Le sorelle Wachowski portano Sense8 sul piccolo schermo

Le due sorelle registe transgender conosciute al tempo in cui girarono Matrix come “fratelli Wachowski” tornano sul piccolo schermo con un thriller fantascientifico che esplora le connessioni umane… come mai prima d’ora? 


_di Gianmaria Tononi

Un cast di mezzi sconosciuti provenienti da tutto il mondo, una storia incredibilmente complicata e a dirla tutta non troppo originale, una trama che da seguire potrebbe sembrare complessa e da girare con coscienza sembra impossibile: non certo le premesse migliori per il capolavoro che sono riuscite a creare.

La partenza può risultare lenta, confusa, ci sono tantissime cose da spiegare e tantissimi punti di vista da far vedere, non si può correre per evitare di saltare particolari che serviranno a comprendere tutto ciò che sta per accadere.

Pian piano, grazie ad una linearità delle registe che riescono a raccontare storie molto complesse e spiegate a puntino, cominciamo a conoscere 8 protagonisti che si mescolano in uno solo, 8 persone connesse da una forza sconosciuta che gli permette di vivere le esperienze gli uni degli altri, di aiutarsi e vedersi, sentirsi, anche ai capi diversi del mondo.

L’intera serie lavora su due livelli, da una parte iniziamo seguendo le storie singole dei personaggi, li vediamo vivere le loro vite più o meno ordinarie, continuare il loro quotidiano sebbene stiano sperimentando qualcosa di molto più grande di loro.

Dall’altra l’attenzione si sposta sempre più sulle avventure del cluster intero, sugli scambi di personalità che si succedono, sugli aiuti reciproci, le emozioni scambiate con o senza volontà esplicita.

Impariamo a conoscere i pregi ed i difetti di ognuno di loro, le applicabilità dei loro talenti, la potenza della diversità. La situazione ricorrente, scelta emblematicamente per rappresentare la capacità di mescolarsi e il bisogno del supporto reciproco tra personaggi, è l’intervento di uno di loro a salvare l’altro impersonificandosi in esso: quando servono le arti marziali il possesso del corpo lo prende Sun, quando si ha a che fare con dei computer arriva Nomi, quando bisogna essere incazzati e con poco da perdere Wolfgang è sempre pronto.

«Ambientata in tutto il mondo,
interseca un insieme molto ampio di culture,
sebbene a volte sembri sfiorare gli stereotipi in modo pericoloso»

Tanti corpi che incarnano tante menti, con fluidità se necessario, che instaurano legami profondi e che si mescolano tra di loro, mantenendo sempre le rispettive individualità.

Una serie difficile da concepire nella sua interezza: dietro ci sono un progetto ed un disegno che spesso colpiscono per la precisione dell’incedere della trama intera. Chi ha creato il tutto ha una storia ben precisa da raccontare, nonostante sembri difficile non perdersi in questa commistione incredibile di narrazioni, e lo sa fare con una maestria che lascia stupiti.

Ambientata in tutto il mondo, interseca un insieme molto ampio di culture e sebbene a volte sembri sfiorare gli stereotipi in modo pericoloso (poliziotto->Chicago, arti marziali->Korea, attore melodrammatico -> Città del Messico, transessuale -> San Francisco..) rimane molto al di sopra di ogni possibilità di critica andando a fondo nella psicologia complessa dei personaggi costruiti.

Arrivano a teorizzare una spiegazione “scientifica” che potrebbe giustificare la loro capacità di comunicazione fuori dal comune, scoprendo che non sono gli unici 8 al mondo a poterla sperimentare, anche se al momento è solo una bozza che non potremo mai comprendere fino in fondo: la serie è stata chiusa dopo la seconda stagione da Netflix, presumibilmente per gli elevatissimi costi dell’effettuare riprese in così tante diverse parti del mondo, con grande scontento ed annessa petizione dei fan.

Avete mai fatto l’amore con il vostro partner e otto persone contemporaneamente mentre queste sono sparse per il mondo? E in quel caso, stavate ascoltando Fatboy Slim come in Sense8?