Vuotacarne

Dialogo con Gabriele Di Fronzo intorno al romanzo edito da Nottetempo “Il grande animale”, nuovo spaccato dell’insanabile conflitto da genitori e figli.

_di Marco Patrito

Il soffitto basso, lo spazio misurato, la vicinanza forzata di uno sconosciuto o di un poco più che conoscente; il soppalco della libreria Crocicchio di Bra (CN) ricorda molto da vicino l’ambiente asfittico e claustrofobico in cui si svolge quasi per intero la vicenda de “Il grande animale”, edito per Nottetempo.

Ad alleviare il senso di oppressione contribuiscono la simpatia dell’ospite e dei librai di casa, nonché le tisane e gli amari fatti passare fra i presenti in un bel clima conviviale. Come in un intimo e moderno anfiteatro, file di sedie disposte a semicerchio rivolte verso due poltrone su cui prendono posto il moderatore della serata e Gabriele Di Fronzo, l’autore. È un ragazzo giovane, o meglio, conserva intatti sul volto i tratti di una serenità giovanile che impedirebbero di attribuirgli più di 23 o 24 anni, quando in realtà ne ha una decina in più. Classe 1984, ha studiato all’Università di Torino dove la passione per la lettura e la scrittura sono uscite dal bozzolo. La metamorfosi si completa con la guida degli insegnanti della scuola Holden, l’accademia di scrittura sita in Borgo Dora. La gestazione de “Il grande animale” avviene nei due anni successivi.

Gabriele inizia a pensare a questa figura non così comune come protagonista del suo libro: un tassidermista. Frequentando le sale della Biblioteca del Museo Regionale di Scienze Naturali mette le mani e gli occhi su tutti i testi riguardante l’argomento, da volumi ottocenteschi di anatomia animale fino a più recenti trattati di tassidermia.

“Se si parla di composizione di un romanzo a tutti viene in mente l’opera di limatura e ri-scrittura del lavoro già compiuto, ma ci si dimentica della fatica costituita dalla pre-scrittura, ovvero tutte quelle operazioni di ricerca e studio che precedono il mettersi sul computer a digitare parole”.

Gabriele decide di rimandare l’incontro con un tassidermista in carne e ossa fino a dopo l’uscita del libro, per impedire che questa presenza scomoda influenzasse la creazione del suo personaggio principale: Francesco Colloneve.

Lo spazio e il tempo della vicenda in cui Francesco si muove sono incerti, volutamente indefiniti, dimodochè il lettore si concentri sulle coordinate umane piuttosto che quelle geografiche o temporali. E infatti “Il grande animale” è un atlante e un diario di bordo, la cronaca di un pezzo di viaggio, il più significativo, della vita del protagonista.

«Con un passo lento ma preciso, come i gesti del tassidermista, Gabriele Di Fronzo costruisce una storia che fa perdere di vista il confine tra umano e animale, una storia di riconciliazione fra due mondi distanti ma mai distaccati»

Abituato a navigare a vista nel mare delle sue certezze, il mondo degli animali morti ma vivificati dall’opera sapiente delle sue mani, Francesco si troverà di colpo a dover badare ad una creatura strana affidatagli dalle mani premurose ma criptiche del caso: suo padre. Sbalzato da un giorno all’altro in un oceano sconosciuto, battuto dai venti di un contatto umano da cui si è sempre sottratto e su cui incombono le nubi di un passato che è una ferita ancora aperta, l’uomo deve rinunciare ad interpretare il nuovo mondo tramite il suo alfabeto muto fatto di gesti precisi e conoscenze scientifiche. Di fronte ha il padre, un animale simile a nessun altro, che ha smesso di parlare la lingua della violenza cui l’aveva abituato da bambino e che ricerca una nuova via per ricongiungersi a lui.

Quella messa in atto è un’operazione di imbalsamazione, il tentativo di eviscerare i ricordi del passato prima che sia troppo tardi e facciano marcire quella carcassa di emozioni (il romanzo, inizialmente, doveva intitolarsi “Vuotacarne”), quel corpo urbano di quattro pareti in cui i due sono costretti alla convivenza, fra dolorosi rituali e una complicità tardiva. Con un passo lento ma preciso, come i gesti del tassidermista, Gabriele Di Fronzo costruisce una storia che fa perdere di vista il confine tra umano e animale, una storia di riconciliazione fra due mondi distanti ma mai distaccati, una storia dolce-amara che parla di un amore ferino mai visto prima.

Il grande animale” è un esordio sorprendente per la maturità linguistica e umana con cui è stato scritto che si interroga sul rapporto fra padri e figli in maniera innovativa, ritagliandosi così fin da subito un posto fra i classici contemporanei.