Dopo avere suonato al Mi Ami, all’Home Festival e insieme ad Anna Calvi a UnAltroFestival nell’estate 2019, gli Eugenia Post Meridiem si cimentano con il loro primo album “In Her Bones”. Ascoltando la band ligure sin dal 2017, non potevamo non raggiungerli per fare loro qualche domanda.
_ di Mattia Nesto
Ci siamo “innamorati” di voi sbirciando il vostro profilo Instagram e in particolare questa foto ci aveva colpito il cuore. Ci è piaciuta perché dà, almeno per noi, l’idea di “band”, ovvero di un gruppo di persone che condividono qualcosa di importante, di vita “in comune” ecco. L’idea, dietro a questa foto, era proprio questo oppure c’era qualcosa di più semplice e immediato?
Non c’era una vera e propria idea a priori effettivamente, ci siamo fatti guidare dal nostro gusto in fondo.. Volevamo comparire in un contesto naturale e abbiamo trovato un albero su cui arrampicarci per divertimento (sì, siamo molto infantili).
Vi intervistiamo in occasione dell’uscita del vostro album d’esordio “In her bones” e stanno incominciando ad uscire le prime recensioni e, immaginiamo, anche voi stiate iniziando a ricevere i primi feedback: come siamo messi? Qual è il “sentiment” di questi primi giudizi? Siamo curiosi!
I giudizi che ci sono pervenuti finora sono positivi, ovviamente siamo consapevoli che la nostra musica non farà numeri grossi grossi. Però ovviamente vorremmo sempre di più e ci impegneremo. Ci è capitato di leggere recensioni di poche frasi sibilline e di timido significato, però vabbè, due risate.
Ma a proposito facciamo un attimo un passo indietro: voi venite da Genova, una città che, nonostante quanto dica la “vulgata” stia fornendo alla musica italiana “nuova linfa vitale”, e come vi siete conosciuti?
Matteo bassista ha conosciuto Eugenia vedendola suonare in solo, con gli altri due (Giovanni chitarrista e Matteo batterista) ci siamo conosciuti per amici in comune e giri di musicisti-conservatorio.
Su Youtube abbiamo intercettato un paio di vostri video live, tra cui questo. In un’epoca in cui praticamente ogni gruppo, ancora prima di un possibile esordio, ha decine e decine di video iper-prodotti caricati in ogni canale, voi siete particolarmente parchi in tal senso: come mai questa scelta?
Povertà e genovesità, quindi non proprio una scelta!
A proposito di contemporaneità: il vostro disco non suona proprio “del tempo presente” quanto più “senza tempo” e già in qualche recensione/intervista si possono leggere considerazioni di questo tipo: cosa ne dite voi? Vi sentite, per dirla alla Bluvertigo, “Fuori dal tempo” oppure pienamente in questo presente? Speriamo di riuscire a sentirci fuori dal tempo e quindi ancorati anche al presente, e viceversa.
A proposito di accoglienza: in molti hanno tirato fuori i Jefferson Airplane come riferimento nei vostri confronti. In realtà a noi ricordavate più i Sonics ma comunque l’eco di quella stagione lì, più o meno il 1969, è forte. Che ne pensate?
Ci sono stati ascolti di quegli anni (poco e recentemente proprio perché ce li hanno additati, i Jefferson Airplane; ed Eugenia si qualche pezzo dei Sonics!) ma sono ascolti la cui ingerenza sulla nostra musica non supera altri periodi musicali che appartengono ai nostri gusti.
Tra dieci anni dove vi vedete/sperate di poter cantare (nel caso ancora speriate di essere nel mondo musicale, ovviamente)?
Suonare suonare e suonare (anche e soprattutto fuori dall’Italia), migliorarci, cambiare forme.
Un’artista o una band che, ultimamente, non riuscite a fare a meno di ascoltare a manetta?
Nai Palm!
Musicalmente quali sono stati i vostri, principali, ascolti formativi?
Nick Hakim, Connan Mockasin, Big Thief, Badbadnotgood e tanti altri…
Come ultima domanda ne facciamo una molto anni Novanta: voi cantate in inglese ma avete mai pensato di scrivere qualcosa in italiano?
Non mi trovo tanto a mio agio nel cantare in italiano, la mia voce suona in maniera diversa e non mi piace. Oltre al piacere di poter in futuro dialogare con mondi musicali non italiani che ci interessano di più.