1000 metri quadri di desiderio: l’architettura al servizio della sessualità… e viceversa

Architettura e sesso sono due temi apparentemente non correlati. Eppure la progettazione di spazi riflette la nostra visione del mondo; e mai come oggi è importante pensare a location lontane da stereotipi e discriminazioni di genere. La mostra “1000m2 de deseo” al CCCB di Barcellona riflette su questi temi. 

 
_di Maxime Olivier
 
_traduzione di Roberta D’Orazio
 
Il manifesto della mostra a tema al CCCB (Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona) ha un design abbastanza semplice a prima vista: un grande poster di colore rosa con un buco della serratura rosso che incornicia un tema astratto costellato di vagine volanti. Il tema del voyeurismo è molto presente, è attraverso lo sguardo che passa per le fessure che si può dare libero sfogo alla propria immaginazione. Ma tutto questo per me un significato completamente diverso. La metafora della serratura per rappresentare il corpo femminile non è una novità, ed è forse ispirata al mito di Barbablù.
 
Il gigante aveva l’affascinante abitudine di uccidere le sue mogli e imprigionarle in una stanza chiusa a chiave. L’ultima di loro rimase sola una notte nella casa coniugale e infranse il divieto dal marito di entrare proprio in quella camera scoprendo i corpi delle ex mogli. Le cadde così la chiave, macchiandosi di sangue. Il fatto che la donna apra la serratura, metafora della penetrazione, con una chiave dal colore sanguigno e fallico, rappresenta la perdita della verginità.

L’esposizione essa è divisa in 3 parti: utopie sessuali, rifugi libertini e sessografia.

All’entrata una nota spiega ciò a cui assisteremo: come la società occidentale ha progettato, costruito e immaginato i luoghi dedicati al sesso dal XVIII secolo ad oggi e come questi siti rispondano a stereotipi di genere rafforzando i dettami della società patriarcale.

Come l’architettura influenzato la visione maschilista della sessualità?

Anche se la mostra è molto interessante e vanta un punto di vista neutrale, è facile notare la grande influenza del pensiero maschilista sull’idea generale della sessualità. La rappresentazione dei bordelli ideali dello scrittore bretone Restif è tra le più interessanti. L’idea dei bordelli di Stato fu sviluppata soprattutto al fine di evitare evitare problemi di igiene (tra cui la diffusione della sifilide) nella Parigi del XVIII secolo. Tuttavia, il ruolo delle donne è simile a quello di un oggetto. Le case di piacere sono classificate secondo l’età delle lavoratrici e se un bordello dispone di ragazze giovani, migliore sarà l’ubicazione, esattamente come accade con i prodotti disposti a vista nei supermercati.

Si prosegue con l’architettura in stile Playboy raggiungendo picchi di maschilismo. I duplex che corrispondono ai criteri di Playboy non sono né più né meno che un’arma di seduzione. L’uso di grandi spazi aperti, di materiali nobili come pelle o pelliccia, rispondono all’idea di affascinare le donne, viste nel migliore dei casi come trofei di caccia e nel peggiore come soprammobili nel proprio appartamento.
La sessualità femminile non è nemmeno contemplata. La donna è vista come un oggetto decorativo, come mostra un video estratto da un film di James Bond: le due ragazze che lottano contro l’agente segreto sono ritratte come mobili che completano la decorazione domestica. Per quanto questa visione maschilista non sia in ogni caso imputabile agli organizzatori della mostra, non possiamo fare altro che provare dispiacere di fronte al poco spazio lasciato alla sessualità femminile. Fortunatamente, altre visioni del mondo, altre idee (anche se spesso sono rimaste semplicemente tali) sono sbocciate nel corso dei secoli. 

Un’architettura sessuale al servizio del piacere

A parte questa visione maschilista della sessualità, la mostra ci rende partecipi anche di prospettive molto moderne, che partono dal XVIII secolo. La prima prova che si palesa ai nostri occhi è quella del Falansterio di Fourrier: egli immagina una città palazzo dedicata alla lussuria in cui la società segue un modello comunitario, come nelle utopie hippie degli anni ’60.
Le attività pratiche della vita quotidiana sono realizzate in due ali distinte. La terza ala è dedicata al piacere. L’orgia, sia gastronomica che sessuale, regna sovrana. La sessualità femminile non è considerata “procreativa” o subordinata a quella dell’uomo, ma come parte integrante e paritaria. Un gruppo di adulti volontari asseconda qui i desideri di coloro che per età o deformità sono lasciati ai margini di una società troppo esigente.
 
Questa visione egualitaria della sessualità è anche visibile nella sezione della mostra dedicata alle “piccole case”, costruite dalla nobiltà francese nel XVIII secolo. Queste dimore di campagna nei dintorni di Parigi sono state utilizzate come parco giochi per benestanti i cui facili costumi sono più che noti. Attraverso l’influenza di donne forti come Maria Antonietta o la signora de Merteuil, personaggio di fantasia dal romanzo Le relazioni pericolose, le donne non sono più passive nella loro sessualità, subordinate ai desideri degli uomini, ma raggiungono il potere.
 
Ma sia nel Falansterio che nelle piccole case, questa libertà sessuale si limitava alla classe dirigente, ai nobili o ai ricchi mercanti. I poveri non avevano diritto a partecipare a tanta libertà perché, secondo le idee del tempo, non disponevano l’educazione sufficiente per capire la filosofia celata dietro tale visione. A loro toccava la prostituzione che è, secondo le parole di Fourrier, sub-sessualità.
 
Altri lavori vengono presentati, in cui la sessualità è parte integrante della vita della comunità. Questa diversificazione tra classi sociali non è presente all’interno dell’influenza del movimento hippie. Diversi sono gli esempi di comunità utopistiche come le Città Cibernetiche prospettate da Schöffer nel 1969 come centri di intrattenimento sessuale. Qui si incontrano membri della comunità, praticando e scoprendo la sessualità, accompagnata da suoni e luci, per ispirare e sviluppare pensieri sessuali.

Qual è lo spazio riservato alla sessualità nella nostra vita cittadina?

Oggi la sessualità è sempre più presente. La nostra società le concede uno spazio notevole anche all’interno delle città. Saune gay, privé nelle discoteche: la sessualità ha invaso la città ed è oggi è più che semplice soddisfare un desiderio.
 
L’architettura dedicata al genere trova la sua collocazione nel lavoro di Pol Esteve, che ha progettato molte stanze buie a Barcellona aprendo il dibattito su come costruire un luogo dominato dall’assenza di luce. L’architetto deve dimostrare una certa abilità per dare vita ad un luogo che dovrebbe stimilare il tatto e l’udito, invece della vista.
 
Il sesso può anche diventare una merce, l’immagine di un quartiere. Il quartiere gay di Barcellona, l’Eixample, spesso chiamato dai residenti Gayxample, utilizza la sessualità e la permissività per sedurre i suoi abitanti. Ma si tratta di una zona in una certa misura stereotipata. La visione della sessualità gay è cristallizzata e rappresenta solo una piccola parte dell’universo queer.
 
Ma la prospettiva offerta a questa presunta libertà non è realmente libertaria. I dettami della moda si rispecchiano anche nella sessualità. Con Instagram, Facebook, la sessualità viene sottoposta in anticipo allo sguardo dell’altro.
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Tra sessualità sovraesposte corrispondenti ai canoni del tempo, Internet è diventato una macchina masturbatoria e questo si riflette nella creazione di luoghi dedicati al sesso. Stiamo assistendo ad un declino nel pensiero dedicato alla sessualità e, data la sua onnipresenza rapida e quantitativa, forse potremmo anche applicare a questo concetto il termine di sub-sessualità, per usare il termine di Fourier.
 
Non pensiamo più sessualità come a un mondo da esplorare, ma come a un’attività tra tante.
Fortunatamente, i tentativi di tornare a una sessualità più libertaria si distinguono in iniziative come quella di “Army of Love”, una cura contro una visione capitalistica della sessualità che emargina le persone che non soddisfano i criteri del nostro tempo. Con i volontari sessuali, le persone che si sentono abbandonate o perse in un mondo che applica al sesso principi di esclusione possono trovare in uno spazio dedicato alla riscoperta e all’accettazione del corpo e dei suoi desideri. In linea con l’idea di Fourrie, il progetto dell’Esercito dell’Amore è inteso come un ritorno ad una comprensione e all’accettazione di tutti i corpi, tutti i sessi e tutti i desideri.
 
Non è mai stato più facile nella storia soddisfare un desiderio sessuale attraverso i numerosi siti dedicati. Allo stesso tempo è ancora più difficile soddisfare un desiderio che non rientra negli standard supposti. Nelle nostre città, l’architettura riflette la nostra visione del mondo. È compito  – anche – dell’architetto pensare a una sessualità neutra e in generale a tutte le sessualità, senza lasciarsi prendere da una visione troppo semplice, troppo prescrittiva.
 

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TESTO ORIGINALE

1000m2 de deseo : l’architecte au service de la sexualité … Ou l’inverse ?

Architecture et sexe sont à priori deux thèmes sans liens apparents. On peut penser assez grivoisement à la Torre Agbar de Barcelone, mais là s’arrêtent les suppositions.

Donc pourquoi pas, à voir si je sors de cette exposition l’esprit un peu plus rempli. Commençons par l’affiche qui présente un design assez simple à première vue : un grand poster rose seulement agrémenté d’un trou de serrure rouge qui laisse entrevoir un dessin abstrait d’époque représentant des vagins volants. Le thème du voyeur est très présent, on l’imagine regarder à travers la serrure et laisser libre cours à son imagination.

Mais cette serrure a pour moi une toute autre signification. La métaphore de la serrure pour représenter l’organe féminin n’est pas nouvelle, peut-être inspirée du mythe de Barbe Bleue.

Ce dernier a pour charmante habitude de tuer ses épouses et les garder dans une chambre fermée à clé. Sa dernière femme en date reste un soir, seule, dans la demeure conjugale et, malgré l’interdiction par son mari d’entrer dans cette chambre, elle y pénètre tout de même et découvre les corps des anciennes épouses. Elle laisse donc tomber la clé qui se tâche de sang. Le moment où la femme ouvre la serrure, métaphore de la pénétration, avec une clé des plus phalliques et se tachant de sang, représente la perte de la virginité.

Mais rentrons dans le vif du sujet, l’exposition en soit. Elle se divise en 3 parties : utopies sexuelles, refuges libertins et sexographe. Dès l’entrée une note nous explique la vision qui va être donnée : comment la société occidentale a planifié, construit et imaginé les lieux dédiés au sexe du XVIIIème siècle à nos jours et comment ces lieux dédiés au sexe ont façonné les stéréotypes de genres et renforcé la société patriarcale.

Comment l’architecture a influencé la vision machiste de la sexualité

Bien que l’exposition soit assez intéressante et avec un point de vue neutre, on ne peut que constater la grande influence de la pensée machiste sur la pensée collective de la sexualité.

La représentation de bordels idéaux par l’écrivain Restif de la Bretonne est des plus intéressante. L’idée de bordels d’état qu’il développa était avant tout pour éviter les problèmes d’hygiène rencontrés dans les bordels parisiens du XVIIIème siècle, notamment la propagation de la syphilis. Cependant, la place de la femme y est rapportée à un simple objet. Elles sont classées dans ces bordels d’état suivant leur âge et plus elles sont jeunes, mieux elles seront installées, telles les offres de supermarchés où le plus intéressant est placé en tête de gondole.

Nous poursuivons avec l’architecture playboy qui nous fait atteindre des sommets de machisme. Les duplex qui correspondent aux critères de playboy ne sont ni plus ni moins qu’une arme de séduction. L’utilisation de grands espaces ouverts, de matériaux nobles comme le cuir ou la fourrure sont, dans l’idée de l’époque un moyen de séduire les femmes qui sont vues dans le meilleur des cas comme des trophées de chasse et dans le pire, comme une décoration de plus pour leur appartement.

La sexualité de la femme n’y est même pas pensée. La femme y est vue comme un objet de décoration, comme le montre l’extrait vidéo d’un James Bond : les deux femmes qui se battent contre l’agent secret sont dépeintes telles des meubles qui complémentent la décoration de la maison playboy.

Bien que cette vision machiste ne soit en aucun cas imputable aux organisateurs de cette exposition, on ne peut que se désoler devant le peu de place qui est laissé à la sexualité féminine. Mais heureusement, d’autres idées, bien que souvent restées au simple stade d’idée, ont surgi au fur et à mesure des époques.

Une architecture sexuelle au service du plaisir.

À part cette vision très machiste de la sexualité, on assiste également à une vision très moderne de la sexualité, et ce dès le XVIIIème siècle. Le premier essai qui nous est présenté est celui du Phalanstère de Fourrier. Il imagine une ville-palace dédiée à la luxure où la vie s’organise en commun, telles les utopies hippies des années 60.

Les activités pratiques de la vie courante s’effectuent dans deux ailes à part. La troisième aile se consacre au plaisir. L’orgie, autant gastronomique que sexuelle, y est portée en maitresse absolue. La sexualité féminine n’y est pas vue comme « procréatrice » ou soumise à l’homme mais comme partie intégrante et égale à celle de l’homme et des volontaires érotiques sont présents pour se soumettre aux désirs de ceux qui, par vieillesse ou difformité, sont laissés pour compte par une société trop normative.

Cette vision égalitaire de la sexualité est également visible dans la partie de l’exposition consacrée aux « petites maisons », ces maisons construites par l’aristocratie française au XVIIIème siècle. Ces maisons de campagne, construites dans la nature autour de Paris, étaient utilisées comme terrain de jeux pour la noblesse dont les m?urs légères sont plus que connus. Grâce à l’influence de femmes fortes comme Marie Antoinette ou Madame de Merteuil, personnage fictif du roman Les Liaisons Dangereuses, les femmes ne sont plus passives dans leur sexualité, sujettes aux envies des hommes, mais prennent le pouvoir.

Mais aussi bien dans le phalanstère que dans les petites maisons, cette liberté sexuelle est cantonnée à la classe dirigeante, nobles ou riches bourgeois. Le pauvre n’a pas droit à ces orgies ou à tant de liberté car, selon les idées de l’époque, il n’a pas l’éducation suffisante pour comprendre la philosophie cachée derrière cette vision de la sexualité. On concède aux pauvres la prostitution qui est selon les mots de Fourrier, une sous-sexualité.

D’autres ?uvres nous sont présentées, mettant en scène la sexualité comme partie intégrante d’une vie en communauté. On n’y trouve plus cette vision du riche et du pauvre grâce à l’influence du mouvement hippie. Plusieurs exemples de communautés imaginaires comme la Ville Cybernétique qu’invente Schöffer en 1969 avec un centre de divertissement sexuel. On s’y retrouve avec d’autres membres de la communauté pour pratiquer et découvrir la sexualité, aidé par des sons et des lumières, sensés inspirés et développer la pensée sexuelle.

Quelle place est laissée à la sexualité dans nos vies citadines ?

De nos jours, la sexualité est de plus en plus présente. Notre société lui accorde une grande place et cela au sein même des villes. Saunas gay, dark rooms dans les discothèques, cruising, la sexualité à envahit la ville et il est de nos jours des plus faciles d’assouvir une envie sexuelle.

L’architecture dédiée au sexe se retrouve dans l’?uvre de Pol Esteve qui a conçu de nombreuses dark rooms à Barcelone et pose la question de comment construire un lieu qui ne va pas être vu. L’architecte doit faire preuve de prouesse pour donner naissance à un lieu adéquat qui doit faire jouer le toucher et l’ouïe au lieu de la vue.

Le sexe peut devenir également une commodité qui représente l’image d’un quartier. Le quartier gay de Barcelone, l’Eixample, souvent appelé par les locaux Gayxample, utilise la sexualité et la permissivité qui s’y trouve pour séduire ses habitants. Mais ce quartier se retrouve bloqué dans une homonormativité. La vision de la sexualité gay y est figée et ne représente qu’une partie restreinte de la sexualité queer.

Mais la vision qui est donné à cette pseudo liberté sexuelle n’est pas si libertaire que cela.

Les dictats de la mode se retrouvent aussi dans la sexualité. Avec Instagram, Facebook, la sexualité est soumise tout d’abord au regard de l’autre.

Entre une surreprésentation du sexe correspondant aux canons du moment, internet s’est converti en machine à masturbation et cela se reflète dans la création de lieux destinés au sexe. On assiste à un recul de la pensée sur la sexualité et à une omniprésence d’une sexualité rapide et quantitative, peut-être pourrait on même le qualifié de sous-sexualité pour reprendre le terme de Fourrier.

On ne pense plus à la sexualité comme un monde à explorer mais comme une activité de plus.

Heureusement, des tentatives de retour à une sexualité plus libertaire se démarque comme l’initiative Army of Love. Cette initiative se présente comme un remède à une vision capitaliste de la sexualité qui marginalise sexuellement les personnes ne correspondant pas aux critères sexuels de notre époque. Grâce à des volontaires sexuels, des personnes qui se sentent délaissés ou perdus dans un monde qui représente le sexe d’une manière excluante ou qui ne les convainc pas peuvent se rendre dans un espace dédié à la redécouverte et à l’acceptation de son corps et de ses envies. En reprenant l’idée de volontaire érotiques de Fourrier, le projet Army of Love se veut comme un retour à une compréhension et à une acceptation de tous les corps, tous les sexes et toutes les envies.

Il n’a jamais été aussi facile dans l’histoire de l’humanité d’assouvir une envie sexuelle grâce aux nombreux lieux dédiés à la sexualité. Mais en même temps il est toujours aussi difficile d’assouvir une envie qui ne correspond pas à la norme ou d’assumer sa sexualité et son corps quand l’un ou l’autre ne correspond pas aux critères établis.

À façonner nos villes, l’architecte façonne également notre vision du monde. Il est donc de son devoir de penser à la sexualité de manière neutre et général, de penser à toutes les sexualités sans se laisser convaincre par une vision trop facile et trop normative.