Le mostre da vedere a Torino a giugno

Cosa non perdersi della programmazione artistica tra musei e gallerie, mostre appena inaugurate o in scadenza.

MUSEI e FONDAZIONI

Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea

Fino al 24 giugno:  Metamorfosi – Lasciate che tutto vi accada

Allestita nella Manica Lunga del Castello di Rivoli, la mostra Metamorfosi – Lasciate che tutto vi accada, a cura di Chus Martínez, esplora l’esperienza della metamorfosi nell’arte attraverso le opere di alcuni fra i più promettenti artisti internazionali. Pensate espressamente per il Museo, le opere di Nicanor Aráoz (Buenos Aires, 1980), Ingela Ihrman (Strängnäs, Svezia, 1985), Eduardo Navarro (Buenos Aires, 1979), Reto Pulfer (Berna, 1981), Mathilde Rosier (Parigi, 1973), Lin May Saaed (Würzburg, Germania, 1973) e Ania Soliman (Varsavia, 1970) ricercano nell’esperienza metamorfica l’intero ventaglio del sentire, quella sottile percezione dell’indeterminato cha ha come sfondo l’enigma. Ai sette progetti inediti si affiancano le opere I Have Left You The Mountain – a cura di Simon BattistiLeah Whitman-Salkin e Åbäke, già esposto nel Padiglione Albania della Biennale di Architettura di Venezia del 2016 – e il video Army of Love di Alexa Karolinski e Ingo Niermann commissionato dalla IX Biennale di Berlino nel 2016.

Fino al 29 luglio: Giorgio de Chirico. Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti

Giorgio de Chirico è tra i più importanti artisti del XX secolo. Dopo gli studi al Politecnico di Atene e all’Accademia di Belle Arti di Monaco, dove approfondisce la pittura simbolista di Arnold Böcklin e si avvicina al pensiero filosofico di Arthur Schopenhauer e di Friedrich Nietzsche, de Chirico arriva in Italia nel 1909. Nel 1911 è per un breve periodo a Torino, dove i pomeriggi dalle lunghe ombre e la griglia ordinata di strade, piazze e portici con i loro archi gli danno l’impressione, come scrisse, che “la città sia stata costruita per le dissertazioni filosofiche”. Un selezionato nucleo di capolavori di Giorgio de Chirico provenienti dalla collezione di Francesco Federico Cerruti dialogano nello spazio con le opere contemporanee presenti nel castello: è così che il cavallo appeso di Cattelan incontra quello metafisico nella pittura di De Chirico e le sue opere si scompongono attraverso gli specchi di Pistoletto.

GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea

Fino al 24 giugno: Renato Guttuso. L’arte rivoluzionaria nel cinquantenario del ’68 presenta le opere dell’artista politicamente attivo negli anni ’60, raccontando le vicende dell’attualità sociale di quell’epoca carica di fermento e cambiamenti.

Il 13 luglio inaugura la mostra Suggestioni d’Italia. Dal Neorealismo al Duemila, visibile fino al 23 settembre. 14 fotografi raccontano l’Italia nei cambiamenti da dopoguerra fino ai giorni nostri attraverso 100 fotografie; dalla nascita dei reportage ai non-luoghi delle trasformazioni urbane, dai paesaggi alle documentazioni politiche, l’occhio di grandi artisti che hanno saputo leggere e creare testimonianze dei tempi che hanno vissuto. Sono presenti lavori dei grandi Nino Migliori, Ugo Mulas, Mario Cresci, Mimmo Jodice, Franco Fontana, Luighi Ghirri, Ferdinando Scianna, Gabriele Basilico e molti altri.

Fondazione Merz

Inaugurata il 7 giugno e aperta fino al 16 settembre, la stagione estiva della Merz offre un’importante retrospettiva su Mario Merz. Sitin – questo il titolo della rassegna – vuole offrire un percorso immersivo nell’arte di Merz, partendo dai primi lavori, dagli esperimenti dei neon che attraversano gli oggetti, arrivando fino alle iconiche “cupole”, delle quali ve ne sono presenti due splendidi esemplari, uno in terracotta; e ancora, l’impegno politico e sociale tradotto in opera d’arte. Un’occasione più unica che rara per comprendere appieno la poetica dell’artista.

 Fondazione Sandretto Re Rebaudengo

Fino al 7 ottobre presente la mostra Tell me a story.  Locality and Narrative. I curatori Amy Cheng e Hsieh Feng-Rong portano importanti artisti provenienti dall’Asia per raccontare 12 storie legate alle culture tradizionali e moderne dei luoghi, al senso di sradicamento e di inserimento in società diverse, utilizzando il terreno comune della narrazione, fornendo un’esposizione eterogenea ma ricchissima di significato.

OGR – Officine Grandi Riparazioni

Fino al 24 giugno le OGR ospitano Susan Hiller. Social Facts. Con le sue pionieristiche installazioni, videoproiezioni multischermo, opere sonore, “ricerche di gruppo”, fotografie e sculture, progetti interattivi online, scritti e conferenze, Hiller focalizza da quasi cinque decenni la propria attenzione su ciò che è “altro” e spesso relegato ai margini della sfera pubblica. Hiller dice: “Ciò che m’interessa è invisibile. Non in senso letterale, ma perché nessuno vi presta attenzione e di conseguenza non si vede”.

Museo Ettore Fico e MEF Outside

Fino al 29 luglio, nell’ambito della rassegna di Fo.To, le fotografie di Duane Michals, vasta retrospettiva, organizzata in collaborazione con Fundacion Mapfre di Madrid, dedicata a Duane Michals, uno dei fotografi contemporanei che ha rinnovato il linguaggio fotografico con maggiore intensità. Artista in bilico tra fotografia e poesia, Michals è uno dei nomi più prestigiosi dell’avanguardia americana. Negli anni Sessanta attiva un nuovo approccio alla fotografia che non pretende di documentare il fatto compiuto, il “momento decisivo”, o di affrontare gli aspetti metafisici della vita.

Presso il Mef Outside, sempre fino al 29 luglio, le fotografie di Paolo Monti dal 1935 al 1982, dirigente d’industria che si appassiona alla fotografia al punto da sceglierla come professione, affiancandola a un’intensa attività di critica e di curatela. Dopo essersi avvicinato alla pratica fotografica, sin dagli anni Venti, nel Dopoguerra si trasferisce a Venezia, città che segna una svolta, sia per il contatto con la realtà lagunare, sia per l’incontro con quel gruppo di fotografi con i quali nel 1948 avrebbe fondato il Circolo fotografico “La Gondola”. Dal 1953 è a Milano dove consolida l’attitudine critica e sperimentale diventando uno degli autori più affermati anche a livello internazionale. In modo certo singolare, rispetto alla realtà italiana, Monti affiancò sempre alla sua intensa attività professionale una significativa produzione sperimentale e artistica, che lo portò a misurarsi con fotogrammi, chimigrammi e varie sperimentazioni con materiali a colori.

Musei Reali di Torino

Galleria Sabauda: Frammenti di un bestiario amoroso (fino al 23.09) – Il percorso presenta alcuni lavori di Marilaide Ghigliano, fotoreporter particolarmente attenta ai sentimenti, qui incentrati sull’importanza degli animali nella vita dell’uomo e sul legame affettivo che ne scaturisce, tema particolarmente attuale ma documentato nelle arti figurative sin dai tempi più antichi. L’esposizione presenta quarantasei fotografie scattate dal 1974 al 2010 in diversi paesi dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa, immagini che hanno per protagonisti, assieme alle persone, cani, gatti, asini, oche, colombe, cavalli, mucche. I soggetti, dai quali la fotografa sembra ogni volta sorpresa e conquistata, sono catturati dal teleobbiettivo con discrezione, senza messa in posa. Come scriveva nel 1988 la storica dell’arte Adalgisa Lugli, Ghigliano «è una sorta di miracolata dello strumento che usa, dal quale è sorprendentemente libera, spontanea, slegata. Lavora viaggiando, guardando con una sorta di amore trasversale per le cose così poco classificatorio».

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ANCHE LE STATUE MUOIONO. CONFLITTO E PATRIMONIO TRA ANTICO E CONTEMPORANEO (Fino al 9.09) – I Musei Reali propongono una riflessione sui conflitti che comprende archeologia e storia dell’arte, dai rilievi assiri, all’arte cipriota e romana fino alla pittura di Roger van der Weyden. Il percorso si intreccia con l’arte contemporanea attraverso la grande installazione di Mariana Castillo Deball, nel centralissimo Salone degli Svizzeri di Palazzo Reale, e le riprese filmiche della recente attività di ricerca e di recupero attuata dal Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino in Iraq.  Storie di reimpieghi, distruzioni o saccheggi, ma anche nuovi contesti di forma e di significato, identità perdute, smembramenti e lunghi viaggi: uno scenario attuale sulle logiche di mercato che, ieri come oggi, hanno regolato l’ingresso dei beni culturali nelle grandi raccolte dinastiche prima e nelle collezioni dei più noti musei occidentali poi. Una scena di conflitti museali che richiama i grandi conflitti anche contemporanei su simboli contesi e che pone domande sul futuro dei grandi musei post-coloniali.

Museo di Antichità: Carlo Alberto archeologo in Sicilia (fino al 4.11) – La mostra Carlo Alberto archeologo in Sardegna, curata da Gabriella Pantò con la collaborazione di Raimondo Zucca dell’Università di Sassari, racconta attraverso 150 opere un aspetto inedito del re, conosciuto per aver firmato nel 1848 lo Statuto che ne porta il nome. L’esposizione prende le mosse dalla passione per l’archeologia del sovrano che, tra il 1829 e il 1843, partecipa personalmente ad attività di scavo in Sardegna, portando a Torino bronzi e vasi in ceramica. I reperti, già suddivisi tra il Gabinetto privato di Sua Maestà, il Museo di Antichità, l’Armeria e il Palazzo Reale, furono per molto tempo conservati nei depositi e sono oggi esposti nell’ambito della mostra, dopo accurati restauri e nuovi studi. Sull’isola partecipa ai lavori con grande entusiasmo, traendo lui stesso dal terreno i reperti e, tra questi, anche un falso che fece interrare il famigerato direttore del Regio Museo di Cagliari, Gaetano Cara, ideatore della truffa che portò centinaia di bronzetti in molti importanti musei, come quello del Louvre, a Roma, a Lione, a Catania, a Cagliari e naturalmente – in occasione della mostra – anche ai Musei Reali.

La cucina di buon gusto (fino all’8.09) – La Cucina di Buon Gusto rappresenta un viaggio tematico intorno al cibo per mostrare l’arte della buona tavola a corte attraverso l’esposizione di rari e preziosi ricettari dal Seicento all’Ottocento, porcellane e argenti reali, disegni, manoscritti e i più celebri trattati culinari del Settecento. La mostra, visitabile in Biblioteca Reale da venerdì 20 aprile fino a sabato 8 settembre, fa parte di Bocuse d’Or Europe OFF 2018, la stagione di eventi culturali rivolti al grande pubblico, a Torino dall’8 al 16 giugno. I Musei Reali conservano una prestigiosa collezione di porcellane raccolte nel tempo dai Savoia per impreziosire le sale da pranzo della residenza.

CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia

Fino al 26 agosto nella Project Room di Camera la mostra Media Hora. Fotografie di Pablo Balbontin Arenas nel contesto di Fo.To. La serie  illustra le case di appuntamento spagnole con un occhio diverso, durante il giorno, quando sono chiuse al pubblico e quasi impercettibili, mimetizzate nell’ambiente urbano, e la luce forte svela ogni dettaglio di quei luoghi. Uno dei tratti caratteristici della ricerca fotografica di Pablo Balbontin Arenas è, infatti, proprio il tema dell’apparenza visiva che nasconde le realtà drammatiche. La serie “Media Hora” diventa, così, un esercizio di responsabilità, di comprensione di una verità quasi invisibile, ovvero, dell’abuso di donne provenienti da paesi in via di sviluppo, rinchiuse tra le mura in ambienti kitsch e volgari che nascondono tristezza e dolore.

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Contemporaneamente in mostra le opere finaliste del Prix Pictet, premio fotografico internazionale dedicato al tema della sostenibilità. “Space” affronta il concetto di “sostenibilità”, declinato, appunto, intorno al tema dello “spazio” inteso nelle sue varie accezioni, una visione volutamente ampia che ha portato i fotografi ad abbracciare i più diversi soggetti: la sovrappopolazione, la disputa territoriale, l’inquinamento atmosferico, lo spazio cibernetico, le malattie portate dal vento, gli uragani, così come la fragilità delle grandi aree selvagge del pianeta e la nostra tendenza a riempire lo spazio con spazzatura e molte altre cose.

Palazzo Saluzzo Paesana

Visibile fino al 15 luglio THE UNUSUAL IS NATURAL conduce il visitatore nel mondo magnifico e surreale di Marie Cécile Thijs: ritratti di persone, animali, fiori e cibo portano la firma dell’artista, dove la tranquillità è la chiave di lettura. Le immagini di Marie Cecile Thijs contengono influenze che ricordano gli antichi maestri olandesi del 17mo secolo, ma allo stesso tempo sono caratterizzate da una interpretazione personale completamente moderna. L’artista gioca con i suoi soggetti portandoli alla vita inaspettatamente o, al contrario, li congela nel tempo e nello spazio: gli oggetti diventano personaggi e si allontanano dalla loro destinazione quotidiana. Questo porta alla creazione di immagini intriganti, che vedono l’incontro di elementi come la tranquillità, il dinamismo e, talvolta, anche un accenno di umorismo: il visitatore quasi dimenticherà che i gatti normalmente non indossano colletti inamidati o che i ceci si trovano solitamente su un piatto, invece di galleggiare nell’aria.

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Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli

Fino al 1 luglio, la mostra Frank Lloyd Wright tra America e Italia, attraverso fotografie, oggetti, cataloghi, litografie e disegni originali, esplora il pensiero di Wright in merito all’architettura organica a partire dal suo primo soggiorno in Italia nel 1910 fino alla sua ultima visita nel 1951, portando l’accento sul suo coinvolgimento nel dibattito architettonico, urbanistico e paesaggistico italiano. Il percorso si sviluppa attraverso alcune sezioni che esplorano le differenti tipologie di edificio – case, musei, uffici e grattacieli – dove opere iconiche come Fallingwater e il Guggenheim Museum di New York sono presentate insieme a progetti meno noti.

Palazzo Madama

Fino al 2 Luglio, Doppio sogno di Elisa Sighicelli mette in dialogo l’arte antica con quella contemporanea.
L’esposizione, curata da Clelia Arnaldi, conservatore del museo, si snoda in un percorso tra le sale del Barocco, per le quali l’artista ha concepito delle opere inedite e specifiche, ispirate all’architettura di Palazzo Madama. Al centro di questa ricerca, la relazione tra l’architettura e la luce. La ricerca di Elisa Sighicelli compie un’indagine intorno al linguaggio artistico e fotografico, alle modalità di rappresentazione e di percezione della realtà. La finestra della Veranda juvarriana, affacciata sullo Scalone d’onore, diventa il soggetto delle sue opere in un’esplorazione dell’idea di riflesso e trasparenza. Il vetro artigianale della finestra destabilizza e dissolve il soggetto degli scatti fotografici e fornisce all’artista, con i suoi effetti ottici, un filtro attraverso il quale osservare l’architettura del Palazzo. Le cornici dei vetri diventano un dispositivo per selezionare le inquadrature. Sighicelli ha cercato una corrispondenza tra il soggetto della fotografia e la sua realizzazione materiale, scegliendo come supporto di stampa un leggero tessuto di raso per suggerire la fluidità dei riflessi del vetro. Inoltre, la modalità di presentazione, che lascia liberi i teli di muoversi sulla parete, accresce l’ambiguità tra il reale e il rappresentato.

PAV – Parco Arte Vivente

Al PAV Parco Arte Vivente la mostra collettiva The God-Trick, inaugurata in occasione del convegno  internazionale Antropocene. Crisi ecologica e potenzialità trasformative dell’arte, presenta i lavori di artisti che già in passato sono intervenuti nel contesto del PAV, ovvero Lara Almarcegui, Michel Blazy, Critical Art Ensemble, Piero Gilardi, Bonnie Ora Sherk e Nomeda e Gediminas Urbonas, con l’obiettivo di affrontare (e ancor più problematizzare) uno dei dibattiti che, negli ultimi anni, si è maggiormente imposto sulla scena internazionale dell’arte contemporanea, ovvero la questione relativa all’Antropocene. Un dibattito pervasivo e corale, che attraversa trasversalmente ogni ambito della conoscenza. Dalla scienza ai cultural studies, dalla filosofia alle pratiche sonore, dalla politica fino alle arti visive, una moltitudine di voci ha creato un complesso reticolato di opinioni, teorie e proposte pragmatiche a partire dall’urgenza imposta dal cambiamento climatico e dalle modifiche ambientali di matrice antropogenica.

Fondazione 107

Fino al 15 luglio la Fondazione ospita Anatomico organico industriale, che esplora il lavoro di tre artisti che hanno iniziato a produrre ed esporre nella Torino degli anni ’80 e come la città abbia inciso sulla loro opera. Gli artisti sono Salvatore Astore, Sergio Ragalzi e Luigi Stoisa, tutti di formazione accademica. In pieno affermarsi dell’Arte Povera, Astore, Ragalzi e Stoisa intraprendono un percorso dove la pittura ritorna protagonista, così come l’uomo, posto al centro della loro ricerca. I tradizionali colori ad olio per dipingere sono sostituiti da materiali organico industriali in uso prevalentemente nei processi produttivi. La pittura si carica così anche del peso intrinseco che il materiale utilizzato porta con sé, deter- minando una pittura “di processo”. Catrame, pece e tutti i loro derivati, la vernice antirombo e gli smalti industriali, si sostituiscono ai tra- dizionali colori, i soggetti si impregnano di bitume, dello sporco, dello smog, l’industria entra con forza nel quadro. I soggetti rappresentati sono uomini, donne, eroi, scimmie, parti anatomiche, ritratti, virus, origini, compresa la storia dell’arte. I dipinti possono essere di grande dimensione, talvolta giganteschi sino ad inglobare le figure di chi li guarda. I luoghi per esporre le opere sono prevalentemente industriali, i limiti imposti dagli spazi urbano-abitativi sono superati.

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Contemporaneamente in mostra l’opera “Don’t ask me, if you know, that I am too weak to say no” tradotta in “Non chiedermi se sai che sono troppo debole per dire no” è composta da 16 tavole e da 32 immagini, in cui l’elemento umano è contrapposto all’elemento natura, l’accostamento degli scatti ricrea le medesime atmosfere in scenografie differenti. Le immagini riprendono il quotidiano, scene di vita comune e ripetitiva, riprese in luoghi interni affiancati all’elemento natura. L’aspetto dichiarativo si integra all’opera e la carica di mistero. Le stesse immagini, se dissociate, ci porterebbero ad altri scenari, è evidente pertanto, la fusione tra gli elementi in un intento narrativo. La prima e l’ultima tavola di questo percorso si discostano dallo schema esposto, entrambi i soggetti ritratti sono figure umane, ed è così che Lüthi apre e chiude il racconto con il messaggio da cui emerge che l’identità, così come la realtà, possono essere fraintese, qualora applicate a codici stereotipati.

GALLERIE

Raffaella De Chirico Art Gallery

La galleria in via della Rocca ospita fino al 30 giugno la mostra fotografica Behind the Visible di Tania Brassesco e Lazlo Passi Norberto. L’investigazione dei due artisti e fotografi veneziani, ma ormai newyorkesi d’adozione, è una commistione di fotografia, cinema, performance ed installazione. Nella serie ‘Behind the Visible’, attraverso una visione cinematografica e narrativa, Tania e Lazlo esplorano l’universo della psiche, dell’inconscio e del sogno. Esplorano gli aspetti più intimi e misteriosi della natura umana e le relazioni tra i ricordi e l’ambiente. Realizzano scenari sospesi in uno spazio senza tempo, al confine tra reale e irreale ed ogni opera rappresenta una storia personale ed enigmatica. Situazioni di apparente normalità trascendono in una dimensione misteriosa e surreale dove l’indefinibile riesce a toccare i nostri pensieri in modo sublime e rievocare sentimenti impressi archetipicamente nel nostro animo. Le opere di Tania e Lazlo hanno riscosso da subito elevato interesse nel pubblico e nella critica sin dalla prima loro serie “The Essence of Decadence” dove attraverso omaggi e citazioni di dipinti appartenenti al passato, con le loro atmosfere decadenti e nostalgiche, offrono la possibilità di far rivivere, in un eterno presente, un mondo apparentemente lontano.

Nella project room, la personale di Fabio Rafael Soto, Strutture Laterali, in cui il gesto di sottrazione ripetuto dà inizio al processo di imitazione e variazione continua all’interno della sala e si lascia emergere come contorno della opera stessa. A livello inconscio, dove avvertiamo la sottrazione e l’elemento mancante, scorgiamo la rete di legami sottostanti in cui le relazioni si sono perse, e ciò che resta nel mezzo non ha materia, non viene considerato come tale. Gli intermezzi semplicemente rimangono vuoti di tutto, di relazione, di senso. La nostra attenzione è focalizzata dal pieno, da ciò che esiste e fatica a comprendere gli elementi componenti di tale vuoto e le connessioni tra essi.

Gagliardi e Domke

Fino al 29 luglio Mexican Interiors di Aurore Valade, in cui l’artista disegna dispositivi fotografici partecipativi dove invita persone anonime a (ri)giocare momenti ispirati alla loro vita quotidiana. Le sue immagini si basano su testimonianze e storie che cercano di disegnare un territorio che è al tempo stesso intimo e sociale. Si tratta di raccontare identità complesse in cui i personaggi si rivelano e si fondono attraverso il loro ambiente. Gli interni fotografati sono altrettanti piccoli musei privati dove si accumulano oggetti che testimoniano il mescolarsi e il rimescolarsi della cultura popolare messicana. Tra inventario e finzione, le composizioni fotografiche di Aurore Valade concentrano frammenti di vita, e il tempo, quello dell’abitare, diventa il soggetto principale.

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Giorgio Galotti

In occasione della prima mostra personale di Adam Cruces con la galleria, l’artista presenta un’installazione che si sviluppa dallo spazio principale della galleria fino alla terrazza sovrastante dove un nuovo gruppo di opere, prodotte in occasione della sua residenza presso Cripta747, intitolata Rustic Murmurs, che combina vari elementi e interessi appartenenti alla sua ricerca tradizionale e le influenze recepite in questo periodo passato a Torino. Visitabile fino al 15.09.

Luce Gallery

Fino al 14 luglio la Luce Gallery presenta i lavori intelaiati di Martha Tuttle in Oracles, entità separate, eppure capaci di dare vita a un ritmo (una relazione) quando condividono uno spazio. Di Oracles fa parte anche un’installazione composita di pietre, alcune raccolte, altre fuse in acciaio. Il cuore della mia pratica si radica nell’esplorazione della trasformazione, nel promuovere un’attenzione al cambiamento che può essere una pratica non solo creativa, ma di devozione.

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In Arco

Fino al 30 giugno presso la Galleria In Arco, la mostra “Nuotare è tuffarsi”, collettiva dedicata alla relazione tra uomo e acqua. Le opere contemporanee si mescolano ai passi del libro dal quale ha preso spunto l’esposizione, “L’arte di nuotare. Meditazioni sul nuoto” di Carola Barbero. Sono presenti opere di Alighiero BoettiDavid BowesKathe BurkhartBrian CalvinMichela ForteDaniele GallianoAlex KatzRichard KernRyan MendozaJack Pierson, Pierluigi Pusole, James ReillySalvoMario SchifanoLaurie SimmonsWilliam Wegman.

Galleria Franco Noero

Nella sede di Piazza Carignano, la Galleria Franco Noero ospita “Totally Wired”, quinta personale dell’artista scozzese Jim Lambie,  che continua la sua ricerca influenzata da una visione lisergica, psichedelica della realtà, un suo rovesciamento tinto di colori vividi e puri in cui oggetti appartenenti al quotidiano, trovati o costruiti dall’artista, creano una propria dimensione al di fuori di essa. La mostra è visitabile fino all’8 settembre.

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Alberto Peola

Fino al 16 giugno, nell’ambito della prima edizione di Fo.To. Fotografi a Torino, la galleria Alberto Peola presenta Most were silentla personale di Anush Hamzehian e Vittorio MortarottiMost were silent è la prima personale alla galleria Alberto Peola di Anush Hamzehian e Vittorio Mortarotti. I lavori della coppia, presente da anni sulla scena artistica internazionale, spiccano per l’originalità nell’utilizzo dei linguaggi dell’immagine documentaria (fotografia e video) e per l’attenzione verso le marginalità storiche, geografiche e sociali.

Giorgio Persano

Cercando di sottrarre all’oblio i volti di uomini, donne e bambini, ed evidenziando come lo strazio dovuto a decenni di conflitto marchi i tratti delle persone, così Lida Abdul in Time, Love and the Workings of Anti-Love II presenta il suo lavoro: “voglio documentare l’esistenza di questi esseri umani, che si sono trovati faccia a faccia con qualcosa che non avevano strumenti per comprendere. Voglio che gli spettatori di queste fotografie riflettano su ciò che esse nascondono tanto quanto queste immagini svelano”.

Alle centinaia di persone smarrite l’artista dedica un ‘canto’, che possiamo leggere sui muri della galleria, parole che descrivono il dramma di un popolo e la fatica e la sofferenza di chi decide di esserne testimone: (…) Dopo essersi sentiti più al sicuro in quel bozzolo buio e sottile che c’è tra voi e la macchina fotografica / Dopo esser stati in balia dei venti del deserto che accecano e bruciano gli occhi per farvi dimenticare / Dopo aver osservato quelle fotografie mai reclamate, domandandosi chi è ancora vivo e chi invece è solo un fantasma / Dopo aver cercato qualcuno che vi fotografasse / E quando i vostri sogni sono popolati da facce sconosciute / Allora è lo stesso, vivere, morire, sognare o amare / E vi raccontate quello che avete visto e immaginato / E quello che resta ancora da provare e da conoscere.

Visibile fino al 27 luglio.

Weber & Weber

Alla galleria Weber & Weber fino al 20 luglio Immersion di Sylvie Romieu La macchina fotografica di Sylvie Romieu fissa la natura marina e il suo corpo immersi in posizioni paradossali e li raggela in atteggiamenti
del tutto estranei al modo normale di vedere, diventando così il risultato di un effetto di luce mutevole. Quelle di Sylvie Romieu sono des arts fictifs, arti della finzione, dove la scala e le proporzioni delle figure, il loro legame con l’ambiente circostante, non sono rispettati ma ricreati. Le sue immagini latenti sono ricche di poesia, giocano con il reale. La concezione dell’arte come gioco, secondo Théo van Doesburg, artista del gruppo De Stijl, consiste nel piacere spirituale proprio della libertà di sperimentazione che risulta essere un presupposto essenziale del vero processo creativo: Gestaltung, o processo formativo, come egli lo chiamò. Il gioco, egli scrisse, «è il primo gradino della creazione». La Romieu gioca, infatti, con la realtà e con il suo rapporto strettamente connesso alla fotografia e ogni allontanamento da essa diventa inquietante per chi la osserva. Ma è proprio questa insaziabile inquietudine a spingere l’artista a creare, con l’ausilio di fotomontaggi, figure che nessuno avrebbe mai potuto ritrarre o immaginare. Il processo artistico diventa catartico dove Le Tableau de Jo “si trasforma nelle alghe e nelle ricche acque della laguna. I colori si diluiscono nell’acqua verde, la materia s’impasta e ricopre i simboli che si alleggeriscono prima di svanire. Il dissolversi dell’immagine ne crea un’altra. L’acqua cancella e ridà vita. Pesci ballano e volano sopra il divano, il corpo diventa paesaggio, la valigia è aperta. Il dovere di memoria è soddisfatto e sono ora libera. L’arte, questa rappresentazione mentale e misteriosa dell’anima, si è trasformata e mi trasporta lontano verso nuovi mondi”.

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Galleria Moitre

Continua fino al 20 luglio il lavoro che racconta la prima fase della ricerca di Maya Quattropani focalizzata sull’idea di attribuire un valore estetico ai numeri che circondano la nostra quotidianità per opera del processo ottico-chimico dell’atto fotografico. La galleria ospita per l’occasione una selezione di stampe ai sali d’argento, impreziosite da collage a colori, degli oltre cento scatti raccolti dall’artista su pellicole bianco-nero in diverse aree urbane di Francia, Israele, Italia, Stati Uniti e Svizzera, dal 2015 al 2017.

Davidepaludetto artecontemporanea

La mostra di Paolo Grassino, Guerra è Sempre, presso la galleria davidepaludetto|artecontemporanea è una “chiamata alle armi”. Questo titolo è esplicito, rappresenta una presa di coscienza di una visione da cui non ci si può sottrarre. Da un lato le parole di Mordo Nahum “continuano a starci dentro”,  e dall’altro ogni tentativo di utilizzarne altre rappresenta un giro vano, una sorta di daccapo da cui non si può s-fuggire.  Grassino osserva le architetture, gli oggetti, la quotidianità del dopo. Si occupa di testimoniare le carcasse del meccanismo sociale, «recipienti» di ideologia ripresi dal momento in cui essi diventano vuoti e privi di attualità politica. Laddove proprio la politica smette di essere equilibrio e diventa caccia o guerra, Grassino osserva gli eventi storici diventare relitto e consegnarsi prima ai telegiornali e subito dopo agli smemorati e agli sciacalli. Fino al 28 luglio.

Galleria Metroquadro

Steve Sabella, artista che utilizza la fotografia e l’installazione fotografica come suo principale mezzo espressivo, presenta i lavori di “Wavelenghts”, che ridisegnano la mutevole linea tra individuale e collettivo, familiare ed estraneo, persino tra fotografia e pittura. Spesso partono da fotografie della vita di tutti i giorni. Ricomponendo, ribaltando e sezionando digitalmente queste immagini, i fotomontaggi di Sabella realizzano un’alchimia sul mondo visibile: in “Metamorphosis” (2012), oggetti statici vengono alienati, creando composizioni che mettono in circolo forme e colori come in un modello di moto delle maree. La serie “Sinopia” (2012) vede il Bahrein ricomposto attraverso gli occhi dell’artista: graffiti politici dipinti a spray e la loro censura da parte delle autorità sono ricomposti in un concerto luminoso: lo skyline della capitala Manama è ripreso con una panoramica a 360 gradi e appiattita nella forma di una onda sonora. Sabella ha poi trasposto questa onda sonora in frequenza audio e commissionato l’ensemble jazz The Khoury Project la composizione e l’esecuzione di “The Voice of Manama” che accompagna la visione dell’opera. I lavori di “On Earth” (2018) vacillano tra il figurativo e l’astratto. Da una distanza, appaiono come composizioni ritmiche di tavolozze di terra, acqua e carne. Avvicinandosi, si nota che i collage sono popolati di scene, fuse insieme da fotografie che Sabella ha scattato nei suoi viaggi. Eppure, c’è qualcosa di alieno in queste immagini del nostro pianete. La loro profondità e prospettiva pittorica segue la logica di un sogno, portando diversi riferimenti temporali. Come mondi fluttuanti tra pittura e fotografia, il loro linguaggio visuale è allo stesso tempo storico e contemporaneo – una zattera di plastica multicolore galleggia assieme a Ninfa in un paesaggio paradisiaco; un viaggiatore solitario sembra vagare su Marte o l’antica Sparta. Questi collage riproducono il nostro mondo in un modo assieme familiare ed alieno, contenendo molti livelli ed innumerevoli connotazioni. Sabella lascia allo spettatore il viaggiare attraverso i loro panorami ancora non visti, e possibilmente scoprire un nuovo dettaglio, una lettura più profonda, in ciascun viaggio.

Fino al 29 luglio, presso la Galleria Febo e Dafne “Le Bambine Salvate” di Stefano Stranges, mostra-reportage in occasione del progetto Fo.To Fotografi a Torino. Il progetto ha già ricevuto il premio Labirinti Fotografia, organizzato da Cooperativa Letteraria, e il premio Io Alzo lo Sguardo, assegnato dal Festival dei Diritti Umani in occasione del quale ha esposto alla Triennale di Milano. Gli scatti sono stati possibili grazie al sostegno della ONG Terre des Hommes – Italia, che ha messo a disposizione di Stranges le Reception Homes  nel Tamil Nadu (India). Qui il fotoreporter ha seguito le storie di bambine e ragazze vittime di violenza, ha visitato i centri e i villaggi da cui provengono e ha documentato i percorsi di reintegrazione lavorativa e sociale che la ONG mette in atto per loro.

Il 21 giugno inaugura inoltre SONGCITY di Marcello Togni, opera fotografica immersa nel silenzio. Una fotografia realista, Marcello predilige le strade, i locali, gli scorci delle città, l’urbanismo, gli interni percepiti da fuori, le simmetrie strutturali geometriche e naturali della luce, un chiaro richiamo ad Edward Hopper, un grande maestro Americano di forte realismo nella sua pittura, un realismo selettivo. Marcello questo realismo selettivo lo coglie nel movimento musicale della città, fatta di rumori, suoni, vibrazioni energetiche in uno spazio quasi deserto, silenzioso, muto, animato solo da poche figure umane quasi come note musicali in questa partitura orchestrale. Una figura umana nella città, imprigionata in un movimento, camminando per la strada o semplicemente ferma, seduta, assorta in solitudine in un interno fatto di osservazione ed introspezione di emozioni, colta di sorpresa – impreparata ma veritiera.

I colori sono contrastanti, bui e vivaci allo stesso tempo, un tempo ritmico come una nota musicale, un suono velocissimo, un battito del cuore come il colore rosso acceso che simboleggia il sangue el’energia vitale mentale e fisica che Marcello preferisce e che rende il fotogramma vivo e dinamico nella sua staticità silenziosa. Ma così come il bianco della segnaletica stradale, l’unico colore che comprende tutti quelli dello spettro luminoso, che si scaglia contro il grigio, dei palazzi e l’antracite dell’asfalto, ben disegnato dalle griglie di struttura di esse o il giallo brillante simbolo della luce del sole ma soprattutto della conoscenza nella mura dei locali o della staticità di quelle sedie che fanno da ornamento alla collettività che da via al brio delle anime. Si perché SongCity è un’anima collettiva, un’ unione del suono attraverso il silenzio, un anima che viviamo noi tutti, tutti i giorni, la nostra città condita dalla nostra esistenza.

Burning Giraffe Art Gallery

Specie di Spazi di Anna Capolupo  prende le mosse dalla riflessione sullo spazio, inteso sia in senso fisico che psichico e affettivo, che anima l’omonimo libro del 1974 di Georges Perec, in cui l’autore francese si proponeva di dare vita a “un bestiario di spazi”, che ne avrebbe mostrato diverse specie, come si fa con le differenti specie d’animali.

La ricerca portata avanti negli ultimi anni da Anna Capolupo ha nello spazio il suo soggetto di predilezione. Dapprima inteso come spazio urbano, tracciato con perizia architettonica e un’estrema attenzione ai giochi prospettici, dando vita a imponenti cattedrali suburbane di scheletri industriali, la presenza personale dell’artista nei luoghi ritratti nei suoi dipinti ruvidi si è fatta via via più tangibile, arrivando all’attuale forma di irrealismo urbano che sconvolge gli spazi attraverso un uso sempre più importante e maturo dell’astrazione, sia gestuale che cromatica. Così come Perec, l’artista sembra accorgersi del fatto che non esistano luoghi «stabili, immobili … immutabili, radicati», mostrandone l’evanescenza nelle sue opere pittoriche, tracciando i fantasmi, quasi irriconoscibili, di ciò che resta di interni ed esterni urbani post-industriali che hanno da tempo perso la loro funzione. La mostra resterà visibile fino al 21.07.

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Selezione a cura di Miriam Corona