I contorni sfocati di una Milano immersa in un clima piovoso danzano attraverso il filtro di atmosfere jazz dal sapore europeo: è “Salvagente”, il brando che sancisce l’esordio musicale di Milano Shangai, nuovo progetto emergente del lato più underground della metropoli. Futura 1993 ha intervistato per noi il trio milanese in attesa dell’uscita della prima release discografica.
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_di Sophia Lippi
Milano Shanghai è il progetto di tre ragazzi del capoluogo lombardo già conosciuti nella scena underground locale. Dal 13 gennaio è fuori il loro primo singolo “Salvagente”, un piccolo assaggio del loro manifesto musicale “Labirinti Ep” che uscirà in primavera per Irma Records. “Salvagente” è un brano che su tutti i piani non lascia dubbi sulla maturità e preparazione dei tre artisti che, con un pizzico di accortezze in più nella produzione, hanno tutti gli ingredienti giusti per sfornare pezzi veramente interessanti sull’onda di un pop semplice ma ricercato e di una incredibile finezza.
Il testo, fatto di un susseguirsi di immagini come fosse un flusso di coscienza, è di estrema efficacia. Si viene immersi improvvisamente in quella che è la Milano etnica, dei ristoranti cinesi e delle luminescenti insegne al neon, un ripetersi di suggestioni come un moderno racconto alla Joyce. Non ne esce uno dei migliori ritratti: la malinconia fa da padrona a tutte le atmosfere, la città è bagnata e piovosa, l’aria i. L’amore è l’unica fonte di salvezza, infatti nonostante le descrizioni ambigue che emergono dal testo, i ragazzi decidono comunque di inserire Milano nel nome del loro progetto. “Odi et Amo” è l’idea che forse meglio riassume le sensazioni di molti ragazzi oggi, inchiodati ma anche confortati dalla loro città di provenienza. Il retrogusto amaro del testo viene smorzato da batterie elettriche e armonie jazzate unite ad ambienti sonori più allineati con il panorama europeo che con quello italiano.
In attesa di sentire qualcosa di più, ci abbiamo fatto due chiacchiere per strappargli qualche informazione. Ecco cosa ci hanno raccontato.
Com’è nato il progetto Milano Shanghai e come vi siete trovati a lavorare in trio? Non deve essere semplice unire tre teste.
Il progetto è nato in maniera molto spontanea e naturale. Pietro (il fondatore) aveva delle demo registrate in cameretta, ce le ha fatte sentire e poco tempo dopo eravamo in studio a capire come svilupparle! Avevamo voglia di collaborare insieme, proprio perché sapevamo già da tempo di condividere una bellissima alchimia artistica.
Le atmosfere jazzate di “Salvagente” lasciano intuire una certa maturità artistica. Qual era il vostro approccio con la musica prima di Milano Shanghai? Avete lavorato ad altri progetti?
Lavoriamo tutti e tre nella musica, sia come musicisti-turnisti che come produttori. Veniamo da background differenti, chi dalla black music, chi dall’elettronica e dall’indie. Ciò nonostante, abbiamo sempre condiviso un approccio comune nello sviluppare idee e progetti: a questo giro volevamo essere liberi di non etichettare la nostra musica, mettendo insieme le varie influenze e lasciando spazio totale alla creatività.
Il vostro Ep uscirà per IRMA RECORDS, come ci si sente a fare parte della stessa famiglia di Murubutu e Colle der Fomento?
Siamo felicissimi di uscire sotto una realtà così storica e di spessore com’è IRMA Records. Conosciamo a menadito la scuola hip hop italiana e straniera che, per alcuni versi, ha influenzato anche il nostro progetto, come il concetto di crew o in alcuni modi di scrivere le liriche. I due progetti che hai citato sono artisti che ci spariamo in cuffia da anni, quindi puoi immaginare la presa bene!
In “Salvagente” alcune immagini mi hanno fatto venire voglia di buttarmi dentro il primo “all you can eat”, come i versi “ravioli impasti/involtini maxi”. Cosa vi piace dell’oriente tanto da averne anche un chiaro riferimento nel nome?
La Cina a Milano è una storia che viviamo ogni giorno, a partire dal bar sotto casa, la sartoria all’angolo e il minimarket sulla parallela. Amiamo vivere il quotidiano e l’oriente per noi significa sentirsi a casa, di giorno tra carrelli e merci, di notte tra “Labirinti e luci”. Poi, senza ipocrisie: i “baozi” ci piacciono alla follia.
Sembrate molto legati alla vostra città natale anche se da “Salvagente” non ne esce il migliore dei ritratti, un po’ per colpa della pioggia e un po’ per colpa dell’aria che “non c’è mai”. È un rapporto di amore o di odio?
Entrambi. Milano è il posto dove ogni sera hai qualcosa da fare, è la città dei mille aperitivi e feste esclusive. Viviamo anche noi questa realtà, però a volte manca l’ossigeno e ti senti stretto dentro una realtà patinata che non ti appartiene. “Salvagente” è un racconto sfuocato delle quattro del mattino in mezzo alle strade deserte, dove Milano è solo un’impressione in mezzo alle storie di quartiere.
Ci sono sempre più nuove proposte nella scena italiana, emergere non è assolutamente una sfida semplice. Qual è secondo voi l’ingrediente necessario per non confondersi nell’ondata di novità?
Sicuramente essere un clone di qualcun altro non è la scelta più azzeccata. La ricetta perfetta, a nostro parere, è l’inseguimento di nuove combinazioni, nuovi modi per osare un po’ di più rispetto a quello che esiste già. In fondo la musica ci dà infinite possibilità di utilizzare la nostra creatività, tutto sta nell’avere un’apertura mentale ampia da consentirti di cercare nuove strade.
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