisaldi del XX secolo: l’occupazione e la resistenza al nazifascismo.  

I testi raccolti sono stati scritti tra il 1943 e il 1945 e non mostrano un Sartre resistente quanto piuttosto un uomo che osserva la Parigi occupata in sella alla sua bicicletta e prende nota sui suoi taccuini. E scrive, con la raffinatezza di chi sa entrare nel cuore delle situazioni e riesce a trovare le parole giuste per raccontarle. 

 

Secondo le parole della curatrice, i brani costituiscono «una profonda e lucida disamina della Resistenza e delle attese che essa aveva veicolato»: l’occupazione e la resistenza sono descritte nell’orizzonte di testimonianza dell’autore e trasmettono perfettamente quello slancio vitale di una esperienza totalmente umana della guerra che è diventata Storia

“Un libro dal valore artistico e documentario universalmente valido e attuale, che racconta l’assoluta urgenza di dire no ai fatti anche quando sembra necessario sottomettervisi” 

Tra riflessioni sulla fenomenologia della resistenza e le testimonianze dei giorni dell’occupazione e della liberazione, il libro è un affresco letterario che si coniuga con la bellezza documentaria e di cronaca. Negli scritti emerge la dimensione di un Sartre più aderente al quotidiano e al dato empirico, nonostante la sua inconfondibile retorica narrativa; in particolare, l’autore della nausée esistenziale diventa un reporter d’eccezione raccontando i giorni della resistenza e della liberazione tra le strade di Parigi, tra il 19 e il 23 agosto del ‘44. Questi testi trovano la loro identità nel diritto della testimonianza diretta e del contatto ricercato e approfondito con la realtà di cui Sartre si annuncia osservatore:

Riporto solo quello che ho visto; quello che chiunque, camminando, avrebbe potuto vedere. 

Il suo è un tentativo di mostrare la realtà del suo sguardo sugli avvenimenti di una oppressione che, nonostante la sua natura coercitiva, diventa il disvelamento della libertà:

Non siamo mai stati così liberi come sotto l’occupazione tedesca. […] Il veleno nazista si insinuava nel profondo dei nostri pensieri e quindi ogni pensiero giusto era una conquista.

I testi uniscono tra loro i tasselli di una maggiore comprensione di ciò che è stata – e ha significato – l’occupazione di Parigi: in presa diretta, Sartre racconta il colore dei fatti, i rumori della città, i volti delle persone, i nasi all’insù dei passanti che cercano di capire se l’aereo in volo sia alleato o nemico, l’impossibilità di odiare i soldati tedeschi perchè quell’odio astratto non riusciva a fissarsi su nessun volto, le strade deserte liberate dai corpi e poi ripopolate con il disincanto di chi fa della morte un’esperienza quotidiana, sino alla fine – nell’indifferenza e nell’angoscia – di una guerra per la quale è stato impensabile addirittura gioire.

Nella sua battaglia sproporzionata e grandiosa contro i carri armati tedeschi, Parigi ha affermato il potere dell’uomo. E il nostro compito oggi è forse quello di difendere l’umano, senza grandi illusioni e senza troppe speranze, di fronte alle nuove forze alquanto inumane che hanno appena riportato alla vittoria. 

Ma Sartre va oltre la testimonianza diretta: tra i testi proposti nella raccolta prendono voce le sue riflessioni in merito alla psicologia di figure emblema della Seconda Guerra Mondiale: il collaborazionista e l’antisemita e il loro modo di porsi nei confronti della realtà, nella loro scelta di adesione a una perversa fascinazione per il male e nel loro sottrarsi alla responsabilità di essere – prima di tutto –  umani. 

Un libro dal valore artistico e documentario universalmente valido e attuale, che racconta l’assoluta urgenza di dire no ai fatti anche quando sembra necessario sottomettervisi. Nelle parole di Sartre la guerra intestina dell’occupazione e della resistenza si delinea nei contorni di una cornice di autentica possibilità di vivere senza trucchi e senza veli questa situazione straziante, insostenibile che chiamiamo condizione umana