Torino Crime: tutto il fascino del male

Sfondo scarlatto, scritta nera: ci siamo addentrati nei meandri della psiche criminale seguendo la rassegna a tema organizzata al Circolo dei lettori di Torino. 


_di Valentina De Carlo

La giustizia, teatro di maschere e fantasmi e la criminalità femminile delle donne di tutti i secoli. Perché in televisione ci sono sempre più programmi, serie tv, films e approfondimenti sul crimine? Perché la cronaca nera suscita tanto l’interesse della gente? Perché, insomma, tutto ciò che si tinge di rosso, fa audience?

Si apre con questo inquietante interrogativo il pomeriggio della terza giornata del Torino Crime, (6-9 aprile 2017) seconda edizione della rassegna tutta torinese dedicata al tema del crimine declinato in tutti gli strumenti che lo raccontano (giornali, letteratura, scienza, cinema..) e analizzato in tutte le sue sfaccettature (omicidi, terrorismo, criminalità di genere, stalking, corruzione..).

Nella penombra dell’elegante salone del Circolo dei Lettori, rischiarata solo dal maestoso lampadario e da qualche lampada, mentre fuori una Torino giocosa si rallegra di un tenue sole primaverile, un pubblico incuriosito si appresta ad ascoltare la lectio magistralis dell’avvocato, psicologo e professore ordinario di psicologia giuridica dell’Università degli Studi di Torino, Guglielmo Gulotta.

In un percorso di immagini e racconti, il professor Gulotta ci mostra come la nascita del sentimento di giustizia sia connaturata a quella dell’uomo e di come si tratti di una caratteristica che quest’ultimo condivide con gli animali, seppur molto spesso, tra gli umani, venga messo in scacco dalle convenzioni sociali e dai pregiudizi. Già, perché la dea bendata, che reca la bilancia in una mano e la spada nell’altra, come l’arte la rappresenta fin dall’antichità, spesso inciampa, cade, vittima della mente umana che facilmente si lascia ingannare da apparenze e maschere che la trascinano in una palude immobilizzante.

Il professor Gulotta infatti chiama il processo il teatro, pirandelliano per lo più, dove Così è, (se vi pare), in cui prove e fatti passano in secondo piano rispetto alle apparenze, all’immagine esteriore e ai preconcetti. Questo poiché la mente umana fa capriole vertiginose nell’incontro con l’altro, giungendo a conclusioni pericolose, invischiata nell’intreccio di fantasmi propri e altrui, ovvero in quei pensieri che ci mostrano com’è, come sarebbe, come sarebbe stato e come potrebbe essere per lui, lasciandoci intrappolati in un eterno dubbio. Se poi in questo incontro occorre anche dare giudizi e sentenze di colpevolezza o innocenza, allora forse capiamo perché la giustizia sia bendata..

Con il suo umorismo raffinato e la sua oratoria appassionata, il professor Gulotta ci regala uno squarcio di realismo e di consapevolezza sui processi mentali e giudiziari e sul sentiero sdrucciolevole che si intraprende quando bisogna analizzare un crimine.

«Perché tutto ciò che si tinge di rosso fa audience?»

Nella seconda parte del pomeriggio, cambiano i relatori e aumenta il numero di donne in platea… probabilmente perché il tema affrontato – la criminalità femminile – ha suscitato ancora più interesse nell’animo delle “dirette interessate”! Moderati da Araceli Meluzzi, intervengono il criminologo Fabrizio Russo e lo storico Silvano Montaldo, direttore del museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso e professore presso l’Università degli Studi di Torino.

L’incontro inizia con un esperimento proposto proprio alla platea femminile: chiudere gli occhi e immaginarsi imputate, poi criminali e infine condannate. Un’introduzione suggestiva che ci porta subito al nucleo del problema: uomini e donne criminali agiscono allo stesso modo? Dalla donna amorevole e sensibile, più empatica dell’uomo, che non sarebbe spinta al crimine se non da una patologia psichiatrica, secondo la visione sociale e medica, passiamo alla donna selvaggia, arretrata rispetto all’uomo e proprio per questo, quantitativamente meno criminale, ma più animalesca, secondo Lombroso. In un continuo andirivieni tra l’epoca di Lombroso e la nostra, con chiarezza e razionalità, i due ospiti ci mostrano una donna misconosciuta, talvolta carnefice perché vittima della sua follia, talvolta lucida esecutrice dei suoi efferati propositi.

Tra gli ultimi dati delle statistiche odierne e quelli all’avanguardia dello statistico ottocentesco Quételet, vediamo come seppur la donna delinqua di meno, nel momento in cui lo fa, pensieri, sentimenti e comportamenti, non si discostano da quelli maschili e nel suo essere matricida, infanticida, omicida, stalker, pedofila e stupratrice, possa essere altrettanto violenta e spietata nonché pienamente consapevole e responsabile dei suoi comportamenti. Intuizione questa che apparteneva già a Olympe de Gouges, protagonista femminista della rivoluzione francese, la quale chiedeva la “parità di patibolo e di tribuna” in una assoluta uguaglianza tra i sessi.

Cosa ci lascia quindi il pensiero lontano ed estremo di Lombroso, lo chiediamo a fine conferenza al professor Montaldo. Sicuramente le idee evoluzionistiche che ci rendono più consapevoli di come reagisce la nostra mente oggi, eredità di millenni di vita e di esperienza, poi, un approccio metodologico che resta un buon esercizio di analisi storica, oltre, ovviamente, al museo torinese, ricco delle interessanti collezioni dello studioso, che racchiudono in vetrine e scaffali tutto il fascino del male.

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