Nel quadrilatero romano più signorile, la piccola gastronomia sabauda accoglie i fortunati avventori con tutta la tradizione del luogo.
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_di Giorgia Bollati
8 agosto 1979: per la prima volta si alza la serranda della gastronomia artigianale Ai doi scalin (per i non autoctoni: pronuncia “ai dui scalin”). In via della Consolata 7, a Torino, tra bar, portoni e parrucchieri, si nasconde il piccolo negozio di Lina, Francesco e Valentina, un ricco rifugio per chi ama la cucina piemontese e vuole degustarla secondo tradizione. A regola d’arte i primi (il sugo d’arrosto con i ravioli del plin o con gli agnolotti è un’esperienza unica), preparati a puntino i secondi, tra tomini, ricotte e capunet, poi madame la Giardiniera e monsieur il vitello tonnato e, per concludere un lauto e leggerissimo pasto, frittelle di mele, ma anche tiramisù, torta diplomatica e tante altre torte.
Protagonista assoluto del locale è il bancone che occupa gran parte della sala, da cui si possono scegliere le pietanze desiderate, alle quali i proprietari del locale avranno cura di aggiungere quelle che vengono preparate sul momento, tutto a un prezzo più che onesto.
I pochi posti a sedere rendono il tutto molto suggestivo: una estemporanea sosta golosa per pochi fortunati, in un luogo fatto di gentilezza, piccole cure e delicatezza. Per un pranzo rapido, o anche non troppo rapido, ma sicuramente ricco e soddisfacente, basterà scendere doi gradin e calarsi nel vecchio Piemonte, dove non si lesinava sul burro e neanche sul sugo d’arrosto.