Alda Merini icona “Pop”

Al Circolo dei Lettori, Davide Ferraris conduce l’Indie Night del 13 aprile per rievocare, con Paolo di Paolo e Silvia Rocchi, l’Alda Merini più intima, oltre al rossetto e allo sporco delle sue lenzuola, e restituirle la sua sofferenza.

_di Giorgia Bollati

Pop come Britney Spears, pop come gli aforismi che spopolano su Facebook, pop come Alda Merini: il terzo e ultimo appuntamento delle Indie Nights in trasferta al Circolo dei Lettori, tenutosi il 13 aprile, si è tinto di pervinca per tessere le fila di una storia sempre sopra le righe che è diventata, negli ultimi anni, un manifesto. Con Work Bitch di Britney Spears che pompava nelle casse, si è aperta la serata dedicata a una donna che è stata una giovane passionale e turbolenta, un uomo di carattere, la pazza della porta accanto, un’inguaribile romantica, una buona samaritana, ma soprattutto una promettente poetessa, come racconta Davide Ferraris (proprietario della libreria Therese insieme a Sara Lanfranco), sempre più ignorata dalla critica intellettuale militante. Dopo il suo precoce esordio all’età di 10 anni, Alda Merini fu lanciata da Giacinto Spagnoletti nell’editoria e nella vita sociale e subito indossò le vesti della poetessa solare e ironica, consapevole, tuttavia, della propria natura “novembrina”, quasi sopraffatta da una poesia che arrivava a distruggerla pur di emergere dalle foglie bagnate sparse a terra. Schiava di questa vocazione condizionante, superiore a qualsiasi evanescente ispirazione, la Merini lottò per tutta la vita contro la forza della poesia, implorandola di non schiacciarla, ma ogni giorno consapevole della sua originaria condanna.

Con un’alternanza di pillole di storia raccontate da Davide Ferraris, approfondite analisi di Paolo Di Paolo, scrittore e studioso esperto di Alda Merini, e disegni improvvisati di Silvia Rocchi, artista autrice del canto a fumetti a lei dedicato, nella Sala Grande del Circolo dei Lettori si è fatta sempre più percepibile la presenza dell’anima cupa e lugubre della donna, il cui impetuoso istinto era stemperato da un’acuta sensibilità. Hanno parlato per lei le sue poesie dal linguaggio orfico che procedono per lampi progressivi, insieme ai video proiettati, che hanno fatto risuonare la voce roca della Merini tra i marmi e il cristallino lampadario della sala. Un senso di sospensione crescente nell’aria pregna del dolore che ha accompagnato la vita della donna, a partire dal primo amante, al matrimonio da cui nascono le quattro figlie, fino all’amore per Michele Pierri, per il quale si trasferisce a Taranto, dopo una relazione telefonica di alcuni anni.

«Le Indie Night(s) sono riuscite a restituire ad Alda Merini anche la sua profonda malinconia, da pochi intravista e da tanti ignorata»

Inevitabilmente, dopo aver tratteggiato i contorni di una vita votata alla passione per vincere la sofferenza della condanna del poeta, Davide Ferraris è, infine, tornato alla dimensione popolare di Alda, tra televisione e aforismi, quando la donna era diventata anima e fulcro dei Navigli a Milano, attirando l’attenzione dei curiosi e degli appassionati, e vivendo nel suo appartamento bohémien con il clochard Titano, raccolto una notte dal ciglio della strada. Al di là della vincita del Premio Montale nel 1993, racconta Paolo di Paolo, la Merini lasciò che le si cucisse addosso la veste della poetessa emarginata, e alimentò il suo proprio mito con l’aura narcisistica che, dei suoi ultimi anni, tutti ricordano: rossetto, sigaretta e telefono, i tre scudi che un’anima fragile e oscura ha usato per proteggersi, mostrando con naturalezza un corpo consunto dagli anni, ma celando uno spirito spaventato e disperato.

Un po’ “zingara” e un po’ diva decadente, Alda Merini divenne idolo della televisione, e oggi del web, per la sua teatralità spontanea e per le pose da poeta che adottò per dare al mondo ciò che il mondo da lei voleva, e per un attimo, al Circolo dei Lettori, le calde parole di Davide Ferraris, la voce appassionata di Paolo Di Paolo e la mano commossa di Silvia Rocchi, sono riuscite a restituirle anche la sua profonda malinconia, da pochi intravista e da tanti ignorata.