Nella settimana che celebra il Maestro veneziano, due interessanti suggestioni filmiche al Cinema Massimo di Torino: per raccontare Antonio Vivaldi anche sul grande schermo.
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_di Alessandro Berti
Il festival Antonio Vivaldi che in queste settimane movimenta la vita culturale torinese con mostre, spettacoli e concerti dedicati al prete rosso, non poteva non comprendere anche il cinema, nella cornice del teatro Massimo. I due film presentati in cartellone senza dubbio sono molto ricercati, anche e soprattutto per il loro legame con Vivaldi, nel primo caso esplicito, nel secondo legato in senso stretto alla colonna sonora.
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Concierto barroco, trasposizione cinematografica dell’omonima novella dello scrittore cubano Alejo Carpentier, racconta le vicende fittizie di un signore messicano dei primi del ‘700, desideroso di conoscere le proprie origini europee. Egli intraprende dunque un viaggio alla scoperta dei luoghi dei suoi antenati insieme al suo amico e servitore nero Filodemo, viaggio che li porterà prima in Spagna, poi in Italia e più precisamente a Venezia, dove era in piena attività Antonio Vivaldi, protagonista della seconda parte del film e ispirato dal signore messicano per la composizione dell’opera Montezuma.
Mondanità e rigore morale si intrecciano…
Il secondo film, L’enfant sauvage, concepito come una sorta di documentario, prende spunto da una vicenda realmente accaduta: nel 1798 un ragazzino completamente nudo, incapace di parlare e dai comportamenti animali viene trovato in una foresta nel sud della Francia. La scoperta desta grande curiosità all’interno della comunità scientifica di Parigi, specialmente nella persona del medico e pedagogo Jean Marc Gaspard Itard, che decide di prendere il ragazzo con sé per tentare di educarlo. L’impresa per quanto difficoltosa riesce a dare i suoi frutti e il film si conclude con il bambino che inizia a comprendere la funzione del linguaggio attraverso lettere di legno.
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I due film riescono a catturare bene due aspetti del XVIII secolo opposti e compresenti: da una parte le frivolezze, le feste lussuose e il libertinismo tanto caro a Casanova (anch’egli veneziano, non a caso capitale del vizio per eccellenza); dall’altro il rigore scientifico, la fede incrollabile nella ragione capace di sovrastare e annullare l’istinto animale per sostituirlo con la legge morale propria solo dell’essere umano.
Nella musica e nella persona di Vivaldi, massima espressione del ‘700 italiano, c’è tutto questo, una passione per la mondanità (pur essendo prete) che emerge molto bene nel film di José Montes-Baquer – e in questo senso molto interessante la sequenza in cui si mette in scena un fittizio incontro con Händel e Domenico Scarlatti durante il carnevale, momento in cui improvvisano un concerto in stile jam session contemporanea – e un rigore formale e compositivo divenuto d’ispirazione per molti altri grandi musicisti (primo fra tutti Bach), degno co-protagonista della missione civilizzatrice di Itard nel film di François Truffaut.
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