E’ stata inaugurata il 14 Dicembre 2016 “Dalle Bombe al Museo”, mostra curata da Giorgina Bertolino e Riccardo Passoni, che combina storia, arte e design con sessanta opere esposte, novanta fotografie d’epoca, disegni architettonici, lettere e documenti originali.
di Melania Fantastico – Ripercorrendo storicamente cosa comportò lo scoppio della prima grande guerra a Torino, risalta la voglia del museo di rinascere dalle proprie ceneri, come una fenice. Tra il 1940 ed il 1945 Torino fu vittima di numerosi bombardamenti che danneggiarono la città ed il suo patrimonio artistico. Bersaglio delle incursioni alleate fu anche la Galleria d’Arte Moderna che per diverse ragioni non fu in grado di preservare molte opere dalla cecità distruttiva dei bombardamenti, sia poiché non ci si immaginavano effetti così immediati dell’entrata in guerra da parte dell’Italia, sia perché molte delle opere non poterono essere spostate per ragioni pratiche.
A testimonianza del danno subìto, troviamo nella prima sala tre statue all’epoca collocate nella Galleria, due delle quali furono in seguito restaurate ed oggi collocate insieme ad “Il bacio di Giuda”, opera che ci viene presentata annerita dalle fiamme e mancante di alcune fondamentali parti (come ad esempio il volto di Cristo), alcune delle quali ritrovate ed esposte ai piedi della stessa. Vi è inoltre, nella stessa sala, una documentazione fotografica rappresentante la città seviziata dalle bombe.
Con l’opera di Emilio Vedova “Dal ciclo della Natura n°9” (1953), ci vengono esplicati, attraverso il suo stile “informale” (stile che unisce la materia, il gesto, il segno dando vita a dipinti con una composizione aperta, dinamica e policentrica) tutti i turbamenti e le emozioni di quegli anni di guerra. Difficile abbinare il titolo all’opera stessa, dominata dal bianco e nero e dai tratti squadrati e dinamici e caratterizzata dall’uso di brevi spruzzi dirompenti di colore come il verde ed il rosso (rappresentanti gli alberi, la natura messa in secondo piano dalle barbarie del conflitto, ed il sangue), che spiccano nel dipinto ponendosi in contrasto con il tema scelto.
Dopo la fine della guerra Torino fu esempio di ripresa e rinascita. La città in quegli anni era mossa dal desiderio di cambiamento etico e culturale in ambito artistico, grazie al contatto con differenti realtà europee, prima fra tutte quella francese.
Il concorso riguardante la ricostruzione del nuovo museo fu deliberato nel novembre del 1950; l’inaugurazione avvenne nell’ottobre del 1959 grazie ai progetti dei due giovani architetti Carlo Bassi e Goffredo Boschetti, alla quale presenziò anche l’allora presidente della Repubblica Gronchi, presente a Torino per l’apertura del Salone Internazionale dell’Automobile, evento storico che segnò la rinascita economica del polo industriale d’Italia.
Lungo la mostra vengono esposte delle scrivanie disegnate dagli architetti Bassi-Boschetti e delle poltroncine che ripropongono gli uffici dell’epoca: tale ricostruzione è stata possibile grazie ai documenti d’archivio.
Nel 1963 la GAM ricevette una cospicua collezione d’arte sperimentale da parte del critico Eugenio Battisti, in seguito alla cessazione del suo lavoro di professore di storia dell’arte all’università di Genova, dove fondò il Museo d’Arte Sperimentale Contemporanea, sede in cui erano raccolte le opere donate da un centinaio di artisti.
In esposizione nella mostra troviamo anche un esempio di arte cinetica appartenente al gruppo MID: “Disco Stroboscopico” (1965), un pannello circolare composto da piccoli cerchi affiancati concentricamente. La peculiarità di quest’opera è, appunto, la sua dinamicità e il conseguente effetto ottico creato.
Una mostra interessante nella sua autoreferenzialità, che, come da titolo, ripercorre le tappe della rinascita artistica di Torino attraverso il suo massimo polo artistico moderno.