Amelia Rosselli e le Variazioni sulla Libellula

Camilla Sandri e Roberta Lanave riscoprono Amelia Rosselli e la portano su palco del Teatro Gobetti l’11 e il 12 gennaio con un movimento che parte dalla paranoia alle definitive Prove di volo. Ma prima, Maria Borio, alla libreria Bodoni, ripercorre l’arte di questa figura misteriosa.

di Giorgia Bollati  –  Profumo di carta e vortici di ali nell’aria, il silente ronzio che aleggia sotto gli archi della Libreria Bodoni. Lunedì 9 gennaio, alle 18:30, le calde voci di Camilla Sandri e di Roberta Lanave costruiscono un delicato ritratto di Amelia Rosselli, in un informale dialogo con Maria Borio, poetessa e dottore di ricerca in letteratura italiana e curatrice, tra gli altri, del volume monografico di Nuovi Argomenti sulla poetessa.

Conosciutesi all’Accademia teatrale dello Stabile, le due attrici propongono per la stagione drammaturgica 2016/2017 Variazioni sulla libellula, un trittico nato da Storia di una malattia e La libellula (panegirico della libertà) posto sotto una luce cara all’autrice: la variazione. Per preparare il pubblico alla visione dello spettacolo, le tre artiste prendono per mano gli ascoltatori e li guidano in un cammino tra gli spazi metrici di una poetessa troppo poco conosciuta che ha dipinto, con la musicalità delle sue sillabe, un mondo fatto di sogni, stelle e luci, ronzii, canti e urla, amore, violenza e paranoie.

Partendo dal testo centrale costituito da La libellula (panegirico della libertà), Camilla Sandri e Roberta Lanave hanno preparato uno spettacolo alla ricerca di un linguaggio, di una modalità espressiva che permettesse di mettere in scena dei versi poetici: non sapendo come dare veste drammaturgica a uno scritto lirico, hanno pensato di farsi guidare dal “non lo so” della Rosselli, ponendosi nel suo stesso pericolo e abbandonandosi alla sperimentazione. Alla stessa età che l’autrice aveva quando scrisse il poemetto, le due donne possono indire un’indagine sul significato della creazione, compiendo in questo modo una riflessione sull’arte e sulla sua consistenza.

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Maria Borio, in questa serata introduttiva, illustra a grandi linee la poetica di Amelia Rosselli, ne sottolinea la musicalità programmatica che deriva dalla profonda educazione musicale ricevuta, di cui la donna parlò con Giacinto Spagnoletti nell’intervista pubblicata nel 1987 da Garzanti, e che, nella sua facilità di fascinazione, si oppone all’oscurità della parola. La sua è una scrittura che, nel rapporto tra sillaba, suono complesso e spazio (come luogo semantico e di significato), nasce come composizione musicale dell’inconscio, prevaricando la logica della sintassi. Ma risulta troppo facile parlare di neoavanguardia e lei stessa, in La libellula, versifica il suo singolare rapporto con il movimento: “E io/ lo so ma l’avanguardia è ancora cavalcioni su/ de le mie spalle e ride e sputa come una vecchia/ fattucchiera”. Amelia Rosselli, figlia dell’inglese Marion Cave e di Carlo Rosselli, costituisce una figura anomala e singolare nel panorama letterario, a partire dalla sua storia di donna apolide, eternamente divisa tra città e lingue diverse, che fa del suo non appartenere a nessun luogo una condizione esistenziale. È una donna spaccata in nuce, che trova consistenza nella trasfigurazione in molte maschere (da figure femminili appartenenti alla tradizione mitica a simboli cristologici) dei rapporti con la madre e con il padre, e che raffigura nella sua opera un costante conflitto tra due istanze opposte e il confrontarsi di un “tu” e un “io” perennemente contrastanti in una relazione che è quasi sempre quella tra padre e figlia o quella tra due amanti.

La figura dell’uomo riprende il ricordo dell’eroe positivo che è stato per lei il padre Carlo, con derive violente che portano allo spasmodico affiorare dell’immagine dell’amante, Rocco Scotellaro, Mario Tobino o ancora Carlo Levi. Si tratta dunque di una poesia dell’inconscio, che prevede uno scavo nel profondo della psiche e costituisce uno sperimentalismo interiore legato alla psicanalisi. Come dice Roberta Lanave, il verso musicale e tormentato della Rosselli risuona in anfratti profondi della sensibilità umana ed echeggia fiorito “di altre altitudini” nel silenzio della libreria Bodoni, dove tutto è immobile e il tempo quasi sembra essersi fermato.

Un’ode all’arte prima che a una donna, uno spettacolo che ripropone di fronte a un pubblico la nudità di una poetessa che ancora una volta potrà dire: “Io non ho nessun appello/ e nessun credo con cui cominciare il mio lungo/ appello, dunque silenti siate notti regali come/ il fiore che sfiorisce”.