A San Giorgio Canavese, Maria Luisa Monticelli e Stefano Desderi proteggono la biodiversità del loro parco e realizzano vini biologici profumati e dai colori profondi, tutti da vitigni autoctoni e della zona. Siamo stati a pranzo da loro per degustare la loro proposta enologica in abbinamento alla cucina dello chef Roberto Marchello.
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_di Giorgia Bollati
C’era una volta, poco fuori Torino, nella boscosa campagna del Canavese, un’isola felice: la Tenuta Fontecuore. Nella terra dei Celti, tra alberi antichi e vigne misteriose, dopo quasi mille anni, Maria Luisa Monticelli ha restaurato la dimora di famiglia utilizzando materiali naturali e senza alterare lo spirito originario della casaforte templare, curando ogni dettaglio e proteggendo la biodiversità del suo terreno di 11 ettari.
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Traendo l’energia dalla terra, la titolare, psicoterapeuta che crede nell’origine delle cose, in ciò che è intrinseco e spontaneo, organizza corsi sportivi, degustazioni sensoriali e sedute meditative e terapeutiche tra i filari delle vigne, dove canalizza la spiritualità femminile e si riconnette alla Natura. In collaborazione con Roberto Marchello, chef patron del ristorante I Tre Re di Castellamonte, giovedì 8 marzo, Maria Luisa Monticelli e il marito e socio Stefano Desderi sono stati guide del mondo antico e naturale che è la tenuta, percorrendo un sentiero tra le simbologie, i culti e i frutti della terra.
Rune, dipinti e pile di libri, botti e bottiglie rendono l’ambiente affascinante e suggestivo, allo stesso modo dei suoi vini tutti biologici), a partire dall’Erbaluce DOCG che mostra colori e profumi mielati intensi e travolgenti, degni delle lacrime di Albaluce, la ninfa che piangendo il disastro causato dal canale costruito per far defluire le acque del lago dette vita ai tralci della succosa uva bianca. La cantina offre, oltre al vitigno protagonista della zona, anche Nebbiolo, Canavese Rosso, Principe, spumanti come Erbaluce millesimato metodo classico pas dosè, Extra brut e Rosario millesimato extra brut; ma assoluta regina dei vigneti è la Misteriosa, un vitigno autoctono di origini non accertate che resta per 24 mesi di affinamento in barrique.
In abbinamento ai vini presentati dalla tenuta, i piatti dello chef Roberto hanno lusingato le preziose bevande e stupito i palati: indovinato il pericoloso abbinamento della Trota in carpione, addolcita dall’uovo di quaglia pochè, con un Erbaluce 2015, quanto riuscito l’accostamento della Cipolla caramellata con salame di patate con l’Erbaluce del 2013. Notevoli, poi, gli Agnolotti dei Tre Re al sugo d’arrosto e, a seguire, lo Zabajone alla fiamma con torcetti, preparato a vista sul momento. Un luogo ameno, in cui ritirarsi, rilassarsi e ritrovarsi, ma dove poter incontrare anche il carattere delicato del vino buono.