Vi raccontiamo la cena di mare organizzata da Eataly, in tandem con lo chef-biologo Silvio Greco ed il Ristorante Lilith della Masseria Copertini di Vernol.
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_di Rossella Pizzurro
Ho conosciuto il Prof. Silvio Greco circa un anno fa quando da studentessa l’ho sentito dissertare, per la prima volta di razza Podolica, alterazioni alimentari e di cibo come atto politico. Un professore insegna, condivide, indica e quelli bravi, smuovono coscienze civili. Così il Prof. Silvio Greco. E così ho compreso come anche un gesto quotidiano e condiviso da tutti, come il fare la spesa, possa muovere grandi rivoluzioni dalla piccolezza delle nostre scelte.
Ho scoperto, per esempio, che per quanto riguarda il pesce, è meglio far ricadere la scelta su specie a ciclo vitale breve in quanto esposte per un tempo minore agli inquinanti presenti nel mare. Inoltre, sono specie che si sono riprodotte almeno una volta. E allora, largo a cefalopodi (seppie, calamari, moscardini e polpi), a bivalvi (vongole – ancora meglio se di pescato e non di allevamento com’è il caso dei lupini), pesciolini piccoli e una volta considerati poco pregiati ma dall’elevato potere nutrizionale (l’acciuga su tutte).
Di tutto questo e di molto altro si è disquisito con il Prof. Greco, biologo per mestiere e chef per passione, membro della COI – Commissione Oceanografica Internazionale e docente presso L’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, durante la cena organizzata da Eataly, in collaborazione con il Ristorante Lilith della Masseria Copertini di Vernole (LE). Gestito dalla Famiglia Tramis che da più di vent’anni ha sposato la filosofia di Slow Food, lavorando sulla salvaguardia della cultura gastronomica del Salento sia in termini di materie prime sia delle piccole ma virtuose realtà artigianali con cui collabora.
Tra una portata e l‘altra, il Prof. Greco, dismessa la giacca da cuoco, si è messo a disposizione dei commensali per spiegare come sono nate alcune ricette e le caratteristiche della materia prima utilizzata.
Ha aperto le danze un’insalatina amara con gamberone rosso di Mazara e mozzarella di bufala, piatto nato dall’estro del Prof. e che nulla ha da invidiare, in termini di bilanciamento dei sapori, alla creatività di chef più esperti. L‘amarognolo dell’insalatina va a nozze con il dolce dei gamberi di Mazara per adagiarsi, infine, nell’avvolgente morbidezza della mozzarella di bufala. Elementi divisi e, ad un tempo, ricongiunti dalla consistenza “crunchi” (passatemi il termine) dell’insalatina splendidamente amarognola.

La cena è proseguita con una zuppa tiepida di ceci e lupini, il tutto accompagnato da un Langhe Bianco Le Coccinelle, dell’Azienda Agricola Brandini. Arneis dal colore giallo paglierino e dai riflessi leggermente verdolini. Un buon accostamento in cui alla sapidità dei lupini che altro non sono che vongole di pescato, ha fatto eco la gradevole sapidità di questo bianco dalle fruttate note aromatiche.

E ultima portata prima del dessert: totano servito su un letto di patate all’origano selvatico, almeno, questo è ciò che raccontava il menu. In realtà, il totano è arrivato ai commensali adagiato su un letto di cavolo romanesco leggermente brasato. Il nostro cuoco per una sera, ha poi spiegato che l’idea iniziale prevedeva l’accostamento con le patate ma che, durante la spesa, individuato il cavolo non ha saputo resistere alla tentazione: “Sono gli ultimi di stagione, sarebbe stato un peccato non utilizzarlo”, per citare testualmente. Un bell’esempio questo di quanto la creatività e la conoscenza della stagionalità e delle caratteristiche delle materie prime possano fare la differenza nell’arte culinaria. Devo ammettere che il connubio totano con cavolo romanesco dal mio punto di vista, è perfettamente riuscito.

E senza rendercene conto, tra una chiacchiera e l’altra del nostro tavolo sociale, siamo giunti al dolce: delizia di ricotta con torrone IGP di Bagnara Calabra, il cui gusto deciso è ben andato a braccetto con la delicata dolcezza gradevolmente acidula del Moscato d’Asti “La Caudrina“, Romano Dogliotti. Una deliziosa crema di ricotta e torrone che ricordava molto il ripieno dei classici cannoli siciliani. Una bontà. Ma da siciliana, mi sia consentito il solo piccolo appunto della mancanza di un pò di croccantezza a contrasto della morbida voluttuosità della crema. Insomma, un pò di “crunchi” non fa mai male….
