Il cortile di Palazzo Zuckermann a Padova si trasforma per una notte in un caloroso patio andaluso, dove toque, cante y baile si fondono, portandoci una zaffata di flamenco, quello potente, quello puro da respirare senza averne mai abbastanza.
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_di Valentina De Carlo
Aire. Etereo, sfuggente, graffiante: è il vento caldo dell’Andalusia che porta con sé suoni e colori di una terra lontana, che mescola sapori e culture, quella araba, quella gitana, quella cristiana, che secoli fa si fusero insieme creando qualcosa di unico: il flamenco. E in una notte ventosa e di plenilunio, il Comune di Padova per la rassegna estiva Le Notti Carraresi, invita l’associazione Duendarte a regalarci un assaggio di flamenco con lo spettacolo Aire Flamenco.
Ideato dalla ballerina e direttrice artistica dell’associazione Marta Roverato, Aire è una catena di sfumature flamenche, con una mise en scène asciutta e senza fronzoli, sul palco incastonato nella radura di alberi e fontane che rendono il cortile quasi un patio spagnolo.
Per l’occasione l’artista italiana ha invitato un suo collega, nonché grande amico, il giovane bailaor spagnolo Rubén Molina. Legato al nostro paese da diversi anni, da quella prima volta in cui il regista Franco Zeffirelli lo volle per La Traviata che mise in scena all’Opera di Roma, torna regolarmente in Italia, collaborando con diverse associazioni di danza per diffondere il flamenco e la sua magia.
Che cos’è il flamenco per te? Abbiamo chiesto a Rubén durante la nostra intervista. “É un modo di vita, é il mio modo di vita.. É un’arte in continua evoluzione.” Vita di un professionista che, quando sua madre all’età di quattro anni lo iscrisse ad una scuola di flamenco di Cordova, la sua città, non ne volle sapere di fare quel ballo “da femminucce”, e che invece, qualche anno più tardi, avrebbe capito sarebbe stata la sua strada. “All’età di 7 anni ho iniziato la mia formazione e dopo due o tre anni ho deciso che avrei fatto quello nella vita, era chiarissimo per me.” Adesso, fin dal primo passo di baile viene risucchiato dall’energia del flamenco, quella che ti divora per rigenerarti, quella che ti imprigiona nei suoi ritmi per poi liberarti e che porta via col suo vento tutti i pensieri, lasciandoti sul palco nudo e senza maschere.
Dalla Spagna all’Europa, Rubén lavora e vive da cinque anni a Parigi, dove ha fondato la sua compagnia e dove crea i suoi spettacoli per poi portarli in tournée in diversi paesi europei, lavorando molto in Germania e in Italia. “Sono andato a Parigi in vacanza, poi sono rimasto là, é stato il destino” Nei suoi spettacoli vuole far sentire alla gente le emozioni del flamenco puro. “Nell’ultima creazione che ho fatto a Parigi, al Théâtre du Gymnase, (Patio Flamenco é il nome dello spettacolo ndr) ho raccontato un po’ la storia del flamenco, in collaborazione con una giornalista di Radio France, con cui abbiamo realizzato i testi da inserire nello spettacolo.”
In Aire bastano un cantante, José Salguero, un chitarrista, Marco Perona, un percussionista, Paolo Mappa e due ballerini per rapirci e portarci dove il cuore batte a ritmo di tacchi che percuotono il suolo.
La forza selvaggia e fiera del flamenco, che ci impedisce di stare seduti fermi e che, come una malía ci ipnotizza, Marta e Rubén ce la regalano dall’inizio alla fine, in ogni sguardo, in ogni gesto, in ogni più piccolo movimento, mentre il canto viscerale di José sta scavando un solco profondo dentro di noi, spargendo di strofa in strofa, semi di sofferenza, gioia, amore, disamore, passione, tradimento, di tutti quegli opposti di cui il flamenco di nutre. Semi che crescono e ci avvolgono come una manta e come il manton (il tipico scialle spagnolo dalle lunghe frange, usato come strumento nel baile) che i due ballerini si contendono in un appassionato frammento a due, in cui dialogano senza parlare, dove sono i loro corpi che spandono sensazioni ed emozioni, dove si rincorrono in un tempo senza tempo. Sinuosa lei, con i suoi movimenti leggiadri e sensuali ci porta l’incantamento del ballo femminile, serioso e balioso lui, ci travolge con la potenza maschile degli zapateados (le parti sonore di piedi).
Cosa succede quando sei sul palco, chiediamo ancora a Rubén. “É un viaggio e ogni volta ho delle sensazioni diverse, c’è sempre un’energia diversa, legata anche al pubblico che c’è in sala. É l’emozione, il movimento, il tuo corpo.”
E con questo viaggio Rubén ci conquista, vivendo con ogni lembo di pelle quella fame vorace e insaziabile che é il flamenco. E noi, che non siamo mai sazi abbastanza, ne chiediamo ancora mentre partecipiamo battendo le palmas e lasciandoci sfuggire quegli ole liberatori e incitanti che sono il contorno insolito ed insostituibile del ballo flamenco. É la vita quella che danza di fronte a noi, in tutte le sue sfumature. Tracce di esistenza rimasticate e restituite in una mano che disegna ghirigori nell’aria, in un movimento sinuoso, secco, dolce o spietato, in un diluvio di tacchi che violentano la terra, lasciandoci lì, incantati da questa vita così restituita.
Eso es! Così! Tanto. Semplicemente tutto.
All photo by Roberta Lotto