Il cantautore australiano Hugo Race torna nella sua cara Catania per un unico concerto in Sicilia alla Cartiera, organizzato da Rocketta Booking.
di Valentina Battini – Metti una piovosa serata di novembre e quella malinconia autunnale che fanno venire tanta voglia di blues. Se sei fortunato girando per le strade di Catania puoi imbatterti in una locandina e lì i tuoi programmi per la serata possono mutare radicalmente. Specie se proprio su quella locandina c’è scritto il nome di Hugo Race, grande aficionado della città etnea.
Questa volta la location del concerto è La Cartiera, che prima ha visto solcare il suo palco da Nazarin – accompagnato da Gianpaolo Peritore – progetto di Salvo Ladduca, volto noto alla scena musicale catanese con i Marlowe, ma che anche da solista incanta e cattura con la sua chitarra e le tenebrose ballate, figlie della tradizione folk americana che però riescono a fondersi perfettamente con la poeticità dei testi, quasi a segnare una linea di confine tra innovazione e scuola cantautorale italiana.
Dopo la sua esibizione, a fare il suo ingresso in scena è proprio Hugo Race, da solo, con la chitarra ed un calice di vino rosso. Senza troppi orpelli o presentazioni di sorta, si materializza sul palco la sintesi perfetta tra rock e blues. Il primo pezzo eseguito è Wildcards e subito la sua aurea da sciamano si propaga per tutta la sala, inebriando i presenti. La voce roca e sensuale di Race crea suggestioni desertiche che a tratti spiazzano ed accarezzano con le loro sonorità blues. Il vasto repertorio in scaletta spazia da pezzi come la cover di Springsteen I’m On Fire, Poor boy, Lost in the Material World, Ghostwriter, in un fluire di distorsioni e poesia che si sciolgono nella penombra. Il dialogo tra Race e il pubblico è scanzonato, sempre in bilico tra il mistico e l’ironico e la frase ” tutto sta cambiando” diventa il leitmotiv della serata.
Ma il songwriter australiano tra un calice di vino e l’altro, non si esibisce da solo per tutto il tempo, ad un certo punto dell’esibizione chiama accanto a sé Salvo Ladduca. Le due chitarra dialogano e l’intesa tra i due musicisti è palpabile, così come il clima rilassato e quasi “casalingo” che si respira in sala, a dimostrazione di quanto Catania ed il suo pubblico siano familiari a Race.
Il concerto si chiude sulle note di Night Vision, quasi a voler far calare il buio sulla scena e chiudere il sipario con una tenebrosa buonanotte. Ma poco dopo, gli applausi non si spengono ed eccolo di nuovo risalire sul palco per altri pezzi, quali Will You Wake Up o Ballad of Easy Rider. Il fluire di coscienza continua per poi chiudersi e lasciare gli ascoltatori assorti e rapiti. Nonostante questa volta Race fosse solo sulla scena, ovvero senza la storica compagnia dei True Spirits o dei Fatalists, l’atmosfera creatasi e le energie emanate sono state tali da renderlo uno sciamano che trascina con sé il pubblico in un viaggio di iniziazione lungo le note del rock.
Galleria fotografica a cura di Giuseppe Picciotto