Ideatoi da co-direttori Tim Cain e Leonard Boyarsky, autori originali di Fallout riuniti nella squadra della Obsidian, The Outer Worlds ci ha tenuto incollati per tutto il fine settimana grazie ad un riuscitissimo mix di esplorazione spaziale, battute al vetriolo e trama ricolma di colpi di scena.
_ di Mattia Nesto
Quando allo scorso E3 è stato presentato il teaser di lancio di The Outer Worlds a tutti i giocatori più smaliziati è balzato subito agli occhi una certa assonanza di stile e di concept tra il nuovo titolo di Obsidian e la serie di Fallout, in particolare modo il capitolo New Vegas. Quest’assonanza è dovuta al fatto che The Outer Worlds è stato realizzato da Tim Cain e Leonard Boyarsky, autori originali della serie di Bethesda assieme ad un team di lavoro che si era proprio occupato di New Vegas. Ora spiegata questa somiglianza nei mesi precedenti all’uscita si è fatto abbastanza parlare di questo gioco action-rpg che, nonostante una grafica non brillante, prometteva un’immersione profonda e ricca di soprese al giocatore. Ora che è finalmente uscito e dopo quasi trenta ore di gioco in un fine settimana possiamo finalmente dirvelo: The Outer Worlds è la sorpresa che non t’aspetti e un immediato must-to-have per tutti gli amanti delle sceneggiature ben scritte. Ma andiamo con ordine.
Il gioco inizia con una breve scena introduttiva in cui ci vengono forniti, in modo sommario ma efficace, tutti gli elementi utili per comprendere il mondo nel quale ci troveremo ad interagire. Dopo un lungo sonno criogenizzato di settant’anni a bordo della nave colonica Speranza veniamo risvegliato da un oscuro signore che di dice che la situazione è già andata a scatafascio. La nave è in avaria e il Governo centrale, per qualche motivo, lo considera un terrorista. Dovremo quindi, anche abbastanza rapidamente, venire spediti su Alcione, un sistema di esopianeti controllati da un gruppo di multinazionali, recuperare una nave nostra e cercare di capirci qualcosa. In fretta e furia, inseguiti dagli sgherri del Governo centrale, veniamo catapultati sul pianeta alla ricerca del nostro contatto. Il nostro contatto, un contrabbandiere, lo troviamo e lo troviamo anche subito, peccato che la nostra capsula lo schiaccia e quindi ci troviamo da soli in pianeta misterioso.
Ecco dopo questo inizio, che non dura più di tre minuti, viene dato tutto nelle mani del giocatore e già questo ci permette di fare una riflessione sul titolo in generale. Infatti The Outer Worlds, esattamente come nei capitoli più fortunati della serie di Fallout, basa tutto su un tipo di game-play aperto in cui il giocatore può affrontare le situazioni, gestire gli approcci e le relazioni con gli npc (personaggi-non-giocanti) come e più vuole. Contrariamente a tanti, troppo titoli odierni, in cui, in pratica, per poter proseguire “si deve per forza di cose” seguire la strada che gli sviluppatori hanno pensato per noi, in The Outer Worlds la libertà è pressoché totale e per un gioco che incarna “lo spirito della frontiera spaziale” beh è manna dal cielo questo.
Ecco perché già nelle nostre primissime ore di gioco ci siamo immediatamente innamorati delle infinite possibilità che si aprivano davanti a noi. Già perché sin dal momento della creazione del nostro personaggio la possibilità di scelta sarà la parola chiave. Se l’editor di creazione infatti pecca per numero e varietà di modelli, quello nel quale non pecca assolutamente è la distribuzione delle caratteristiche. Infatti attraverso moltissimi parametri, che vanno dalla forza bruta all’abilità con le armi da fuoco sino alla capacità di fare squadra con gli altri npc o bravura nelle doti oratorie, potremo plasmare il personaggio a nostro piacimento e questo avrà un diretto e importantissimo riflesso nel gioco.
Per esempio noi abbiamo, per la nostra prima run, costruito un personaggio che ha studiato ingegneria meccanica, ha avuto esperienza nei laboratori di medicina ed è molto bravo con le parole. Quest’approccio “intellettuale” ci ha permesso, letteralmente, di risparmiare un sacco di proiettili. Infatti nel corso del gioco siamo riusciti solamente attraverso la nostra abilità oratorio o grazie alla conoscenza della tecnologia a portare al termine con successo alcune missioni, convincere dei personaggi a fare quanto volevamo e trattare da pari con i politici locali. Ed è proprio qui che The Outer Worlds raggiunge una piccola “vetta”. Infatti a un certo punto potremo portare con noi “un companion” che andrà a ingrossare le fila della nostra “ciurma spaziale”. Ecco, a seconda del compagno che ci porteremo dietro e del livello di “intesa”, egli ci potrà “dare una mano” con gli altri ncp. Infatti molto spesso lo vedremo, incredibilmente, intervenire con cognizione di causa nelle discussioni che intavoleremo. Ogni azione ha un preciso e significativo effetto nel mondo di gioco: dimenticatevi dialoghi pre-impostati.
Ovviamente, trattandosi non di un gioco Tripla A, Obsidian nonostante abbia fatto i salti mortali non è esente da alcune pecche. Certamente la grafica, ancora più che l’estetica, soffre di un comparto non di livello e, alle volte, con violenti fenomeni di pop-up sullo schermo e texture lentissime a caricare, pare proprio di essere tornati ai (non)gloriosi tempi della PS3 (mentre noi stavamo giocando su una scintillante Playstation 4 Pro). Anche il combat-system non brilla certo per freschezza, con un sistema di shooting legnosetto e con un combattimento all’arma bianca che è sempre quello à la Skyrim (quindi sempre un po’ confuso e pressappochistico).
Eppure queste magagne, almeno per come intendiamo noi il videogioco, passano assolutamente in secondo piano grazie a una trama scritta a arte e a tutti gli snodi che si possono o non si possono prendere. Fare role-play in The Outer Worlds è una festa insomma e la replayability, ovvero la voglia/possibilità di iniziare il gioco ancora e ancora, è una specie di meccanismo obbligato. A conti fatti, insomma, The Outer Worlds è una delle grandi, anzi grandissime sorprese di questo anno videoludico.
Inutile dirvi che il mondo governato dall’uber-capitalismo spaziale di Alcione ci ha decisamente conquistato.