Il racconto del concerto dei Pop_X al Tunnel di Milano tra avanspettacolo e weird-pop.
Mattia Nesto – Atteso come pochi quest’anno, la release dell’album dei Pop_X ha fin da subito destato una grande, grandissima attenzione su tutti i social. Il passaggio all’etichetta Bomba Dischi (quella, tra gli altri, di Calcutta) ha portato la band di Trento ad un’esposizione mediatica impressionante: dalla data dell’annuncio dell’uscita di Lesbianity, tutti si sono sentiti in dovere di esprimere un parere sulla band di Davide Panizza&company, giudizi, va detto, il più delle volte lusinghieri.
Anche sulla stampa, sia specializzata che più mainstream, i Pop_X hanno iniziato a farsi conoscere ad un pubblico più ampio. Attivi, più o meno, dal 2004, il 2016 (anche a giudicare dalle date live raggranellate in lungo e largo per la Penisola) è stato il loro anno. E allora venerdì 2 dicembre quale occasione migliore per andare ad ascoltarli dal vivo, al Tunnel Club di Milano, a due passi dalla Stazione Centrale (anzi, in realtà, all’interno della stazione stessa, in un locale ricavato dal muro di cinta)?
Un concerto dei Pop_X non può essere né compreso appieno né descritto in maniera degna se si utilizzano il lessico “istituzionale” da concerti: il loro è un vero e proprio (avan)spettacolo, molto più vicino, e come mondo e come immaginario, ad una rappresentazione teatrale, ad una festa buffa piuttosto che ad un concerto tout court. Tuttavia ci sono sempre le canzoni, le canzoni cantate a memoria da tutto il pubblico del Tunnel, che fanno da collante all’intera serata. La strumentazione è praticamente assente, una tastierina, un pattern suonato alla bell’e meglio e, naturalmente, un microfono usato come una sorta di ascia-falce da Davide Panizza. Già perché la carica dei Pop_X è, soprattutto, una carica distruttiva e brutale, una violenza, sparata dritta in faccia, che parte dal lessico delle loro canzoni, una su tutte “Secchio”, e poi arriva agli atteggiamenti sul palco, un vero e proprio party selvaggio messo in scena, senza censure, senza cinture e, in particolar modo, senza rete. Si gioca con le parole, con i doppi sensi e con l’abuso della propria vita: ad un certo punto, ancora prima che il concerto abbia inizio, c’è una rincorsa a salire sul palco da parte di, praticamente, tutto il pubblico.
La parata selvaggia del “ghei della Nike”
La distanza tra spettatore e “teatrante” è azzerata: la quinta parete si sbriciola letteralmente davanti ai nostri occhi e il palco si affolla di gente. Ma ecco che, tra “tra un lazzo, un vezzo e un gesto istrione” (non a caso i Pop_X nascono da un “fatale incontro” durante una rappresentazione del Don Giovanni), Davide Panizza richiama tutti al (dis)ordine: “Fuori dal palco, via tutti, scendete!”, ecco cosa le parole/ordini che si potevano leggere sullo schermo del portatile. Dopo che la “calma” è tornata, all’improvviso, partono le note di “Cattolica” e la bolgia inizia. Stare in mezzo, nel centro esatto del pubblico, della balotta più profonda dei fan di Pop_X è un’esperienza quasi mistica: bastano poche note di “Azzurra” perché ogni spazio vitale si assottigli sino allo zero. Ed ecco che, in un movimento uguale e diverso ad un classico pogo, ci si ritrova sballottato da un lato all’altro del locale. Nella calca, come una parata selvaggia, si possono notare braccialetti colorati, magliette con scritto “Ghei della Nike” (come l’omonima canzone) ed addirittura un secchio gettato dal palco e passato di mano in mano quasi in un moto religioso, una specie di reliquia pagana e come tale, alla fine, lacerata, rotta e distrutta nel momento esatto in cui gli dei muoiono, gli spiriti ribollono e la festa non finisce.
Le canzoni di Pop_X sono letali e si avvicendano una dietro l’altra: “Mister V” sembra quella più solida, anche e soprattutto per una capacità di scrittura elevatissima di Panizza che riesce a rendere il linguaggio del sesso alla stregua del linguaggio colloquiale (non il contrario, visto che se così fosse non farebbe nulla di diverso da un ragazzo qualunque un po’ zarro, mentre il trentino è raffinatissimo nella sua specifica brutalità). Ancora una volta Bomba Dischi ci ha visto lungo e ha regalato una serata difficilmente da scordare: Io centro con i missili è stato, per molti, l’inizio di tutto. Ieri sera non è stata la fine di niente ma forse l’ultimo tassello che mancava alla più grande band di cantautorato-trash-elettronico-postmoderno oggi in Italia.