Collateral Beauty: una terapia per affrontare il dolore

David Frankel ci mette di fronte alla realtà nella sua forma più tragica. Una realtà profonda, celata e inconfessata.

di Melania Fantastico  –  Malvisto dalla critica per via della tematica “mucciniana” e del cast “sprecato”, Collateral Beauty è un film struggente e rivelatorio, che vale la pena di godersi, poiché mette in risalto un tema già visto, ma attraverso espedienti nuovi e tutti da scoprire, con un intreccio di storie che alla fine, in qualche modo rimane nel cuore dello spettatore.

Il protagonista, Howard, interpretato da Will Smith, è un dirigente pubblicitario apparentemente forte e determinato nel suo campo lavorativo, la cui vita cambia totalmente direzione in seguito alla morte della piccola figlia. Dopo questo drammatico evento la persona che ci viene presentata all’inizio del film cambia maschera. Ci ritroviamo di fronte ad un uomo ormai privato della voglia di vivere, disinteressato di fronte alla crisi che l’ azienda sta affrontando a causa della sua instabilità e depressione.

Cercando di prendere in mano la situazione e vedendosi negata la possibilità di discutere, i tre amici e colleghi Whit, Claire e Simon, decidono di assumere un investigatore privato, con l’intenzione di far apparire Howard inadatto al suo ruolo, salvando così l’azienda. Vengono a conoscenza di tre lettere, rivolte a tre astrazioni citate dal protagonista anche nell’incipit del film: amore, tempo e morte. Il tono delle lettere è straziante, cupo, rabbioso, contiene tutto il rancore e la disperazione della condizione in cui versa Howard.

«Desideriamo l’amore, vorremo avere più tempo e temiamo la morte»

Presto però si scoprono anche le debolezze dei tre colleghi e amici: l’amore verso una figlia che rinnega il proprio genitore, il ritardo biologico per il concepimento di un figlio e, infine, la malattia taciuta alla famiglia. Un percorso di introspezione, una “terapia” velata in cui tutto è intrecciato e indissolubilmente stretto dall’amore, dal tempo e dalla morte, le astrazioni che accomunano ogni uomo ed ogni donna sulla terra. Perché “noi desideriamo l’amore, vorremo avere più tempo e temiamo la morte”. 

Egli intanto troverà la forza di entrare in un gruppo di sostegno dove però non riuscirà ad aprirsi, il ricordo della piccola lo strazia e lo fa chiudere in se stesso. Qui conoscerà Madeleine, interpretata da Naomie Harris, premiata come miglior attrice emergente per gli Hollywood Film AwardsHoward tenterà così di aprirsi con lei, e si creerà un legame velato e sottile, che aleggia per tutta la durata del lungometraggio.

Collateral Beauty” ti mette di fronte ad una realtà nuda, ma non si può apprezzare ogni sfaccettatura di questa storia se non alla fine del film, quando tutto appare più chiaro e i personaggi, dopo varie sfide e prove superate, ritornano ad uno status di “normalità”, con una maggiore, rinforzata consapevolezza: tutti noi siamo chiamati ad affrontare momenti difficili e dolorosi, l’importante sta nel saper scorgere la “bellezza collaterale” che lega tutto e cogliere le sfumature di una situazione negativa. Un po’ di retorica, certo, ma non preoccupatevi: il pathos delle performance attoriali vi farà digerire anche quel tantino di melassa in più.