I ragazzi speciali di Miss Peregrine bastano a promuovere Tim Burton?

Pur mantenendosi al di sopra della media, il regista americano sembra aver perso il tocco magico dei film degli esordi. L’ultimo apprezzabile ma prevedibile “Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali” non fa eccezione. Che ne è stato del “ragazzo speciale” che ha incantato una generazione? 

di Pier Allegri  –  A Tim Burton non si riesce di volere male. Al massimo, si potrebbe essere delusi da alcuni dei suoi ultimi lavori come “Dark Shadows” o “Big Eyes” che spaziano dal deludente all’accettabile, con alcune eccezioni come “Frankenweenie” che, però pur essendo un film di qualità (candidato all’Oscar, per essere chiari), non raggiunge comunque i livelli del Burton anni ‘90 e primi 2000, capolavori come “Sleepy Hollow”, “Ed Wood” e “Edward Mani di Forbice”. L’ultimo lavoro del regista californiano, “Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali”, tratto dal romanzo best-seller di Ransom Riggs su un orfanotrofio di fanciulli con poteri peculiari persi nel tempo, mostri invisibili e donne uccello, anch’esso non raggiunge i livelli del primo Burton, presentando una storia sì consona all’immaginario burtoniano, ma povera nello scorrimento e superficiale nell’approfondimento dei personaggi.

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Ovviamente, se un regista di qualità inferiore (o almeno privo di una vera e propria estetica) avesse diretto questo film, avrebbe sicuramente suscitato più interesse e sicuramente più plauso dalla critica e dal pubblico, ma dal momento che da quasi 15 anni si attende un ritorno alla carica di Burton, tutto ciò non è abbastanza.

Non basta un cast sontuoso con attori del calibro di Eva Green (nuova dark lady di Burton), Judi Dench, Rupert Everett (simpatici i cameo, eh) e Samuel L. Jackson alla prima dimenticabile collaborazione col regista. Non basta la sceneggiatura di Jane Goldman (“Kingsmen – Secret Services”, “X-Men First Class”) che fallisce nell’intento di una narrazione approfondita e interessante di una storia con enorme potenziale. Non basta più l’estetica naive dell’immaginario burtoniano di costumi, scenografia e fotografia (sempre bellissima sia chiaro).

D’altro canto però, volendo essere del tutto onesti, “Miss Peregrine” riesce a superare le tiepide aspettative che ormai sembrano accompagnare l’uscita dei film del regista di Burbank, con alcune piccole trovate e citazioni che solo un genio cinefilo come lui potrebbe trovare. Più esemplare fra tutte, la scena del molo, dove un esercito di scheletri in stile stop-motion (che rimandano a uno dei film più cari al regista, “Jason and the Argonauts” del 1963) combattono mostri invisibili in costosissimo CGI, una parodia del nuovo cinema usa-e-getta per teenager che si scontra con i valori del cinema fantastico precedente all’arrivo del digitale. Una vera e propria lotta tra mostri del cinema, del passato e del presente, ma amati entrambi dal regista perché pur sempre mostri suoi figli. “Miss Peregrine”, insomma, non è abbastanza per i parametri del genio di Burton. Ma è già qualcosa.