Ivan Ferrara: con lo sguardo rivolto ad Oriente

Lui si chiama Ivan Ferrara, da poco nelle librerie con il suo progetto d’esordio curato da Barometz intitolato La moglie petulante, rivisitazione in chiave ironica di un’antica fiaba giapponese. Lo abbiamo intervistato per scavare nel suo sogno orientale partendo dalle origini, attraverso fiere, autoproduzioni e incontri.


_di Lorenza Carannante

Per iniziare, una domanda di rito: come e dove si forma Ivan Ferrara illustratore?

Nonostante non abbia un buon ricordo degli anni formativi liceali non posso non menzionare la prof.ssa Roberta Aversa. Alle sue parole devo la totale assenza di linee di contorno delle mie produzioni. Rimbombano ancora nelle mie orecchie come fosse ieri: le linee non esistono. Subito dopo il liceo mi sono iscritto al corso di illustrazione della Scuola Italiana di Comix di Napoli, tenuto dai docenti Luca Russo, Marilina Ricciardi e Paco Desiato e in seguito al corso di Graphic Novel, tenuto da Luca Russo. I loro insegnamenti hanno formato l’illustratore che sono oggi. In realtà il percorso formativo non è mai terminato per davvero, ho il terrore di adagiarmi sulle mie sicurezze artistiche, di non crescere più, e quindi ogni anno seguo i workshop più svariati. Tra i più interessanti quello con Gipi sull’esigenza di raccontare e quello con LRNZ su graphic design e illustrazione al RUFA, a Roma.

 

La moglie petulante è il tuo primo prodotto editoriale ufficiale, ma avevi avuto già altre esperienze. Ce ne parli?

Un anno prima dell’uscita de La Moglie Petulante ho autoprodotto in copia unica I Racconti di Mamma Oca, un cofanetto che raccoglie in sei libretti le favole più famose di Charles Perrault: Cappuccetto Rosso, Cenerentola, Barbablù, ecc. Un progetto che mi ha preso 3 anni di lavoro e che è ancora in attesa di pubblicazione a causa della sua complessità cartotecnica, ma sono sicuro che prima o poi anche lui vedrà la luce.

Restando su La moglie petulante, come si è sviluppato il progetto – dalla scelta della fiaba, ad esempio – e quando hai deciso di proporre agli editori un prodotto così particolare?

La mia nippofilia è cosa nota e avevo davvero tanta voglia di trasformarla in un libro. Così, cercando tra i meandri del web, mi sono imbattuto in quesa antica fiaba. È stato amore a prima lettura. Ho iniziato a lavorare, quindi, alle illustrazioni e, contemporaneamente, al formato che avrebbe avuto il prodotto finale. Il titolo iniziale era diverso però. Si chiamava La Moglie Flatulente, il che lo rendeva una  calamita naturale. Non importava che stile grafico avesse o quanto fosse complesso come prodotto, qualsiasi editore rideva sentendone il contenuto e voleva saperne di più. Alla BCBF dell’anno scorso ho avuto modo di mostrarlo a molti editori, tra cui uno giapponese. In quel momento mi sono sentito un po’ come se uno straniero provasse a vendermi una pizza napoletana. La difficoltà nel capirsi e il tema “scabroso” hanno scatenato una serie di siparietti che ricorderò per sempre. Infine l’ho mostrato ad Ada Natale e Luisa Passerotti, le ragazze di Barometz le chiamo io. Hanno creduto nel progetto da subito e, nonostante certe difficoltà di produzione, non si sono mai arrese. La loro passione ed esperienza ha completato il mio progetto e lo ha reso definitivamente il gioiello che trovate sugli scaffali.

blank

Ma soprattutto, a scriverti la prefazione è stato l’autore Vincenzo Filosa. Com’è avvenuto quest’incontro?

Beh, mi rendo conto di avere una bella faccia tosta. Girando molte fiere ho avuto modo di conoscere tanti autori, ho sempre fame di conoscenza, sapere di potergli chiedere un consiglio mi rende sicuro. Con Vincenzo è stato un po’ diverso invece. Diciamo che l’ho quasi pedinato. Avevo letto il suo Viaggio a Tokyo e ne ero rimasto affascinato, complice anche la lettura dei primi albi della collana Gekiga curata da lui stesso per Coconino. Ero deciso, quindi, a conoscerlo, per chiacchierarci un po’. Dopo aver perso la possibilità di incontrarlo al Uè fest a Napoli ero convinto di trovarlo in dedica a Lucca Comics. E invece no. In compenso avevo letto sul programma del Bilbolbul che avrebbe tenuto un interessantissimo incontro all’Ababo con tema L’uomo senza talento (capolavoro del genere gekiga di Yoshiharu Tsuge) in compagnia di Paul Gravett (curatore della mostra Mangasia ed esperto di fumetto orientale) e Berliac (Gaijin Mangaka, cioè mangaka straniero, inteso come non giapponese). Andato a Bologna, dopo l’incontro, mi presentai e, anche se non avevo nulla da mostrargli, gli parlai del mio progetto. Qualche mese più tardi, al BCBF, vide il prototipo e ne rimase colpito. Come non importunarlo ancora chiedendogli anche una prefazione? Ah, quasi dimenticavo, a Vincenzo si deve anche la traduzione, dal napoletano al giapponese, della morale a fine libro, e non è stato facile chiederglielo, vista l’ilarità del contenuto. Ma questa è un’altra storia.

Il tuo amore per la cultura orientale, comunque, traspare da ogni minimo dettaglio del tuo lavoro, dalla scelta dei colori ai pattern, ma sappiamo che dietro c’è uno studio anche sui materiali.

Viviamo in anni in cui, se sai cercare bene, sul web puoi trovare di tutto. E così nasce La Moglie Petulante. Da una profonda ricerca basata sulle stampe giapponesi, le famose ukiyo-e. Il prototipo mostrato agli editori è una esatta riproduzione di un emakimono, un rotolo giapponese. Anche la carta, rigorosamente di riso, è lavorata a mano da me secondo le tecniche antiche. Essendo resistente ma sottile, necessita della sovrapposizione di uno o più strati. Questa pratica chiamata montaggio si effettua con l’ausilio di un pennello largo di peli di capra, utile per spalmare una colla naturale composta da allume, farina ed acqua, e di un pennello di fibre di palma, che serve per pressare ed eliminare le bolle d’aria tra uno strato ed un altro. Unica differenza è la stampa, nel mio caso è fatta con un plotter e non con le classiche matrici di legno, ma prima o poi imparerò anche la tecnica di stampa tradizionale.

blank

Quando potremo rileggerti? Hai qualche progetto nel cassetto?

Colgo l’occasione per dire che con i miei amici illustratori mi sono avventurato in un progetto a fumetti collettivo chiamato Macondo, il cui primo numero uscirà durante il Napoli Comicon. Come tema abbiamo scelto il fuubutsushi, una parola giapponese intraducibile in italiano, che indica quel senso di nostalgia suscitato da elementi naturali, un profumo per esempio. Fossi in voi non me lo perderei. Per quanto riguarda l’illustrazione, invece, ho un po’ di progetti nel cassetto. Non posso anticipare molto, dato che non ho ancora iniziato a lavorarci, ma una cosa è certa: sarà un’altra storia popolare del passato, di una cultura diversa dalla nostra e avrà un formato non canonico, magari il prototipo lo stamperò a mano, chissà.