Days of Hate – Atto Primo è una serie a fumetti pubblicata dall’americana Image Comics e arrivata in Italia grazie al lavoro di Eris Edizioni, che ha raccolto i primi sei capitoli in un atto unico. Si tratta di una tragedia distopica nata dalla collaborazione di Ales Kot e Danijel Zezelj. La seconda parte composta dai restanti sei capitoli uscirà nell’autunno 2019.
_ di Carla Paolo
La raccolta mette insieme i primi sei capitoli della saga pubblicata da Imagine Comics, una delle più importanti realtà editoriali indipendenti americane e con cui Eris, grazie a Days of Hate, ne inaugura la collaborazione pubblicando il Primo Atto della serie a febbraio.
Questa serie a fumetti mischia l’arte di due menti brillanti contemporanee, Ales Kot, scenaggiatore per Marvel e DC Comics, per la prima volta pubblicato da Eris, e Danijel Zezelj, fumettista, animatore e illustratore con alle spalle già altre due pubblicazione con la casa editrice torinese – Babilon e Cappuccetto Rosso Redux.
L’ambiente è quello americano di un futuro non troppo lontano dal nostro, il 2022, e l’aria che si respira è quella dell’odio ormai dilagante, portato agli estremi da coloro che sono riusciti a salire al governo americano: la destra bianca, razzista, nazista, fascista, antiliberale. Si fanno chiamare Alt-right.
Su questo sfondo si muovono le due donne protagoniste, Amanda e Huian. Immerse in un clima di odio verso le minoranze ed in seguito allo scoppio della guerra civile, per le due donne, compagne di vita, non è facile affrontare la quotidianità. Si sentono costantemente in pericolo, amici e conoscenti iniziano a subire violenze, loro perdono il lavoro. La destra al governo bandisce e perseguita qualsiasi minoranza, la libertà di esprimere sé stessi diviene clandestina. È per salvaguardare la diversità e indebolire la repressione del governo che nasce un movimento terrorista di sinistra. Poi la loro vita subisce una piega violenta, un lutto difficile da accettare, e le strade delle due donne si dividono: una si radicalizza, l’altra decide di collaborare con il governo. Amanda si arruola nelle forze terroristiche di sinistra, Huian, invece, dà la caccia alla ex compagna. La narrazione è attraversata da una continua eco della loro storia che torna spesso in forma di racconto o ricordo, dando spessore al loro legame e al dolore che le ha divise.
Un ruolo importante è giocato dai social: tornano continuamente nella narrazione, il loro utilizzo, spesso sconsiderato, è il mezzo attraverso cui si manifesta l’odio dilagante tra le fazioni politiche. Le fake news sono all’ordine del giorno, i commenti violenti altrettanto. Ricorda qualcosa? I social, nell’America del 2022, sono anche un mezzo di controllo della massa, ed in particolare dell’attività sotterranea terroristica: ognuno deve prestare attenzione a ciò che pubblica e a ciò che esprime. Una parola considerata degna di sospetto e si finisce internati. Il controllo è costante e capillare, la paura altrettanto.
Colui che tiene le redini dell’ordine è Peter Freeman, capo investigatore della polizia antiterroristica, o “cacciatore dei nemici dello Stato”, come ama definirsi.
Lasciandosi attraversare dalla narrazione ci si accorge di quanto sia dominante la presenza dei visi, degli occhi dei personaggi, estremamente espressivi. I personaggi sono caratterizzati in modo superbo da piccoli dettagli, da sfaccettature che sommandosi di capitolo in capitolo fanno emergere il modo d’essere di ognuno di essi. Freeman, ad esempio, nonostante si travesta da cacciatore intollerante e spietato, schiude il guscio davanti alla famiglia e ai figli, mostrando il suo lato umano di padre: soffre la lontananza dalla famiglia, è stanco, l’odio che alimenta il suo lavoro lo porta lontano dalle uniche persone che ama. Parallelamente anche Arvid, l’uomo arruolato e scelto da Amanda, soffre la lontananza dagli affetti. A differenza del capo di polizia, però, Arvid non può tornare in quella casa da cui è dovuto scappare per unirsi alla lotta terroristica.
Tanti sono anche i paesaggi, resi da disegni cupi e opprimenti: la città è oscura, militarizzata, regnano disordine e violenza, degrado. Intenso il modo in cui la colorista Jordie Bellaire utilizza i colori, acquerellati ma duri, tetri, che uniti alle linee definite e spesse di Zezelj rendono pesanti gli ambienti cittadini. Solo nei ricordi la scena è invasa da tinte allegre e cangianti. Spesso i colori vengono usati anche per differenziare stati d’animo, luoghi, situazioni, come accade in tutto il quinto capitolo: pochissimi dialoghi, solo visi e colori, immagini in grado di creare un racconto potente, carico di ansia e suspence.
Days of Hate è una storia di guerra e resistenza, racconta di giorni di violenza in cui potremmo trovarci tutti coinvolti in un futuro ormai breve e apre ad una riflessione su quanto sia importante preservare le libertà, i diritti, l’amore di cui possiamo godere, anche a costo di imbracciare le armi contro coloro che generano odio.