Black Mirror: il riflesso oscuro del presente

Una settimana dopo l’uscita delle sei nuove puntate di Black Mirror siamo pronti a tirare le somme della terza stagione di una delle serie più acclamate e sconvolgenti degli ultimi anni.

di Giulia Scabin  –  È nel 2011, sul canale britannico Channel 4, che per la prima volta viene trasmessa la serie di Charlie Brooker, giornalista, fumettista, sceneggiatore, conduttore televisivo e mente di Black MirrorFin dal primo episodio la serie ha riscosso critiche entusiastiche, e nel 2015 Netflix ha annunciato la produzione della terza e quarta stagione, ognuna composta di sei episodi, contro i tre delle due stagioni precedenti.

La formula è sempre la stessa: ogni episodio, della durata di circa 50 minuti, creato da registi ed attori diversi, racconta una storia autoconclusiva totalmente scollegata dalla precedente e dalla successiva, se non per un paio di piccole autocitazioni evidenziate solo dagli osservatori più attenti.

black-mirror-photo-5671965dc7c90-650x366

Popolarità sui social che diventa ossessione e discrimine sociale, un videogioco a realtà aumentata oltre ogni ragionevole limite, i ricatti di un hacker che ha scoperto i segreti custoditi nel computer di un adolescente, una realtà virtuale dove si può restare giovani per sempre, un programma di manipolazione collettiva della percezione della realtà, l’odio riversato gratuitamente nella rete, così forte da diventare furia omicida: Black Mirror continua a colpire duro, mettendo lo spettatore scomodamente a confronto con la propria quotidianità digitale.

Non è un futuro distopico, è la nostra realtà vista attraverso le lenti nere di Black Mirror.

Se infatti il mondo del primo episodio (Nosedive), dove ogni comportamento e interazione sociale viene valutato attraverso una app che fa sì che a seconda del proprio indice di popolarità si possa accedere o meno a determinati servizi e opportunità, può sembrare superficialmente un futuro lontano e improbabile, ci si rende invece conto di quanto una realtà di questo tipo sia vicina alla nostra.

Così come in Men Against Fire, dove in un futuro post bellico un gruppo di soldati ha il compito di uccidere degli esseri umanoidi deformi, per poi scoprire che è un impianto cibernetico inserito nel loro cervello ad alterare i loro sensi e fare apparire mostruosi quelli che in realtà non sono nient’altro che innocui esseri umani, considerati geneticamente inferiori e quindi vittime di una campagna di epurazione del governo. L’impianto che facilita il lavoro dei soldati sul piano morale, fortunatamente è ancora fantascienza, ma la manipolazione collettiva, soprattutto nel caso della guerra, è purtroppo qualcosa di assolutamente attuale.

È questo l’obiettivo della serie: rendere ovvi dei meccanismi malati propri della nostra società, così che siano impossibili da non vedere o ignorare, come invece spesso facciamo nel nostro quotidiano.

Ma, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, il giudizio è sempre lasciato all’osservatore, e la chiave di lettura non è mai ovvia. Un esempio del modo non scontato in cui viene trattato il nostro rapporto con la tecnologia è il quarto episodio, San Junipero, dove una sorta di sistema di delocalizzazione della coscienza permette alle persone anziane di vivere parte del loro tempo nella realtà virtuale di questa immaginaria città balneare, in diversi periodi storici. Ma non è tutto: avvicinandosi alla morte si può scegliere (e lo fanno quasi tutti) di restare in questa realtà, rimanendo per sempre giovani. Questa sarà la scelta delle due protagoniste che, prossime alla morte, decidono di ritrovarsi e vivere per sempre felici e insieme (anche se solo virtualmente) a San Junipero. Nonostante non manchino criticità e perplessità e malgrado la scelta delle protagoniste possa non essere condivisibile, questo è forse l’unico episodio di Black Mirror che sembra avere un lieto fine, anche se non convenzionale.

Se l’episodio Playtest, dove un ragazzo per guadagnare qualche soldo si offre come cavia per provare un videogioco a realtà aumentata che avrà conseguenze per lui disastrose, è senza dubbio il più ricco a livello visivo e di colpi di scena, è anche il più povero a livello di contenuti. All’opposto troviamo Shut Up And Dance, che è invece il meno spettacolare perché ambientato esattamente nel nostro mondo: un hacker ruba i segreti di un adolescente, usandoli per ricattarlo e fargli compiere gli atti più atroci. Probabilmente l’episodio più disturbante, perché spaventosamente attuale.

14907799_1208026965922100_279875203_o

Black Mirror non è la negazione della tecnologia, non è un invito a tornare a vivere a prima dell’invenzione del telefono

L’ultimo episodio di questa stagione, Hated in The Nation, dell’eccezionale durata di 90 minuti, e forse il più particolare di tutte le stagioni di Black Mirror. Brooker ha infatti deciso di inserire questa storia nel genere poliziesco (sul filone di Sherlock e Fringe, per capirci), in un mondo che è di fatto il nostro, se non per la presenza, nel Regno Unito, di delle api meccaniche che vanno a sostituire quelle reali, ormai in estinzione. Il meccanismo che viene rappresentato è un meccanismo tipico dell’epoca dei social network: in seguito a scandali di dominio pubblico, numerosissimi utenti condividono online insulti e auguri di morte ad individui che a parer loro la meritano. Niente di straordinario, fino al momento in cui questi individui presi di mira sulla rete, muoiono davvero. Questo il caso che l’accattivante detective interpretata da Kelly Macdonald dovrà risolvere.

Black Mirror non è la negazione della tecnologia, non è un invito a tornare a vivere a prima dell’invenzione del telefono, quanto il riflesso oscuro di quello che il digitale e la tecnologia possono rappresentare e in parte già rappresentano, ma anche della folle percezione della realtà che spesso abbiamo, con o senza social network.

“Viviamo in tempi di grandi cambiamenti”, ha dichiarato Charlie Brooker “È insieme eccitante e preoccupante. Ed è quello che riflette la mia serie, senza mezzi termini”. Un monito, una visione del nostro mondo, uno sguardo amplificato e volutamente estremizzato attraverso la lente di uno specchio nero.

14962248_1208025865922210_1214396978_n