Il romanzo “1984”, classico senza tempo dello scrittore scozzese George Orwell, è in scena al Teatro Bellini di Napoli dal 27 Novembre al 2 Dicembre grazie alla rilettura e all’adattamento del pluripremiato regista Matthew Lenton.
_ di Anna Maria Schirano
In una società dominata dai Big Data e dagli algoritmi dei social media, le dinamiche d’interazione tra gli esseri umani nonché il pensiero stesso risultano essere estremamente distorti; tutto ciò che dovrebbe essere spontaneo e naturale viene annullato per lasciare spazio alla persuasione e alla manipolazione. E’ proprio qui che Lenton crea una connessione fra la società attuale e lo scenario orwelliano: in entrambi c’è qualcosa di più grande e di più forte che schiaccia il pensiero e la capacità di critica.
Sebbene molto fedele all’originale, la rappresentazione risulta essere al contempo attuale grazie alle numerose similitudini con la realtà che noi tutti oggi viviamo, sapientemente inserite dal regista nel contesto del distopico romanzo.
Fotografie di Guido Mencari | www.gmencari.com
Sul palcoscenico, un grande occhio che di tanto in tanto apre e chiude la palpebra domina per la quasi totalità della rappresentazione, dando un’immagine visiva forte del controllo: qualsiasi opinione, gesto, sentimento o desiderio è strettamente controllato e indirizzato. Winston Smith, interpretato da Luca Carboni, impiegato al Ministero della Verità di Oceania nonché mediocre funzionario di partito, ha come compito quello di rettificare libri e quotidiani già pubblicati, in modo da preservare l’infallibilità del partito unico e dell’onnipresente leader “Grande Fratello”. Winston però tradisce in segreto il partito stendendo un suo veritiero diario. Il suo atteggiamento di critica, vissuto inizialmente in maniera molto discreta, si amplifica ed esplode a seguito del suo incontro con Julia, personaggio interpretato da Aurora Peres, anche lei impiegata ribelle del partito: andando contro ogni regola prestabilita, Winston e Julia iniziano a frequentarsi vivendo il loro amore come una forma di ribellione contro il sistema, destinata a scontrarsi contro le spietate armi della Psicopolizia. Il senso di ansia dettato dalla consapevolezza del costante controllo e quello di pericolo vissuto come un incubo giungono sulla pelle dello spettatore non solo grazie all’abilità degli interpreti ma anche per merito del disegno sonoro di Mark Melville, coadiuvato da un gioco di luci che desta angoscia ed inquietudine. Ed è un’inquietudine che resta poi nell’animo dello spettatore anche al termine dello spettacolo poiché le questioni suscitate, le domande che Lenton invita a porci, si scontrano fortemente con la realtà che quotidianamente viviamo, in quanto estremamente attinenti.
Ma d’altronde, il ruolo del teatro non è anche quello di spronare ad una riflessione sulle motivazioni che ci spingono a vivere in un determinato modo, nonché sul senso dell’esistenza stessa?