[REPORT] Il black focus di Jazz:Re:Found

Il racconto delle numerosissime performance che hanno animato la settimana targata Jazz:Re:Found tra rime e groove, beat e jam. Un block-party sabaudo che ha coinvolto tante location (dal centro storico alla periferia) e tanti generi musicali (dall’afrobeat alla techno). 

Mercoledì 7 
Spoiler: la jam infinita degli Yussef Kaamal, la battle rap tra Torino e Milano, il local hero Ensi e il “The Get Down Party” officiato da Grandmaster Flash. 
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La prima giornata di quest’edizione del Jazz:Re:Found si gioca tutta in pochi kilometri, tra Spazio 211 e Spazio Dora, e come comune denominatore c’è l’hip hop, dalle sue profonde radici fino agli esponenti più freschi del panorama internazionale.
Ad aprire le danze sul palco dello sPAZIO 211 ci pensano gli Yussef Kaamal, duo londinese fresco di debutto discografico con il raffinatissimo lavoro “Black Focus”. Yussef Dayes e Kamaal Williams, rispettivamente alla batteria e alle tastiere, con l’accompagnamento di basso e chitarra abbandonano le sonorità morbide e curate dell’album per lanciarsi in una jam ruvida, imperfetta e senza regole, in cui i primi a divertirsi insieme al numeroso pubblico sono proprio loro due che, posizionati uno di fronte all’altro, non smettono mai di guardarsi e ridere. La vera attrattiva degli Yussef Kaamal, oltre alle originali composizioni in cui si sposano con successo il gusto delle strumentali hip hop e la fantasia del jazz, è l’abilità di Yussef nel tessere sulla batteria articolate trame ritmiche, che suona con un trasporto tale da chiedersi perplessi a fine live come possa mantenere quella intensità per tutto il concerto.
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A seguire, una divertente sfida a colpi di rime condotta da Ensi che ha visto pacificamente opposte due fazioni: da una parte gli Augusta Taurinorum, ovvero gli amici Willie Peyote, Shade e Lince, dall’altra la crew milanese dei Microfili, tra i quali ricordiamo Nerone, l’ultimo vincitore del programma Mtv Spit (le edizioni precedenti sono state vinte proprio dai qui presenti Ensi e Shade: un tris di assi del freestyle riunito sul placo di JRF). La battle, arricchita da una veloce esibizione degli abili ballerini di breakdance della compagnia Double Struggle, è stata organizzata dal festival per creare un clima degno della serie tv The Get Down in onore dell’headliner della serata, ovvero il pioniere dell’hip hop Grandmaster Flash. Per dovere di cronaca, la vittoria della battle è stata assegnata  – per acclamazione popolare – ai tre rapper torinesi, nonostante fossero un trio improvvisato e meno organizzato dei Microfili, una crew vera e propria in attività tra le strade di Milano fin dal 2009.
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Per assistere all’esibizione di Grandmaster Flash, aperta da un infuocato Ensi, ci si sposta allo Spazio Dora, ex discoteca Notorius, una location capiente e poco conosciuta ai più, sagacemente sfruttata quest’anno dal Jazz:Re:Found. Peccato invece che il set di Grandmaster Flash deluda le aspettative: da una figura così importante nella storia della musica contemporanea, entrata nel 2007 nella Rock and Roll Hall of Fame. Con qualche scratch di tanto in tanto e fastidiose (e frequenti) interruzioni delle tracce per far urlare il pubblico, seleziona grandi hit della storia della musica nera sistemandole in ordine cronologico: inizia dalla disco di Michael Jackson e KC & The Sunshine Band, passa per poco dall’hip hop della golden age per poi arrivare all’inaspettata tamaraggine moderna di Kanye West e Major Lazer, suonando poi alcuni pezzi che è quasi meglio non ricordare, ma che potremo facilmente riascoltare in tutti i villaggi vacanze nel periodo estivo. Un’ulteriore delusione è il modo in cui è riuscito a far passare un po’ in sordina la sua hit The Message, senza creare alcuna attesa o cercare di coinvolgere il pubblico (come ha fatto in modo esasperato per altri brani non prodotti da lui), ma anzi schiacciandola frettolosamente tra un pezzo dei Cypress Hill e uno di Snoop Dogg. Era lecito aspettarsi qualcosa di più vicino alla lezione di filologia hip hop del veterano DJ Premier, tra gli highlights dell’edizione dell’anno scorso? Insomma, l’eroe di The Get Down ci ha fatto divertire ma l’ha buttata un po’ troppo in caciara…
Menzione speciale infine ai tanti stilosissimi avventori della serata che si sono esibiti in passi di breakdance ritagliandosi un piccolo cerchio nella folla, un’attività certo meno comune del più banale pogo.
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Yussef Kaamal e swag sulla decappottabile
Giovedì 8
Spoiler: il Paese dei Vinili di Mr. Scruff
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Come se non fosse bastato il clamoroso pacco rifilato a poche settimane prima dall’inizio del festival dai De La Soul, proprio nel corso della giornata di giovedì arriva la nefasta comunicazione di un ricovero in ospedale di Chris Illingworth, il pianista dei GoGo Penguin e di conseguenza salta inevitabilmente la loro esibizione prevista in serata al Cap10100 (con la promessa di un recupero della data nel corso del 2017, a cui potrà accedere senza ulteriori pagamenti chi ha acquistato il biglietto in prevendita). Al loro posto vi è la sostituzione di classe offerta dal set di Passenger, inizialmente previsto per domenica, che con stile ci traghetta verso l’headliner della serata: alle 23 attacca Mr Scruff. Lui è come lo zio un po’ strano che dalla cantina tira fuori la sua collezione di vinili e te la fa ascoltare con amore maniacale, ma è molto improbabile che tuo zio sia nel roster della Ninja Tune, una delle etichette indipendenti più importanti del mondo, e possa contare su una collezione di svariate migliaia di album. Mr Scruff, in un fantastico 100% vinyl set ci accompagna per più di 3 ore in un viaggio intorno al mondo attraverso i generi musicali da lui prediletti: dallo scatolone di vinili al fianco della consolle tira fuori perle tropicaliste, funk, afrobeat, reggae, electro in una selezione dall’intensità sempre crescente. In un graditissimo omaggio alla città di Torino, suona durante la “sezione ska” del suo set “One step beyond” dei Madness, ma nella versione degli Statuto con tanto di intro in italiano del buon Oskar. Mr Scruff si conferma un artista tanto esperto ed importante quanto umile, ironico ed accessibile a tutti, ed offre sicuramente una delle migliori esibizioni dell’intero festival, nell’attesa dei numerosi dj set previsti nella giornata di venerdì. Per chi non avesse avuto l’opportunità di ascoltarlo o di usare in modo ossessivo l’app Shazam, sul sito ufficiale di Mr Scruff c’è la possibilità di ricevere via mail l’intera scaletta dei brani della serata.
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Mr. Scruff e la sua infinita collezione di vinili
Venerdì 9
Spoiler: il funk ribelle del Colle Der Fomento, il giro del mondo in ottanta vinili di Gilles Peterson e il groove killer di Sadar Bahar.
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Non si può non apprezzare l’abilità con cui gli organizzatori del festival hanno gestito la situazione di emergenza causata dal forfait dei De La Soul, riuscendo ad offrire al pubblico una serata di altissima qualità. La lunga notte di venerdì è costellata infatti da grandi nomi della musica black in tutte le sue diramazioni e significati: dal rap italiano della vecchia scuola fino all’house americana più contaminata.
Si parte purtroppo più tardi del previsto con l’esibizione dei romani Colle der Fomento che, nonostante passino spesso da Torino, non si risparmiano mai e sono sempre una presenza gradita. Infiammano il pubblico sparando uno dopo l’altro i pezzoni della loro carriera pluriventennale, estratti soprattutto dall’album “Anima e Ghiaccio”, con una scaletta che negli anni non ha subito particolari variazioni. Nonostante non siano necessarie ulteriori spiegazioni sulla figura di Danno, confermiamo anche dopo questa esibizione che con i suoi testi, la sua attitudine e con i discorsi appassionati lui si riveli come uno dei pochi veri padrini dell’hip hop italiano, una predicatore del Culto Rap oltre che un mc strepitoso, che dovrebbe essere nominato al più presto Patrimonio dell’Unesco.
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Mentre il pubblico riempe copiosamente lo Spazio Dora, inizia il suo set l’inglese Gilles Peterson, DJ di spicco di BBC Radio, produttore discografico fondatore dell’importante etichetta Acid Jazz (label di Jamiroquai e James Taylor Quartet, per dirne due), grande collezionista di vinili, insomma una figura che rispecchia a pieno lo spirito del Jazz:Re:Found. Accompagnato da un vocalist, dà inizio alla sua esibizione nel modo più stiloso possibile regalandoci un remix elettronico di Acknowledgment di John Coltrane, per poi trasportare gli ascoltatori tra le strade di Kingston Town davanti ad un sound system jamaicano che spara dalle casse reggae e dub carichi di bassi, con incursioni selvagge nella musica jungle e drum ‘n’ bass.
Se questo festival fosse una gara a chi porta i vinili più rari e la musica più originale e coinvolgente, un altro nome in lizza per la vittoria sarebbe quello di Sadar Bahar, terzo act della serata. Protagonista di recente di un’epica Boiler Room, l’americano regala un set che difficilmente si riesce a sentire in giro, in un continuo equilibrio tra il funk più sporco e pericoloso, groove retrò irresistibili e deep house. Ci sono classici della pista da ballo come “Street Player” dei Chicago, la profondità dell’elettronica di Glenn Underground, rarità varie e tanti altri pezzi che ogni amante del genere dovrebbe custodire gelosamente in una playlist.
Infine, per chi ha ancora forza nelle gambe e lucidità nella testa, insieme alle prime luci dell’alba arrivano anche i set di Dj Khalab e Clap Clap, per tutti gli altri non rimane che aspettare la sera di sabato, forse la più attesa di tutto il festival.
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Colle Der Fomento nel backstage del video di "Sergio Leone" - Photo credits: Giulia Mucci
Colle Der Fomento nel backstage del video di “Sergio Leone” – Photo credits: Giulia Mucci
Sabato 10
Spoiler: il trip cosmico dell’ensemble di James Holden, il bagno di folla per Tony Allen e l’incredibile “orchestra house” degli Underground Resistance. 
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Tre location differenti, grandi artisti in cartellone, grande risposta di pubblico: il sabato di Jazz:Re:Found, giornata simbolo dell’edizione, è stato sia conferma definitiva della qualità del festival ma anche punto di partenza per un futuro da pensare sempre più in grande.
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Gli appuntamenti della serata sono tanti e perciò si inizia sul presto: intorno alle 19 alla Scuola Holden, con non poca ironia da parte dell’organizzazione, c’è James Holden. Tra i maggiori esponenti dell’elettronica sperimentale, dopo essere passato qualche anno fa dalle parti di Club to Club, Holden si esibisce davanti a pochi fortunati presenti nell’anfiteatro interno alla scuola con un set difficilmente descrivibile a parole. Oltre ai suoi sintetizzatori e strumentazioni elettroniche varie, ci sono sul palco una batteria acustica, un percussionista e due talentuosi ragazzi ai fiati. Questi strumenti arricchiscono ritmicamente ed armonicamente gli ipnotici arpeggiatori del produttore inglese, così che il concerto sembra a tratti una suite di un ispirato gruppo progressive/kraut anni ’70 più che un semplice live set. Non si può che sperare di rivivere al più presto una simile magia.
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In prima serata arriva un altro nome di punta di quest’edizione, ovvero il re dell’afrobeat Tony Allen. Il Jazz:Re:Found accoglie il batterista nigeriano nel migliore dei modi, riempiendo la grossa venue del Cap10100 fino all’orlo di fan calorosi e curiosi di ogni età e provenienza. Presentare Tony Allen è utile come presentare autorità del calibro di Louis Armstrong, quindi poco, e per rendergli onore basta ricordare sprazzi della sua carriera lunga più di 40 anni, in cui si è trovato a suonare con gli Africa 70 di Fela Kuti ed a collaborare più recentemente con Damon Albarn nella band alternative rock The Good, the Bad & the Queen. Il concerto fila liscio come l’olio per la maestria dei musicisti intorno ad Allen, così come per il suo tocco magicamente leggero su piatti e rullante. Dopo un’ora e mezza di groove africani ed interventi in un inglese poco comprensibile, chiude con uno dei suoi grandi classici, “Secret Agent”.
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James Holden lo sciamano
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Così ci si ritrova ad affrontare il terzo (ed un po’ esagerato per la distanza dal Cap10100) cambio di location: gli ultimi grandi show della serata sono al Teatro Concordia di Venaria. Prima di grandi dj techno e house come Soichi Terada e Joe Claussel, esibitisi a notte fonda, sul palco del teatro arriva con enorme classe lo storico collettivo Underground Resistance. Tra i maggiori esponenti della techno di Detroit, contaminata dall’acid jazz e dall’house, i produttori hanno presentato per l’occasione il loro progetto “Timeline”, cioè la versione live band del movimento elettronico. L’esibizione è estremamente divertente, e fa sembrare il sax uno strumento nato fin dalla sua origine per essere suonato sopra la cassa dritta e un tappetto di synth pulsanti. Anche chi non conosceva il progetto ed è finito davanti al palco di Venaria per curiosità ha potuto comprendere dopo l’esibizione la grande levatura artistica degli Underground Resistance e, come per la maggior parte degli artisti di cui abbiamo parlato finora, non si può che ringraziare il Jazz:Re:Found per averli portati dalle nostre parti facendoci sentire per un attimo tutti più black, aperti alle contaminazioni e al passo coi tempi.
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a cura di Corrado Iorfida

 

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Difficile star dietro a tutte le performance in programma, tra spostamenti, accavallamenti e fisiologica stanchezza. Un plauso a tutti gli artisti che per un motivo e per un altro non vengono menzionati nel nostro resoconto.