Fresco del suo ultimo album “Oggetti smarriti” pubblicato nel maggio scorso, il cantautore romano ha incantato e divertito il pubblico in versione trio lo scorso venerdì sera 5 ottobre per la prima volta sull’intimo palco del FolkClub, sold out in occasione dell’apertura della trentunesima stagione, come solo un mago dell’armonia e delle parole è in grado di fare.
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_di Scilla Dee
Come può Caputo essere riuscito a farsi incollare addosso occhi, voci e risate per l’intera durata del concerto, senza che nessuno riuscisse nemmeno a distogliere lo sguardo per un secondo? La risposta sta nel suo carisma magnetico, nella sua spontaneità, nella sua incredibile capacità di raccontare le sue storie sia tramite le sue note e la sua voce (che a differenza del suo look, straordinariamente resta la stessa, sempre calda e squillante al contempo, fin dall’inizio della sua carriera nella fine degli anni Settanta in quel del Folkstudio di Roma), sia negli intermezzi tra un pezzo e l’altro in cui ben ha saputo intrattenere ogni singolo aspettatore.
“Stasera avete visto delle cose che la maggioranza del pubblico non ha mai visto”, esordisce Caputo ridendo: nemmeno un mi cantino saltato appena mezz’ora dopo l’inizio delle danze è riuscito a fermarlo e anche gli imprevisti stessi si trasformano in un’occasione di intrattenimento, dimostrando così la sua estrema destrezza e professionalità nell’inscenare una temporanea alternativa durante l’operazione del cambio della corda. Passa così la palla alla sezione ritmica (firmata Fabiola Torresi al basso e Alessandro Marzi alla batteria), anch’essa strepitosamente degna di nota per la sua perfetta coesione, resa possibile dalla preparazione e dalla sintonia che permettono di tradursi in un’elevata abilità improvvisativa anche in quei momenti per nulla aspettati.
Questa “jam” di buffi sketch prosegue nel momento in cui Caputo decide di punto in bianco di andare in bagno, lasciando il palco a un Marzi che – nonostante fosse lui stesso stupito dalla richiesta improvvisa – sferra con prontezza un assolo a dir poco memorabile, corredato adeguatamente dal botta e risposta con il basso della Torresi. “Non basta sentire una volta sola Sergio dal vivo, perché ogni suo concerto è completamente diverso dall’altro ed è anche per noi che suoniamo con lui sempre una vera e propria sorpresa”, afferma Marzi, grande jazzista e professionista del groove oltre che persona disponibile e cordiale, che inoltre aggiunge: “È una persona dal grande animo e di una bontà pazzesca, è davvero una bella esperienza suonare con lui”.
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Anche Fabiola Torresi non è da meno: eccellente bassista del programma Domenica In, oltretutto dalla grande voce calda, profonda e dall’impronta particolarmente blues (genere di cui afferma di essere “innamorata”), di cui ha potuto dare prova in un paio di pezzi, tra cui una versione personalizzata di “Come Together” davvero da brividi.
Non meno improvvisata – all’appropinquarsi della fine delle quasi due ore di set – la scaletta della serata, che partendo dal suo classico sound più swing sfuma gradualmente verso sapori sempre più latini, augurando a tutti un “bon voyage” (cit.) dai sound più tipici delle big band (affatto penalizzati dalla riduzione in trio, anzi) a quelli più frizzanti tra un mambo e un cha-cha. Viene ben soddisfatto così tutto il pubblico sia con i pezzi tratti dall’ultimo album (che sono per la maggior parte “non-singoli” della sua carriera, più qualche inedito) sia con una buona manciata di quelli tratti specialmente da “Un sabato italiano” (“Bimba se sapessi”, “Spicchio di luna”, “Mercy bocù”, “Mettimi giù” – in versione molto più rhythm’n’blues dell’originale – e lo stesso “Un sabato italiano”) e altri tratti dal resto della sua discografia (come “Garibaldi innamorato”, “Italiani mambo”, “L’astronave che arriva”).
Insomma, se si dovesse tradurre in un unico termine l’esperienza (ancor più che il “concerto”) di cui si può godere ascoltando Sergio Caputo dal vivo, sarebbe sicuramente “spaziale”: altissime le aspettative iniziali della serata, che non solo sono state soddisfatte in toto, ma addirittura ampiamente superate.