Vincitore del premio Campiello 2018 e di altri numerosi premi letterari, il romanzo di Rossella Postorino dà voce all’intreccio di amore e morte, speranza e delusione, svelando un’intimità femminile che più rappresenta la voce sorda di una “seconda Germania” nei tempi bui che anticipano la disfatta del Terzo Reich.
_ di Valentina Borla
Cappuccetto Rosso incontra il lupo cattivo nel bosco: questa è una delle tante fiabe che ci hanno raccontato da bambini. Che cosa accade, invece, quando una giovane donna si trova a dover lavorare come assaggiatrice nella Tana del Lupo più temibile del Novecento, Adolf Hitler?
Quella di Rosa, la protagonista del romanzo Le Assaggiatrici di Rossella Postorino, è la voce di una ragazza “poco tedesca” in una Germania permeata da un clima di inumanità e paura, che si manifesta in una sovrapposizione quasi naturale dei piani di realtà e irrealtà, storia e vita privata.
Da Medea a Mitridate a Madame Bovary: il veleno è sempre stato al centro di grandi opere teatrali e letterarie fin dall’antichità. In questo romanzo, però, il contesto è ben diverso: qui la finzione coincide davvero con il piano drammatico del reale. Ci troviamo nel ‘43 a Gross-Partsch, un villaggio in aperta campagna molto vicino alla Tana del Lupo (Wolfsschanze), il nascondiglio segreto del Fürer. La sostanza letale è dunque una presenza quasi palpabile, un pericolo ignoto che si incarna ad ogni boccone. Rosa, una giovane donna tedesca in salute, senza figli e lontana dal marito arruolato sul fronte russo, coincide con il profilo perfetto da reclutare per il mestiere di assaggiatrice. L’intento della Postorino è quello di regalare un punto di vista inedito, tutto al femminile, della Germania che non si schiera apertamente tra i carnefici o le vittime, ma che accetta per istinto di sopravvivenza che il destino la travolga, senza ribellarsi o provare a scappare, perché sa che sarebbe una partita già persa in partenza. Essere assaggiatrice è come camminare costantemente in equilibrio su un filo cercando di evitare la caduta, che sia prossima o lontana, ma non solo: aver garantito un piatto caldo ad ogni pasto, per di più cucinato da uno dei migliori cuochi del paese, è da considerarsi un privilegio, data la fame e la povertà che si avvertivano in tempo di guerra. Un privilegio che però ha un doppio volto e chiede in pegno la vita.
«La mia rabbia verso Hitler era personale. Lui mi aveva portato via il marito, e per lui rischiavo ogni giorno di morire. Che la mia vita fosse nelle sue mani, questo lo detestavo. Hitler mi nutriva, e quel nutrimento poteva uccidermi.»
Tramite gli occhi di Rosa conosciamo una per una anche le altre assaggiatrici, ognuna con una storia personale differente, ma riunite nelle ore dei pasti a degustare il cibo che poi avrebbe a sua volta ingurgitato e digerito il Fürer, con la certezza di aver scampato un’eventuale minaccia degli Alleati. Tra le assaggiatrici c’è chi, come Rosa, non riesce a mettere il cuore nel momento del saluto solenne “Heil Hitler!”, perché scettica nei confronti di un’ideologia violenta che si nutre della paura del popolo. Diverso è per il gruppo delle “Invasate”, così soprannominate dalla stessa protagonista, che vivono la retorica nazista come una nuova religione, facendo di un dittatore un’idolatria, per la promessa redenzione del paese.
«Ogni giorno il mio piatto, i nostri dieci piatti allineati, evocavano la sua presenza come in una transustanziazione. Nessuna promessa di eternità: duecento marchi al mese, questo era il nostro compenso.»
Impariamo a conoscere le sfaccettature dell’io della protagonista pagina per pagina. Rosa è infatti costantemente divisa tra la mancanza del marito disperso al fronte e il sentimento irruente, adultero, che la lega a Ziegler, il tenente delle SS incaricato di sorvegliare le assaggiatrici. Uno slancio di affetto che tenta di sopravvivere a un’epoca in cui la smania di potere ha la meglio sulla vita del singolo, un amore impossibile che la protagonista vive dapprima come una sorta di incubo, di allucinazione che la allontana dalla realtà cruda della guerra, ma che in un secondo momento sfocia in un incontro-scontro tra corpi tangibile più che mai.