Una chiacchierata esplicativa con Demetrio Chiappa sull’operato della Doc Servizi (cooperativa leader in Italia nel settore spettacolo) e sulla situazione dei liberi professionisti legati al mondo dell’Arte in Italia.
Mattia Nesto – “Con la cultura non si mangia!”. Quante volte abbiamo sentito questa frase eppure, nonostante tale vulgata comune, i dati paiono andare in tutt’altra direzione: basta infatti fare un giro per una mostra d’arte o per un festival di musica per accorgersi che, soltanto paragonati a qualche anno fa, i numeri di presenze e spettatori sono aumentati in maniera esponenziale. Eppure per poter lavorare nel mondo della cultura e dello spettacolo spesso e volentieri si deve ricorrere “a seconde vie” come, ad esempio, il sommerso, il cosiddetto “nero” più croce che delizia di questo mondo.
Per andare a comprendere “come si possa sopravvivere al mondo moderno” abbiamo raggiunto telefonicamente Demetrio Chiappa, Presidente di Doc Servizi, la cooperativa leader in Italia nel settore spettacolo.
26 anni di gloriosa attività nel settore delle imprese culturali e dello spettacolo: come è possibile questo, mi si consente il termine, miracolo assoluto?
“In effetti non è così semplice eppure siamo troppo appassionati per desistere. Abbiamo iniziato, giustappunto 26 anni fa, nel settore dello spettacolo e ci siamo accorti sin dai primi momenti che in quel mondo tecnici, artisti e operatori vari il più delle volte non venivano tutelati secondo quanto andavano a realizzare. Mi spiego meglio. Le norme fiscali sul libero professionista sono state pensate per figure quali avvocati o commercialisti, ovvero lavoratori che effettuano la loro professione, sostanzialmente, seduti dietro ad una scrivania e sono deducibili in maniera estremamente limitate le spese di viaggio, vitto e alloggio.
Per un tecnico del suono, un musicista ma anche un grafico per lavoro non si hanno le stesse caratteristiche: ci si deve muovere, spostare, non si può restare fermi e le spese di trasferimento erodono spesso gran parte del compenso. Per non pagare le tasse sulle spese, a causa di questa inadeguatezza e il vuoto normativo praticamente atavico alle cose italiane, il più delle volte i professionisti preferiscono essere pagati in nero: in tal maniera ottengono una cifra sicura, che non viene “erosa” da tasse che si pagano per non avere nulla in mano. Oltre 2/3 dell’incasso, al giorno d’oggi, giusto per portare dei dati concreti, vanno nelle spese: un regime non sostenibile.
Ecco perché abbiamo fondato una cooperativa. Proprio come 150 anni fa, le cooperative sono state inventate dai lavoratori per i lavoratori, rendendo minimo il rischio d’impresa e fornendo una consulenza professionale e di squadra a figure che altrimenti lavorerebbero sempre in maniera solitaria. Se io sono un professionista del settore musicale e faccio un lavoro per 200 euro ho, in automatica, 100 euro di spesa. I nostri soci pagano tutti i contributi e le tasse di legge previste per i dipendenti, ma sull’effettivo compenso, detratte tutte le spese sostenute. Se ci si affida a noi, o eventualmente ci si associa, ecco che questi rischi si evitano e si possono concorrere a bandi e concorsi che, se ci si muove a livello singolo, difficilmente si conoscerebbero.”
«Oltre 2/3 dell’incasso, al giorno d’oggi, giusto per portare dei dati concreti, vanno nelle spese: un regime non sostenibile»
Di quante persone stiamo parlando: ovvero qual è il numero di professionisti che, come soci o come semplici singole consulenze, si sono rivolte a voi?
“Il numero è ingente: sono più di 40.000 le persone che si sono rivolte a noi e quasi 6.000 sono gli attuali soci. In gran parte del settore spettacolo, anche se oggi il mondo della cultura e della creatività ci propone nuove possibilità nella cosiddetta new-economy che sono “dimenticate dai codici ATECO”, cioè dalle figure professionali previste dalla Partita IVA. In cooperativa li accogliamo tutti dando ad ognuno prima di tutto consulenze specifiche: tra l’altro non è che si debba per forza di cose aprire una partita IVA. Valutiamo caso per caso qual è la forma fiscale/previdenziale più adeguate, sempre nel rispetto della normativa vigente in materia di lavoro. Per cui, se ci sono le condizioni, può diventare socio lavoratore e lavorare come dipendente della cooperativa, oppure aprirsi la partita IVA e come previsto dal nostro Statuto e regolamento interno operare come socio lavoratore autonomo.
Qualunque sia il rapporto da socio, il suo rischio di impresa corrisponde alla sola quota sociale obbligatoria di 51,65 euro. In più si possono mettere a rete le proprie conoscenze che è un po’, in fondo, la finalità principale della filosofia che muove le cooperative. Oggi abbiamo tutti chiaro come funziona una rete, perché ci navighiamo continuamente, ma non è altro che l’evoluzione di quanto ha da sempre espresso il concetto di cooperativa quando viene espresso in modo autentico. Inoltre, chi entra a far parte della nostra cooperativa non perde le credenziali di autonomia di cui gode da libero professionista: lavora in squadra ma è padrone del proprio lavoro, con il proprio portafoglio clienti e con i propri contatti. Certo che in un team più grande i contatti sono maggiori e, come si sa, l’economia al mondo d’oggi si basa essenzialmente sulle relazioni e sui contatti.”
Quali sono i vantaggi di rivolgersi in una cooperativa strutturata come la vostra?
“Sono molteplici e variegati. CI sono vantaggi economici e di affidabilità. E’ più facile partecipare e magari vincere un bando come DOC per il curriculum che si porta dietro, piuttosto che da soli; poi ci sono le tutele previste quando si sceglie l’inquadramento da dipendente: posso citare il diritto agli assegni familiari, le indennità di maternità ed i congedi parentali, assicurazione sugli infortuni, malattia, ed eventualmente indennità di disoccupazione; sono tutte possibilità di cui giustamente gode il lavoratore dipendente ma che per quello in autonomia sono pura utopia.
Poi ci sono altri servizi indiretti ma non meno importanti: un ufficio legale che danno certezze sulla contrattualistica applicata da ogni socio e opera per il recupero crediti che da noi è molto efficiente, piuttosto che il centro studi che studia i bisogni normativi e tutela la legalità di ogni categoria di attività, oltre all’agenzia viaggi che anticipa le spese di mobilità dei propri soci. E sicuramente dimentico qualcosa.”
«C’è il rischio, oggi come un tempo, che risulti povero e indigente chi fattura poco o nulla, a discapito di chi è rigoroso nel rispetto della legalità»
L’età media qual è?
“È una domanda complessa, diciamo che quando le persone si affacciano al mondo dello spettacolo, cultura e creatività con approccio da professionista, solo si rivolgono a noi. Abbiamo quindi soci che vanno dai 20 ai 70 anni!”
Come giudica le recenti proposte del Governo riguardo il Job Act dei lavoratori autonomi?
“Il Jobs Act per gli autonomi in discussione in questi giorni da finalmente voce alle precarietà dei liberi professionisti e cerca di dare una risposta con tutele concrete, anche se minime. Ma sono segnali importanti. La nullità delle scadenze di pagamento oltre i 60 gg, i congedi parentali piuttosto che assegno di maternità con possibilità di continuare a lavorare, sono primi segnali del fatto che si riconosce che i liberi professionisti spesso sono i nuovi poveri… Ma bisogna dare tutele ancora più complete a chi veramente è in difficoltà, perché c’è il rischio, oggi come un tempo, che risulti povero e indigente chi fattura poco o nulla, a discapito di chi è rigoroso nel rispetto della legalità. Se non si attua una concreta lotta al sommerso non si avrà mai contezza del reale peso e delle reali azioni da intraprendere.
Nel complesso questa riforma la giudico positivamente, perché tutte le riforme concrete e realiste trovano la mia approvazione. Dotarsi di una normativa chiara e leggibile e che faccio rifuggire dal sommerso per me è un requisito minimo di un Paese che voglia definirsi civile. Tengo a precisare, comunque, che i pochi punti di tutele proposte dal jobs Act autonomi, sono ampiamente affrontati e gestiti in cooperativa dai nostri soci da oltre 25 anni.”
Se uno volesse entrare in contatto con voi cosa deve fare?
“Basta collegarsi sul sito e trovare la sede più vicina. Abbiamo sedi in tutta Italia con nove che partiranno a breve (tra cui Palermo, Perugia, Alessandria, Ancona e La Spezia). Noi crediamo in un contatto fisico e diretto, al parlarsi di persona: ogni storia ha un bagaglio di idee ed esperienze proprie e occorre conoscere a fondo la persona per poterla consigliare in modo giusto. Vi sono, ad esempio, molte persone che sono costrette a tenere aperta la partita IVA perché il datore di lavoro non ha le risorse per assumere o per avere minori sgravi fiscali. In questo caso noi consigliamo di diventare nostri soci, così da azzerare al minimo le spese e ottimizzare i vantaggi. È semplice mettere in rete le proprie professionalità.”
Mi saprebbe dire di più sull’agenzia viaggi?
“Si tratta di una novità di questi ultimi tempi. Sempre più ci siamo accorti come, proprio per il discorso che abbiamo fatto prima, i professionisti del settore continuano a spostarsi. Allora perché non creare al nostro interno un’agenzia viaggi che, non solo possa prenotare in modo più vantaggioso possibile i biglietti del treno o dell’aereo, ma anche portatore le persone agli spettacoli, e creare quindi una vera e propria comunità.
Nel lasciarvi mi piace raccontare un aneddoto. Durante la presentazione che abbiamo fatto a Brescia, sull’apertura di un nostro punto, il giornalista che ci ha intervistato ci era parso particolarmente interessato. Il giorno dopo è subito diventato un nostro socio: potenza della persuasione, e della cooperazione (sorriso ndr*).”