Francesco Barocco tra richiami e ripetitività alla Galleria Mangione

La mostra alla Galleria Mangione è di un piacere estetico a cui accostarsi con intelligenza e magari ponendosi un paio di quesiti. Visitabile fino al 27 ottobre.  


_di Alessio Moitre

La raffinatezza possiede due dimensioni. La reale è di facile accesso, improba per gli inesperti ma altrettanto abbacinante per gli esteti e gli amatori educati scolasticamente (e ancor meglio dopo, dai propri interessi eruditi. Gli stessi sono caudatari ed infine allocchi della suggestione, unica arte che conosce nel nostro presente una diffusione pandemica e financo sfrontata se si accentua il peso avuto da talune opere d’arte più simili ai sogni che alla concreta tattilità della materia (luci, video, suono). Dalla materia chiunque voglia fare critica deve partire: si presuppone infatti che si possa giudicare ciò che è mostrato altrimenti si ritorna senza inganno verso l’onirico. Sottrazione di emotività e freddezza spicciola nell’accostarsi ad un lavoro altrimenti scaltro a farci divallare verso compiacimenti sterili.

 

Nello spazio della Galleria Norma Mangione i vetri il giorno dopo dell’inaugurazione immettono nella sala un colore ialino ma con le finestre chiuse l’attenuarsi dello scalpiccio dei passanti è poco diverso dalla pioggia del secondo giorno di maltempo. È piacevole che i neon siano inoperosi, tramutati in fregi piatti e lunghi.  

La mostra personale di Francesco Barocco è dispiegata su due sale, cinque pezzi in totale esposti in una cornice cromatica impeccabile (apprezzo da sempre i piedistalli a cassa o in ferro, in modo probabilmente feticistico). Gesso sul quale l’artista ha dispiegato una conoscenza disegnativa invidiabile, teste, volti o parti compaiono caliginosi (scritte s’intravvedono). Ad interpretazione possiamo ritenere che il nostro abbia posto sul materiale una prova del futuro soggetto, a mo’ di bozzetto oppure che siano delle presenze ipostatizzate. La mano che le ha generare è stata addestrata a dovere ed ha ottime conoscenze storiche e dosi temporali sufficienti per meditare ogni singolo pelo della barba. Ma lo sviluppo del processo creativo del segusino è una spirale di leziosità che schiettamente non mi trova concorde. Di nulla si potrebbe accusare un esposizione simile; sul piano del visivo è un piacevole accostamento al disegno, alla scultura, alla preziosità della conoscenza tecnica ma nella caducità della visione che perde i contorni dei soggetti sul gesso, viene da domandarsi se questo procedimento creativo abbia infine un delta, uno sbocco verso un nuovo periodo florido.

Scorrendo lo storico dell’artista (ottimo sul sito della galleria e che una diversa critica di alcuni anni prima aveva glacialmente identificato come poverista) si dispiega un sette/otto anni di ricerche costanti sul tema e dagli esiti differenti comunque continuativa. Il punto attuale è una lezione esplicativa su ciò che è stato svolto senza cadute ma a mio parere giunta ad un necessario resoconto finale. Il rischio è di trovare nei risultati di Barocco un diversivo raffinato su un’ennesima variazione al soggetto.

In copertina: Francesco Barocco. Norma Mangione Gallery, Torino 2018.
Photo Marco Enrico Giacomelli