La pittura di Nella Marchesini alla GAM di Torino

Una riscoperta, quella della pittrice toscana, che prosegue speditamente e che tocca un altro prestigioso lido, il Museo di arte moderna di Torino, con un evento a lei dedicata, nella splendida Wunderkammer.

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_di Alessio Moitre

Prosegue la riproposizione, soprattutto sul palcoscenico torinese, ma con puntate illustri anche fuori dal territorio, del lavoro e della vita di Nella Marchesini, pittrice in generale poco nota e che dal 2011 ha conosciuto una tutto sommato giusta implementazione d’analisi e di critica. Ideale si rivela la Gam e la sua riservata missione di fornire al proprio pubblico esposizioni di più elevata attenzione ai contenuti.

Questa volta, a curare l’evento nella Wunderkammer ci sono Giorgina Bertolino ed Alessandro Botta. Ed è, come accennato nelle righe precedenti, un piacere ritrovare questa pittrice che artisticamente nasce nel solco e nel nome dell’atelier di Casorati, riprendendone stilemi, forme e suggestioni.

I quadri degli anni venti seguono un sicuro tracciato in quella che è oggi conosciuta come la scuola di via Galliari.

Interessante e ancora in parte da collocare artisticamente, è la produzione illustrativa degli anni venti, soprattutto nei riguardi del testo “Cadetti” di Kuprin tradotto da Ada Prospero Gobetti, moglie di Piero e di altre cartoline e partecipazioni a progetti per la letteratura per l’infanzia e ragazzi. Oggetti, come anche molte opere in mostra, presenti nell’archivio Ugo Malvano, marito della pittrice, e Nella Marchesini, propulsore di progetti e meritevole realtà fondata nel 2011. La pittura della nostra, almeno alla metà degli anni trenta, quando convolerà a nozze, è sempre sulla soglia di uno sbocciare personale, di una sempre maggiore attenzione per la composizione e la sua presenza espositiva è accertata sia alla Biennale di Venezia, che negli eventi legati ai lavori e agli allievi di Casorati, a Milano e Genova.

Dopo si stenta maggiormente e la produzione risente d’influenze diverse, forse parentali, vicino comunque al lavoro anche di Malvano. I paesaggi sono immancabili, visti i suoi soggiorni in montagna e nella campagna torinese e canavesana, ma non destano dal torpore il visitatore quanto invece riescono a fare taluni ritratti, dove la Marchesini pare ogni tanto scuotersi, persino in anni più tardi, anni quaranta e cinquanta ma nel complesso sono decenni di una pittura friabile, forse troppo rapida per produrre una callaia e passare oltre la siepe. La vita di Nella non si può definire triste ma toccata da drammi improvvisi, questo di certo. La guerra, destino comune, ma prima la morte del padre e della sorella a stretto giro e la scomparsa del marito, l’anno prima della sua, minano il carattere e l’analisi suggerita da più fonti, di un rimpiocciolimento, di un ritirarsi è probabilmente condivisibile, anche sul piano creativo.

Non c’è dubbio che il destino dell’arte è fatto di pochi sentieri e molti miraggi ma l’intento che ha sempre supportato la Marchesini, è sempre stato improntato alla pittura come pratica trovata e mantenuta strenuamente, anche nel complesso gioco della famiglia, tassello a sua volta dell’esistenza di ognuno. Nel complesso però rimane un bel ritrovarsi, quello tra lei e la storia, tra l’appassionato pubblico e questa creativa.