[INTERVISTA] Lo Zingarelli: Storia dell’Italia “che dice la sua”

Cosa hanno in comune le Bacche di Goji e un business plan, il meetup e un dribblomane? La “residenza” all’interno dello Zingarelli 2017, che da quasi novant’anni racconta l’Italia ed i suoi cambiamenti (linguistici e non). Ne abbiamo parlato con il Prof. Mario Cannella, curatore del dizionario più amato dagli italiani.

_ di Raffaella Ceres

Sono oltre 1000 le nuove voci e i significati della nuova edizione del vocabolario della lingua italiana Zingarelli. Sono lo specchio di un’Italia che cambia profondamente e lo Zingarelli ogni anno accoglie parole e locuzioni nate per innovazioni culturali, tecnologiche e di costume. Come un notaio, registra queste nuove forme di espressione, modi di dire, sinonimi che arricchiscono il nostro linguaggio che vanno a sommarsi alle oltre 145mila voci, 380mila significati che compongono la nuova edizione. Qual è l’ Italia quella raccontata dallo Zingarelli 2017? E’, per esempio, quella dei Meetup (sito che mette in contatto persone che hanno interessi comuni) e dei Jamboree (raduno degli scout).

L’Italia della Confettata (allestimento di tavoli con vari tipi di confetti a disposizione degli invitati a un pranzo di nozze, a un battesimo etc…) e delle Bacche di Goji (frutti rossi del Lycium barbarum, ricchi di vitamine, sali minerali e antiossidanti, di uso tradizionale nella medicina cinese). Ma lo Zingarelli 2017 contiene anche 115 definizioni d’autore: da Giorgio Armani a Carlo Verdone: riflessioni su parole del vocabolario da personalità della cultura, della scienza, dello sport e del costume italiani.

Di questa particolare carta d’identità degli usi e costumi del nostro Paese, abbiamo parlato insieme al Prof.re Mario Cannella, curatore del dizionario più amato dagli italiani. Ci sono strumenti cartacei riconoscibili che segnano epoche, passaggi di testimone fra intere generazioni e che, se rimangono attuali, svolgono chiaramente un ruolo che in nessun modo può essere modificato da altri strumenti, con la stessa efficacia.

Le parole, tendono anche loro ad invecchiare, e danno l’idea della polvere…

Prof. Cannella, come è cambiato lo Zingarelli nel tempo?

“Uno dei segni importanti del cambiamento dei tempi che hanno accompagnato le edizioni del dizionario è riconducibile alla parola periodicità. Lo Zingarelli ha cominciato ad uscire cento anni fa, nel 1917 in dispense. Nel 1922 abbiamo la seconda edizione e in novant’anni sono uscite una decina di edizioni tanto, che ancora adesso, si parla della nostra come della dodicesima edizione anche se poi ogni anno viene rifatto completamente.
A metà degli anni novanta, con l’edizione del ’93, abbiamo deciso di fare un edizione all’anno del dizionario.  All’inizio qualcuno storse il naso dicendo che  lo facevamo solo per vendere più copie e per questioni commerciali, paragonando quasi lo Zingarelli ad una Guida Michelin. In realtà avevamo avuto la vista lunga, nel senso che ci eravamo resi conto che i tempi non erano più quelli del secolo scorso. Il Vocabolario della Crusca che è il più antico vocabolario italiano ed è uscito nel 1612, ne faceva più o meno uno al secolo, perché la realtà della lingua e la realtà sociale era per tanti aspetti molto più stabile ed i cambiamenti c’erano naturalmente ma, erano più relativi e meno veloci nell’attuarsi. Alla fine del novecento avviene questo: ci si rende conto che  dovendo negli anni ’90 programmare un nuovo vocabolario che sarebbe uscito dopo dieci anni, probabilmente dopo 4-5 anni avremmo dovuto ridiscutere tutta l’impostazione di nuovo daccapo perché i cambiamenti si preannunciavano rapidi e non era solo una questione di nuove parole.
Era necessario tenere presente quali fossero gli  obiettivi di cambiamento, di controllo e di verifica sia in entrata che in uscita. In entrata nel senso che siamo circondati da un afflusso di nuove parole, nel senso di nuove cose e di nuovi concetti. In uscita nel senso che controlliamo quello che noi facciamo uscire e quindi tutto ciò che è nel vocabolario. Oggi abbiamo strumenti che 30 anni fa non avevamo ed è  cambiato tutto lo strumento vocabolario. Lo Zingarelli contiene circa centoquaratamila parole spiegate o lemmi.  Le parole, tendono anche loro ad invecchiare e danno l’idea della polvere. “

Spesso i giornalisti, per accattivare il lettore, usano termini nuovi; però solo una parte di queste parole si afferma poi nella Lingua

In un quadro sociale che cambia tanto velocemente, quanto è complesso individuare quali siano i nuovi lemmi da inserire nel dizionario?

“Lei ha detto bene sull’Italia sociale che è cambiata velocemente. Negli anni cinquanta l’italia era un paese agricolo, poi nei decenni successivi è diventato prevalentemente industriale. Poi è diventato il paese dei servizi e poi i servizi in particolare sono diventati soprattutto quelli informatici digitali e post digitali. Nella globalizzazione in generale e dell’informazione in particolare, veniamo a contatto con dei termini specialistici che appartenevano a una ristretta cerchia di persone ( studiosi o appassionati). Oggi entriamo in contatto con questa terminologia in maniera costante. Che cos’è un vocabolario? Un vocabolario come lo Zingarelli è un vocabolario dell’uso quindi non è un vocabolario della storia delle parole.
La funzione di un vocabolario è quella di trasportare il patrimonio articolato della lingua alle giovani generazioni e alla disposizione di tutti i cultori della lingua, di tutte le persone interessate. Secondo di rinnovarlo e di inserire mano a mano le parole che entrano nell’uso. Nell’uso si entra nell’argomento del come scegliere le nuove parole, tenuto conto che lo Zingarelli non è un repertorio di parole. Spesso i giornalisti nei titoli o scherzando con ironia, per accattivare il lettore, usano termini nuovi. Però solo una parte di queste parole si afferma poi nella lingua. E poi ci sono i termini derivati settoriali e tecnici. Prevedendo che una parola permanga nel tempo e diciamo in un tempo ragionevole almeno un decennio,  prima di inserirla abbiamo dei criteri ben precisi che sono la estensione, la frequenza e la persistenza nel tempo.”

Come lavora il team coinvolto nella programmazione del dizionario?

“Lei deve immaginare una costruzione a piramide, nel senso che il vertice è formato da poche persone ( 3-4) e poi riunioni, programmazioni, una verifica costante e un via vai di files. Ogni occorrenza della parola ha un peso diverso. La Zanichelli è una grande casa editrice che ha per esempio un grande settore scolastico dove arrivano costantemente segnalazioni e poi c’è una serie di lettori e corrispondenti fedelissimi che suggeriscono, intervengono ed interagiscono con noi. Ci vuole passione!”

Le prima ha parlato di parole che danno l’idea della polvere. Ritengo che forse un po’ di polvere sia importante da conservare. Lei che ne pensa?

“Intendiamoci: il vocabolario è pieno di polvere sempre se per polvere intendiamo parole che non si usano più. Io per polvere intendo che se, ad esempio, nella definizione di una parola vecchia uso il termine fanciullo, lei capisce che utilizzo  un linguaggio che mi riporta ad un’altra epoca. Polvere è anche una parola che non si usa più e che non ha lasciato tracce. Attenzione alla polvere! Perché c’è la polvere che dà fascino e la polvere semplicemente sporca che dà fastidio.”

Quale è stata la rivoluzione più significativa che ha visto la storia di questo vocabolario?

“Il grande cambiamento degli Anni Novanta: l’ingresso del digitale che sicuramente non ha confronti. Anche se prima (parliamo degli anni ’50-’60) c’è stata una completa riscrittura del vocabolario che fino ad allora era andato avanti con l’impronta di Nicola Zingarelli.”