Pokemon Stadium: la prima volta dei Pokemon in 3D 

1998-2019: l’iconico gioco per Nintendo 64 compie ventun anni. Tre dimensioni per catturarli tutti.  Da Pokemon Stadium, è vero, ci sono stati numerosi altri capitoli della serie, ma quel primo è speciale e oggi ve ne spieghiamo i motivi.


_di Mattia Nesto

Nella storia ci sono date che rimangono scolpite nell’immaginario. Per il mondo del gaming, e in particolare in quello degli appassionati Pokemon, il 1° agosto è una di quelle dati indimenticabili. Proprio il 1° agosto 1998, infatti, è uscito in Giappone Pokemon Stadium: il primo, e per allora incredibile, gioco in 3D a tema Pokemon, uscito per la console Nintendo 64. Arrivato poi nei primi anni Duemila anche in America e Europa, Pokemon Stadium, al netto di qualche criticità di troppo, è ancora adesso uno dei giochi più amati e rimpianti di tutti i tempi. 

Partiamo dalla cosa più evidente che emerge sin dalla prima schermata: Pokemon Stadium porta nel mondo delle tre dimensioni i Pokemon che, fino ad allora, erano rimasti relegati nei pochi pixel del Game Boy. Questa è una vera e propria rivoluzione che ha portato gli sviluppatori e i creatori del gioco ad un grande lavoro non soltanto di re-skin delle creature già presenti in Rosso e Blu (e Verde) ma proprio a reinventarsele di sana pianta. Ed ecco allora che le oggi un po’ goffe animazioni dei Pokemon dai colori sgargianti del Nintendo 64, all’epoca ci pareva, senza se e senza ma, la concretizzazione più assoluta dei nostri sogni. La possibilità di vedere, più e meglio dell’anime, le sfide tra pokemon direttamente come protagonista è un’emozione che le ragazze e i ragazzi adolescenti degli anni Duemila difficilmente si potranno scordare. 

Rispetto al gioco “originale”, Pokemon Stadium era una sorta di versione ridotta. Infatti, abbandonando le componenti da gioco di ruolo di Pokemon Rosso e Blu e l’esplorazione del mondo, Pokemon Stadium si “limitava” a proporre, in modo abbastanza crudo, combattimenti tra le diverse creature con però una gustosa aggiunta: una modalità denominata “Gym Leader Castle” in cui si doveva, tramite una squadra di sei pokemon selezionabili a piacere, sfidare i capipalestra dei giochi GameBoy per poi arrivare alla Lega Pokemon. La cosa veramente bella di queste tipologie di scontri era l’atmosfera da “scontro totale” e il fatto di avere tutti i pokemon dello stesso livello (settato su quello più alto del party) aggiungeva uno stimolo in più alla partita.

 

Molto probabilmente il minigioco Sushi-Go-Round che vedeva protagonisti quattro Licktung impegnati in una sessione, ante litteram, di “sushi all can you eat”, è una delle cose più deliziose mai realizzate per un videogioco. E di questo tenore e qualità erano, grosso modo, tutti e nove i minigiochi contenuti in Pokemon Stadium che facevano diventare quello che era, a conti fatti, un gioco competitivo in un vero e proprio party-game. Quante partite passate a far saltare più velocemente possibile i Magikarp con la mossa splash o a “dormire più forte” con il proprio Drowzee in Snore War. Insomma quando il minigioco, forse forse, è quasi meglio del gioco principale

Erano anni strani quelli. C’era internet, certo, e la digitalizzazione avanzava, ma c’era ancora anche l’analogico.  E, a questo proposito, Nintendo produceva i suoi gadget: il trasfer pack per Pokemon Stadium. Il transfer pack era un dock, sempre abbastanza ingombrante, che si attaccava al controller e con cui era possibile, inserendo la cartuccia, giocare su televisore a Pokemon Rosso e Blu. Ovviamente i pixel, così a grandi dimensioni, erano mortali e hanno provato, ne siamo certi, un forte calo delle diottrie, così come le ost, pensate per le tenere casse del Game Boy, sparate a tutto volume dal televisore facevano veramente un effetto da rave. Però vuoi mettere la figata di giocare a Blu e Rosso via tv?

Come ultimo tassello, va detto che Pokemon Stadium era un titolo “grosso” che già dalla sua confezione si presentava come fuori scala e che davvero pareva urlarti in faccia la sua “unicità”. Certo, c’erano delle imprecisioni e la mancanza di una modalità “storia” o delle personalizzazione del proprio personaggio facevano un po’ un dispiacere, ma vedere in tre dimensioni i pokemon era sempre un tuffo al cuore. Ventun anni e sentirli tutti, ma di affetto e amore quindi, caro Pokemon Stadium per Nintendo 64.