Unire due cantautori per un progetto un po’ pazzo, molto strano e di sicuro fascino. Sono queste le idee che ci sono frullate in testa quando abbiamo ascoltato i pezzi che formano “Drugstore”, l’album di Pier Cortese e Roberto Angelini, uscito per Gas Vintage Records e distribuito da Goodfellas.
di Mattia Nesto – Questo disco è il secondo capitolo di “Discoverland”, ovvero di un percorso di riscoperta e re-interpretazione di pezzi più o meno famosi del pop, della disco e del rock. Visto che domenica 4 dicembre i due suoneranno al Cortile Cafè nell’ambito de La Fabbrica Live non potevamo proprio farci scappare questa ghiotta occasione: abbiamo raggiunto al telefono Pier Cortese per soddisfare la nostra curiosità.
Drugstore si può intendere come il secondo capitolo di Discoverland, una specie di viaggio attraverso la storia della musica: non soltanto un’esplorazione però ma anche una vera e propria opera di riscrittura e ri-arrangiamento dei pezzi. Com’è stato questo percorso?
“Ormai è un percorso che dura da più o meno sei anni ed è un percorso che ci diverte sempre un mondo. Lo dico sempre: non potremmo andare così d’accordo io e Bob se non provassimo un vero piacere nel suonare assieme. Finché questa proviamo questi sentimenti, assolutamente vicendevoli non ci fermeremo! Detto questo, per parlare più del disco, Drugstore è un emporio dove ci stanno tanti prodotti, tante merci differenti che uno può prendere dagli scaffali a piacimento. È tutta roba originale, che magari parte da un qualcosa di noto e conosciuto ma che poi diventa qualcosa di molto diverso. Nel realizzare quest’album io e Bob abbiamo cercato di superare a piè pari il concetto di cover, di tribute band. Iniziato qualche anno fa, vedo con piacere che anche dai talent questa corrente di pensiero si sta facendo strada: speriamo si allarghi a macchia d’olio sempre più.”
Lavorare assieme a un personaggio Roberto Angelini, che si porta, letteralmente, tutt’un mondo sulle spalle, che cosa ha voluto significare per te che, altrettanto, hai la tua personalissima storia, non soltanto artistica.
“Bob è innanzi tutto un amico poi uno dei migliori musicisti con cui ho diviso il palco. È il tipo di persona con la quale è bello anche dividere una stanzetta di albergo in una città di provincia dove si suona la sera, con la quale si può sopportare senza troppi problemi i ritardi del treno, gli arrivi e le partenze. Insomma Bob è un compagno di viaggio, reale e musicale, fantastico!”
Domenica suonerete al Cortile Cafè. Sapete dire ai lettori di OUTsdiers Webzine che concerto sarà? Ammesso vi possa essere un vostro concerto-tipo…
“Beh noi siamo abituati, da sempre, a mischiare le carte. Quindi suoneremo sul palco strumenti della tradizione, per così dire, come la chitarra acustica, ma anche utilizzeremo l’ipad per intarsi di musica più elettronica. Cerchiamo di non rimanere relegati in un genere o in un determinato tipo di suono ma aspiriamo alla contaminazione il più possibile. Poi, voglio dire, il modo migliore per sapere come suoneremo è venirci a trovare, no?!”
Una delle cover più riuscite dell’album è quella di “Lucy in the Sky with Diamonds” perché si sente fortemente una grande gioia erompere dal pezzo, come se si foste divertiti assai a registrarla.
“Hai colto esattamente lo spirito non solo di questa specifica canzone ma anche dell’intero album. Lucy in the Sky with Diamonds è stato un vero divertimento da suonare, così come anche altre. Una vera e propria “presa bene”, come diciamo qui a Roma!”
Proseguendo sul lato prettamente musicale, la versione blues di “Stayin’ alive” come vi è venuta in mente?
“Se avessi fatto questa domanda a Bob ti avrebbe detto di chiedere a me, visto che sono io il responsabile della cosa. (Risate). A parte gli scherzi non c’è una spiegazione per questa versione. Così come gli inediti anche i rifacimenti delle canzoni nascono tutte le volte un po’ così, perché magari si ha l’impressione che quel pezzo nasconda una natura lasciata in ombra e la si vuole scoprire. Certe volte queste intuizioni sono sbagliate e il risultato è una solenne cagata. Altre volte c’è del buono in questa lampadina che s’accende e allora bisogna muoversi a suonarci sopra che si rischia ne venga fuori un gran pezzo.”
Ma, come ultima domanda, non possiamo non chiedervi: chi tra di voi è il vero superfan della disco-music? E avete mai comprato un paio di pantaloni a zampa?
“In realtà nessuno dei (risate), anzi se devo dirla tutta i nostri gusti sono molto ma molto distanti da quel mondo lì. In fondo l’intento principale dell’album era appunto quello di prendere qualcosa di abbastanza lontano dal nostro retroterra musicale e di portarlo “nella nostra stanza”, di farlo nostro. In alcune occasioni è stato più facile, sto pensando a Battiato o Paolo Conte, ma lì la sfida era doppia perché bisognava omaggiare senza far vedere di omaggiare, cioè senza essere pedissequi. Per una canzone disco-dance, anche se da giovani l’abbiamo ballata tutti, la difficoltà era quella di dargli una natura profonda e, diciamo così, adulta. Speriamo di avercela fatta a fargli prendere la Maturità a questa canzone qui! (Risate)”