Jesus Piece e Vein: le “next big things” del panorama hardcore mondiale

Live incendiari, rabbia a profusione e il giusto tasso di novità: perché queste band saranno le rivelazioni hardcore del 2018.


_di Luca Cescon

Una manciata di uscite, brani che raramente superano i due minuti, intensità da vendere: Philadelphia e Boston si ritrovano sotto un unico tetto, con due delle migliori band attualmente in circolazione nel panorama hardcore statunitense. Basta dare un’occhiata su YouTube, dove i loro live set (ripresi, tra gli altri, dall’ottimo Hate5Six) hanno immortalato la furia scomposta, pazza e devastante che si scatena sopra e sotto il palco durante i concerti di Jesus Piece e Vein.

I primi rilasciano il primo EP nel 2015, il classico cinque tracce tutta sostanza ed energia che getta il cuore oltre l’ostacolo e se ne frega di essere sporco e cattivo, con riff sostanzialmente metal e ripartenze tipiche del genere. Nessuno spazio per tornare indietro, in meno di quindici minuti di musica verrebbe già voglia di uscire di casa con una falce in mano, pronti a mietere vittime.
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Summer ’16 promo” evolve ancora di più il suono della band, continuando a marciare senza pietà su un sentiero fatto di breakdown, mosh e rabbia cieca. La fortuna della band rimane anche in questo caso la capacità di suonare “semplice” e riduttiva, nonostante incastri tutt’altro che scontati.

Lo split con i Malice at the Palace del 2017 rappresenta l’anticipazione di cosa sarà questo 2018 per i Jesus Piece: il suono si fa se possibile ancora più compatto, facendo della band uno dei punti di forza della nuova corrente hardcore che vede una grande vicinanza più con il mondo del metal che non con quello del punk.

Deny reality” rimane tutt’ora la traccia migliore di uno dei gruppi che più sta facendo parlare di sé oltreoceano, e che meriterebbe il giusto spazio di ascoltatori anche in Europa.

Se catalogare i Jesus Piece all’interno di una corrente labile ma abbastanza precisa di hardcore “nuova scuola” possa risultare un’operazione abbastanza semplice, non è così per i Vein.

I cinque del Massachusetts, nuovi prodotti di quella Boston che continua a essere fucina di nomi molto apprezzati a livello underground e non solo, stanno distruggendo palchi (e pubblico) a colpi di un mix di punk, hardcore, math, noise che pare difficile mettere sotto le ali di qualche predecessore o precursore capace di mettere in piedi canzoni sullo stesso stile.

L’obiettivo della band, riassunto fino a questo momento in tre release uscite dal 2013 a oggi, è quello di destabilizzare l’ascoltatore, caricandolo di una rabbia e di una paura che permea ogni pezzo (“Heretic”, “While you weren’t caring” e “A crumpled memo” ne sono esempi più che lampanti). Tutto questo in una cornice tecnica pazzesca, poiché i Vein dimostrano di calare poker d’assi in tutti gli strumenti, compresa quella capacità canora che molte volte nell’hardcore viene a mancare.

A livello underground si sentiva la mancanza di una band completamente fuori dagli schemi, capace di far appassionare e creare crew, sotto la bandiera di una follia sonora figlia di un tempo in cui non vi sono certezze e la violenza attende dietro l’angolo.