[REPORT + FOTO] I soldi sono finiti, I Ministri no | Hiroshima Mon Amour

A dieci anni dall’uscita de “I Soldi Sono Finiti”, i Ministri ripropongono il disco d’esordio all’Hiroshima Mon Amour di Torino con tutta l’energia e il sudore che li rendono una realtà unica nel panorama italiano.

di Nicola Bovio – È passato un decennio da quando I Ministri fecero il loro debutto nel mercato discografico con “I Soldi Sono Finiti”. Nella prima edizione il gruppo milanese decise di inserire un euro nella copertina come messaggio contro il prezzo eccessivo dei CD. Mica male come presentazione. Da allora sono usciti un EP, altri 4 dischi e i nostri si sono spesi in innumerevoli live arrivando fino a Berlino diffondendo un rock grezzo e sincero.

Dopo l’esibizione degli Xylema, vincitori del concorso di Stage Diving, la band composta da Federico Dragogna, Davide “Divi” Autelitano e Michele Esposito e accompagnata da Marco Ulcigrai arriva sul palco di un Hiroshima completamente sold out: la festa può davvero iniziare. Al riparo dalle intemperie I Ministri scaricano sui presenti una bufera di autentica energia fin dal momento in cui gli strumenti emettono la prima nota ed il pubblico risponde a tono scatenandosi per tutta la durata del concerto. La scaletta prevede tutti i brani del disco celebrato aggiungendo solamente una grandissima chicca come la cover di “Ma Chi Ha Detto Che Non C’è” di Gianfranco Manfredi e brani estratti dall’EP “La Piazza”. La scelta dei brani da eseguire esprime la volontà di riproporre il sound iniziale del gruppo prima che prendesse una direzione ben precisa con l’uscita di “Tempi Bui”. Ed è vincente. I pezzi suonano indubbiamente meglio dal vivo che sul disco e sono manna per tutti coloro che li seguono da molti anni. Nonostante “I Soldi Sono Finiti” non sia il loro miglior disco, esso rappresenta bene l’anima del gruppo dalle giacche napoleoniche. Come ogni pubblicazione d’esordio contiene già gli elementi distintivi della band ma ancora in maniera impura. Il potenziale c’era ed è stato sviluppato egregiamente negli anni accompagnando brani duri con ballate malinconiche che di tanto in tanto spezzano il ritmo solitamente alto.

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I Ministri rappresentano una rarità nel panorama musicale odierno, in particolare italiano. Il loro rock pesante arricchito dai testi di Dragogna e dalla versatilità della voce di Divi è l’ultimo baluardo di un certo tipo di musica che non trova molti rappresentanti negli ultimi anni anche in campo internazionale. Il rock non va di moda, è sopito da qualche parte nella provincia e fa fatica ad emergere circondato da gruppi indie-pop e cantautori. Aldilà dei gusti, questi generi al momento stanno dominando l’offerta musicale lasciando da parte riff e voci aggressive, batterie pestate e duri giri di basso. Lo stesso discorso che vale per la parte musicale si applica a quella lirica. I testi dei Ministri sono sempre stati incentrati su questioni sociali trattando temi poco banali in modo altrettanto poco banale senza mai nascondere le loro opinioni in merito. E anche questa è ormai una rarità. Pur avendo un gran numero di bravi autori in Italia infatti,  si fa fatica a trovare qualcuno che scriva testi impegnati senza incorrere nella banalità della retorica da concertone del primo maggio. Pur essendo lontani dal mondo cantautoriale, I Ministri (nella penna di Federico Dragogna) sono forse coloro che più di tutti rappresentano una certa visione politica della società di cui ormai non si fa portavoce quasi nessuno.

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La sincerità è la vera forza dei Ministri. Il loro più grande merito è senza dubbio quello di essere diretti nella musica come nei testi ed è per questo che mi auguro rimangano in giro ancora per molto tempo e riescano ad ispirare qualcuno che ha qualcosa da dire di diverso rispetto all’immensa marea di musicisti già presenti sulla scena.

Gallery a cura di Nicolò Caruso