Gli Indianizer presentano l’ultimo album Zenith live al Magazzino sul Po. Il reportage del live ed un estratto dell’intervista realizzata da Radio Banda Larga. Un viaggio ancestrale verso lo Zenith reso possibile da quel trip lisergico che è il loro sound.
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_di Diego Indovino
Sabato abbiamo fatto un viaggio senza neanche muoverci dal Magazzino sul Po, grazie alla Cumbia spaziale degli Indianizer.
La serata parte bene già dalle prime battute con i folli Los Orioles (opening act della serata), svizzeri ma votati alla Cumbia peruviana (La Chicha) che combinata all’afrobeat e a quell’attitudine da surfisti dà vita a circa un ora di show da set cinematografico. Se Robert Rodriguez dovesse iniziare a girare From Dusk Till Dawn domani, probabilmente contatterebbe loro e non i Tito & Tarantula, per intenderci.
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Quando la Chica dei Los Orioles ha smesso di farci vibrare, e dopo che, come degli alunni, siamo stati richiamati all’attenzione dalla campanella del gran cerimoniere Alessandro Gambo, arriva finalmente il momento di essere “indianizzati”. È il release party di Zenith, l’ultimo disco degli Indianizer. Non si tratta di un semplice insieme di brani. Zenith è la meta ideale, le tracce sono il percorso. E anche nella sua versione live il percorso inizia con l’alba, si comincia con Dawn.
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Raggi di psichedelia ci piovono addosso attraverso chitarre e synth, la pulsazione ritmica è così costante da portarci quasi in trance, ad esplorare un nuovo stato più spirituale. Bassi vorticosi, suoni sintetici e organici, un misto di giungla e spazio. E proprio lo spazio sembra il non-luogo in cui la band sta esibendosi durante brani come Bunjee Ginger.
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Si passa da brani cantati in spagnolo, veloci e sincopati come Hermanos Nascodidos zeppo di cori alieni a pezzi in inglese come Pele-Aumakua costruendo un contesto psichedelico destabilizzante. Il suono degli Indianizer (da loro stessi definito Sabaudade) parte dalla malinconia torinese unendo geograficamente nello stesso luogo Sud-America, India e Africa ma con una prospettiva cosmica che rende il live un vero e proprio viaggio.
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Spiritualità, psichedelia, percussioni e ritmo, synth e cumbia, addirittura una lingua inventata. Non si può star fermi durante questo freak show.
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Per addentrarci ancor di più nel mondo degli Indianizer, vi riportiamo un estratto dell’intervista realizzata da Valentina e Stella di Radio Banda Larga sul tema dei luoghi, il loro utilizzo e la loro riqualificazione. Potrete ascoltare presto la versione integrale sui loro programmi radio, Urbex e Harmonin Fm (in onda alle ore 18)
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Quali luoghi hanno segnato il vostro percorso artistico?
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Salvo(synth/bass) – La cantina di mamma Roccotelli… è un luogo riqualificato a tutti gli effetti! (risate ndr) Prima era una cantina e adesso è la nostra sala prove. Quindi siamo proprio per il “think local, act super local”.
Riccardo (voice/guitar): per essere un po più seri però possiamo dire di aver suonato molto in tutta la zona di Barriera di Milano. Spazio 211, Docks Dora. E’ uno dei luoghi più importanti perché ci ha permesso di suonare molto ma anche di ascoltare molto.
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Se parliamo di tour invece, quali luoghi sono stati d’ispirazione durante il vostro viaggio?
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Matteo – Dobbiamo ancora finire questo tour ma diciamo che si è sviluppato molto lungo tutta la francia e ci ha colpiti molto la zona di Contis-Plage, una volta area completamente paludare ora risanata. Era un posto in decadenza mentre ora è molto frequentato dai giovani, magari surfisti, e stanno davvero facendo rivivere il luogo con tante associazioni che si occupano di temi come l’educazione digitale oppure di far suonare band come noi. Ci hanno portato infatti a suonare in questo vecchio rudere portato a nuovo e trasformato in un cafè.
Siamo ai Murazzi in questo momento, un luogo che ha vissuto due esistenze, forse tre. Voi siete di queste parti. I Murazzi vi hanno influenzato nel sound?
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Matteo – Sì ma prima che nel sound nella formazione sociale. Vivere i Murazzi, soprattutto nell’ultimo periodo era davvero un esperienza sociale. C’era di tutto. Dai friggitori di carne molto discutibile, ai marocchini che cercavano di fregarti di tutto, ai locali terribili a quelli che spaccavano, ai tamarri bestiali del sabato sera. Un mix culturale traumatizzante che sicuramente ci ha influenzati.
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E dev’essere traumatizzante anche vedere il modo in cui sono inutilizzati ora…
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Matteo – Sì, diciamo da un eccesso all’altro. Se prima era una specie di giostra del degrado molto affascinante (anche perché la pipì in tarda notte nel pò era un momento sociale affascinante) adesso invece è desolante. Anche girando un po’ ti rendi conto che la gente conosceva Torino anche e soprattutto per i murazzi e vederli così adesso sembra una follia. follia proprio una città come questa che non viva il fiume.
Salvo (sarcasticamente) – Potremmo asfaltarlo e in un paio d’ore siamo a Comacchio. Dodici corsie le fai eh…
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Noisey ha detto che il vostro sound potrebbe essere chiamato Rock-Saudade perché avete questa malinconia di fondo molto torinese ma la vostra prospettiva è del tutto tropicale. Vi riconoscete?
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Riccardo – Sì, anche se risale al disco precedente. In quello nuovo si sente molto meno questa radice malinconica e il sound è più muscolare. Possiamo però vantarci di aver coniato il termine Sabaudade che mischia appunto la nostra provenienza sabauda con atmosfere Saudagi.
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Parlateci del nuovo album Zenith. Quali sono le influenze?
Matteo – Abbiamo cercato di metterci dentro ancora più influenze, da più parti del mondo, rispetto al disco scorso anche se l’impianto è sempre quello del Rock Psichedelico.
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Riccardo: Zenith si riferisce al sole, al suo percorso, ma abbiamo cercato di dargli un significato più introspettivo, quindi uno Zenith sia emotivo che spirituale che è difficile da raggiungere per il modo in cui viviamo
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Voi l’avete raggiunto?
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Tutti – No! hahahaha. Cerchiamo di raggiungerlo.
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Ma tutti possiamo raggiungerlo, giusto?
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Matteo – No, nessuno può, è solo un ideale, una aspirazione che dà senso al percorso di ognuno. Ma nulla ha senso.
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Questa è una preview dell’intervista completa che potrete ascoltare su Radio Banda Larga alle ore 18.
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Clicca qui per il programma completo del Magazzino sul Po di Torino
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