Il frontman degli Afterhours, dopo le tante date in giro per l’Italia con la band, si concede in una dimensione più intima nei teatri, con l’ormai immancabile compagno di avventure Rodrigo D’Erasmo.
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_di Federica Garozzo
Tanti i sold out di queste “evenings” con Manuel Agnelli registrati in tutta Italia, e nonostante Catania non sia fra questi, il Teatro Metropolitan sembra esserci andato vicino.
La scenografia – similare a quella delle strade parallele percorse con Ossigeno e Germi – restituisce sin da subito l’intenzione e l’atmosfera di questo format a sorpresa sia per il pubblico che per lo stesso Agnelli, più desideroso di ritagliarsi uno spazio differente dal solito che di portare sui palchi un nuovo spettacolo preconfezionato.
Un paio di poltrone vintage, una piantana, un appendiabiti, un giradischi e qualche bottiglia sul tavolino sono gli essenziali per ricreare un salotto in cui Agnelli ha deciso di invitarci a passare una serata, per conoscersi meglio, lontano da grossi riflettori e da ciclopici palchi, fuori e dentro gli Afterhours.
Un ringraziamento arriva, sincero, per la fiducia del suo pubblico nell’aver accettato un appuntamento al buio – beh, in effetti sarebbe più appropriato definirlo in penombra – decidendo di esserci, a prescindere.
Tutto ciò che arriva nel corso della serata sono pezzi di racconto autobiografico, della propria formazione letteraria e della coscienza politica, degli idoli musicali, delle amicizie di sempre, delle speranze alla canna del gas, del decollo inaspettato, del dolore delle perdite e, infine, della libertà di poter raccontare tutto questo.
Il testo di fondo resta sempre la musica, scritta da altri, ma diventata propria pelle, Shadowplay dei Joy Division, State Trooper di Springsteen, You Know You’re Right dei Nirvana, A Perfect Day e The Bed di Lou Reed, Ship Building di Elvis Costello, Video Games di Lana del Rey; e, immancabilmente, quella degli Afterhours. Alcuni pezzi della band riducono dosi di rabbia e mordente nella versione piano o chitarra e violino; altri, invece, è come se si spogliassero, rivelando la loro nuda fragilità e lasciando scoperte delle ferite; Ci sono molti modi brucia più di quanto non faccia abitualmente.
Le letture, da Pratolini a Flaiano, corredano la punteggiatura di questo spettacolo che, restando nell’ottica del salotto di casa, accoglie gli amici, diversi per ogni tappa, ognuno dei quali regala un souvenir della propria terra. A Catania, l’ospite atteso non poteva che essere Cesare Basile che porta sul palco una ventata pietrosa d’aria siciliana con la lettura di un estratto dall’Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo e con il suo pezzo Capitano (fangu, rifardu e Ganu senza onuri).
In mezzo a tutte queste suggestioni, e anche nel secondo e conclusivo bis, arrivano alcuni dei brani-pilastro degli Afterhours, mai risparmiati, strasuonati, e tuttavia irrinunciabili, quelli che riconosci fin dal respiro che li anticipa, come Non è per sempre e Quello che non c’è.
E poi si spegne la piantana, si raccoglie il cappotto dall’appendiabiti, si indossa il cappello e ci si lascia il salotto alle spalle. È stata una bella serata e lasciamo il salotto Agnelli, con una maggiore confidenza con la sua “casa”, nelle sue fondamenta, nelle sue pareti, nelle sue finestre.