Snowden, il prezzo della moralità?

Oliver Stone alle prese col caso Snowden. 

di Luigi Affabile –  Bentornato Oliver Stone. A quattro anni di distanza dal suo ultimo film (“Le belve”), il regista statunitense fa il suo ritorno con un film coraggioso. Questa volta ci parla della sorveglianza di massa, attraverso la vita di chi ha aperto gli occhi al mondo: Edward Snowden. Ormai celeberrimo informatico statunitense, ex tecnico della CIA e collaboratore della Booz Allen Hamilton (azienda consulente della National Security Agency). Nel giugno 2013, attraverso il contributo di Glenn Greenwald, giornalista del The Guardian, rivela pubblicamente informazioni segrete governative, come il programma di intercettazione telefonica tra USA e UE e programmi di sorveglianza internet. Gli Stati Uniti gli revocano il passaporto e lo accusano di spionaggio. Oggi Snowden vive a Mosca, grazie a un permesso di soggiorno temporaneo rilasciatogli nell’agosto del 2014.

La descrizione, quasi perfetta, di un eroe moderno. Il film di Stone è basato sulla biografia di Edward Snowden ricavata soprattutto dai libri The Snowden Files di Luke Harding e Time of the Octopus di Anatoly Kucherena. La regia del tre volte Premio Oscar è attraente e precisa. Meno tecnico e profondo di Citizenfour, capolavoro firmato Laura Poitras che nel 2015 vinse l’Oscar al miglior documentario, “Snowdenè impostato su due linee temporali diverse. Il film parte subito dall’incontro tra Snowden, interpretato da un sorprendente Joseph Gordon-Levitt, vera anima del film, e i giornalisti Glenn Greenwald (Zachary Quinto) e Ewen MacAskill (Tom Wilkinson).

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Attraverso flashback il film ripercorre gli eventi chiave della vita dell’informatico statunitense, come il congedo dalle Forze Speciali, il colloquio alla Cia e l’incontro con la compagna Lindsay Mills, interpretata dalla rivelazione Shaleane Woody, che insieme a lui condividerà il peso delle sue scelte, le ansie e le paure. Modesta e sufficiente l’interpretazione di Nicholas Cage e Scott Eastwood, rispettivamente nei panni di Hank Forrester e Trevor James.

“Snowden” è un film delicato e spietato, ma soprattutto è un film politicizzato. Oliver Stone si schiera dalla parte del protagonista, evidenziando la moralità e il coraggio della sua scelta. Le musiche di Craig Armstrong, hanno la capacità di trasmettere emozioni continue, catapultandosi prepotentemente in ogni singola scena. Magari a tratti romanzato, il film scorre in modo semplice e lineare. Il nuovo lungometraggio di Stone, insomma, non delude le aspettative. Il regista ci mostra un mondo governato dalla paura, senza dimenticare che le immagini che scorrono per più di due ore davanti ai nostri occhi, fanno parte della realtà. La luce che contrasta questa realtà è caratterizzata dagli ideali di un giovane informatico.

Un 1984 moderno? Chi ha letto il libro 1984 di George Orwell, avrà sicuramente trovato una somiglianza tra il protagonista del celebre romanzo, Winston Smith, ed Edward Snowden. Smith, nel libro, è un impiegato di un’organizzazione incaricata alla riscrittura della storia. Il suo compito è quello di censurare qualunque informazione scomoda, non ritenuta in linea con le idee imposte dal regime. La sua vita va avanti in modo uguale e triste, fino a quando il suo desiderio di libertà e la sua voglia di cambiare il mondo lo sveglieranno da quell’incubo reale. Lo stesso incubo che ha tormentato le notti di Snowden.

Questo film più che farci riflettere, ci farà vergognare. Oramai passiamo giorni che sembrano interminabili, contemplando un mondo ovattato, attraverso lo schermo di uno smartphone, di un computer. La parola “ideale” fa paura solo a sentirla, oppure fa comodo così. “Snowden” ci fa sentire piccoli e vuoti, di fronte a un uomo che ha scombussolato il suo equilibrio per i suoi valori. Un uomo che ha avuto semplicemente il coraggio di condividere il resto della vita con la sua moralità.

«La libertà più grande che ho guadagnato è quella di non preoccuparmi più di cosa accadrà domani, perchè sono felice di ciò che ho fatto oggi»