Il final party di Milan Digital Week trasmesso su Dice TV ha confermato Andrea Venerus come il nostro cosmonauta preferita dell’alt-soul.
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_di Mattia Nesto
Non sappiamo se ci sia stata esatta puntualità sta di fatto che da uno schermo vedevamo lo SpaceX di Elon Musk partire per “l’alto cosmo aperto” dalla base di lancio di Cape Canaveral e, dall’altro, attraverso Dice TV scorgevamo Andrea Venerus emergere da una serie di treni e locomotive d’epoca e iniziare un concerto che, ne siamo sicuri, farà epoca. Non soltanto farà epoca vista la bizzarra e del tutto fortuita coincidenza con il lancio della Crew Dragon (il lancio non era previsto per il 30 maggio ma le condizioni avverse lo hanno fatto slittare) ma anche perché quello di Venerus alla Digital Week al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano è stato il primo vero e proprio concerto concepito digitalmente.
Lo si capisce innanzi tutto dalla regia che, se inizialmente, pare molto legata agli stilemi più televisivi alla fine si rilassa e, specie dopo i primi minuti di canzoni, ci regala inquadrature del tutto particolari: l’immagine riflessa e doppia di Andrea, un doppelgänger che si specchia nel suo piano che in fondo è il correlativo oggettivo della sua stessa anima. Un’anima inquieta, elegante e sinuosa, come elegante e sinuosa è il modo che ha Venerus nello stare sopra un palco o imbracciare uno strumento.
L’inizio è un po’ strano, pare che qualcosa manchi e quella cosa che non c’è è il pubblico chiaro, quella massa di cuori palpitanti che, piano piano, si calibrano e iniziano a battere all’unisono. Eppure, magicamente, travalicando le connessioni ballerine e attraversando le centinaia di migliaia di cavi sottomarini che tengono tutto il mondo collegato, la magia arriva, la musica si diffonde. Come in Final Fantasy VII, in mezzo ai treni si compie l’impossibile e il climax sale sale e sale di più.
Si diffonde nei piccoli appartamenti degli studenti che sono cinque mesi che non vedono la “nonna di giù”, esplode nella veranda della casa in collina dei tuoi che era da quando avevi tredici anni che non frequentavi con tanta assiduità e arriva perfino in quella stanzetta di periferia di quella ragazza triste che, poco prima del 24 febbraio, è stata lasciata dal moroso.
Venerus però è oltre. Venerus però, spalleggiato da un eccezionale Enrico Gabrieli ai “inserisci strumento a scelta” e MACE, è già nella stratosfera dei nostri cuori, con interpretazioni una meglio dell’altra. E allora noi ritroviamo quel brivido nel palco negli occhi di Venerus che sono luminosi e profondi come due fari nella notte. Tra una canzone e l’altra certo c’è il silenzio ma che viene riempito dai nostri messaggi che, con le ali ai piedi come neppure Ermes, volano di bocca in bocca, vengono propagati i dita in dita e financo ascoltati in improvvisate note audio con sottofondo di Digital Week.
Non tutto ha funzionato nell’evento organizzato da Asian Fake, RADAR Concerti e Dice TV, specie all’inizio, ma non è questo l’importante. L’importante è che si sia fatto un passo, un piccolo pauso per uomo, un grande passo per l’umanità. E così se il mezzo della modernità dell’Ottocento per eccellenza è stato il treno e quello del Novecento è stato l’areo prima e lo shuttle poi, ecco che Venerus e SpaceX hanno tenuto insieme due secoli di storia gettando il cuore nel futuro: un futuro che viaggerò, anche e soprattutto, sotto forma di traffico di dati. Binari digitali per sentimenti analogici, un po’ come se Galaxy Express 999 diventasse realtà.