[REPORT] Angelo Trabace: psicanalisi al pianobar | La Cartiera

Angelo Trabace, pianista nei Dimartino, si cimenta in un one man show alla Cartiera, in una serata organizzata da Rocketta in collaborazione con Picicca.

di Valentina Battini – Quando si parla di nuove frontiere della psicoanalisi, da profana, mi vengono in mente le più strambe trovate di ultima generazione, fatte di parole come “ipnosi”, “simbologia archetipica”, “controtransfert”. Tutti suoni che rimbombano nel mio cervello come un affascinante caos di concetti, di cui ammetto di conoscere ben poco. Ma stasera è chiaro che, oltre al lettino di qualche psicoanalista jungiano, anche un pianoforte può rivelarsi un utile strumento per la ricerca del sè. Posto al centro di una sala di un ristorante, con il pianista allo sgabello e i vari avventori pronti a chiedere canzoni e a intavolare conversazioni, in tarda notte, con il musicista.

Questa è la sintesi di “Io non so più chi suono. Crisi di identità al pianobar”, spettacolo di Angelo Trabace, conosciuto ai più per essere il pianista della band Dimartino, che giovedí 26 Gennaio, si è cimentato in un “one man show” alla Cartiera.
Le luci soffuse, l’atmosfera raccolta del locale ed il pianoforte sul palco costituivano la cornice perfetta per uno show che definirei “piano bar avanguardistico”. Con una giacca di paillettes dorate, che fa un po’ Elton John e un po’ varietà anni ’60, Angelo fa il suo ingresso sulla scena ed è lí che inizia lo spettacolo, un ibrido tra cabaret e canzone teatro che travolge tutti con la poesia dei suoi grotteschi personaggi e le risa dei suoi sketch. Funambolico e dinamico, suona, si alza e si traveste presentandoci i vari tipi umani di cui è venuto a conoscenza, durante gli anni dell’università a Bologna, quando faceva serate di pianobar. Una sequela di personaggi prende forma sul palco, da Rosanna Futura, che, avvolta in un boa di piume, ricorda la “Gradisca” felliniana, al “cameriere Rocco” colorito e sensuale uomo del sud dalle improbabili velleità artistiche. Il tutto intervallato da pezzi come “Roberta” di Peppino Di Capri, o “Spaghetti a Detroit” di Fred Bongusto, pezzi indimenticabili e perfettamente in linea con la tradizione “tutta italiana” da pianobar. Non mancano siparietti irresistibili, e continue interazioni con il pubblico che scoppia in fragorose risate, come quando Angelo canta, imitando Guccini e Cremonini, l’etichetta di alcune bottiglie di vino, facendo diventare frasi come “sapore di bacche rosse” o “tannini equilibrati” strofe di una canzone d’autore.
Ma oltre ad un variegato repertorio dal sapore vintage emerge anche la sua capacità di cantautore, con pezzi poetici e malinconici come “La vedova” o “La signora Dalí.”

La serata si chiude tra gli applausi e le risate del pubblico soddisfatto e divertito, per avere assistito, nel cuore di Catania, non solo ad uno spettacolo estremamente divertente ma ad un vero esercizio di psicoanalisi, in cui il musicista, con il suo pianobar avanguardistico, stigmatizza i personaggi che ha incontrato lungo la sua strada e se ne libera in una catarsi che si dispiega tra i tasti bianchi e neri.
Se la crisi di identità produce questi mirabolanti risultati, c’è da sperare che Angelo Trabace non riesca nell’impresa di ritrovarsi nei meandri dei suoi personaggi.