Una tragedia esistenziale e un thriller on the road si intrecciano nell’atipico revenge movie firmato da Atom Egoyan con uno straordinario Chris Plummer.
di Simone Glorioso – C’è l’amnesia, un protagonista che per ricordarsi chi sia e cosa stia facendo ha bisogno di leggerlo, ogni volta che si sveglia. C’è un tatuaggio, un monito indelebile di qualcosa che non può lasciar cadere nell’oblio. C’è una storia di vendetta, di odio profondissimo, di un torto incancellabile e tremendo. Eppure, prima tra le tante sorprese – quasi tutte piacevoli- che questo film vi regalerà, non ricorda “Memento” di Christopher Nolan, nemmeno un po’.
Zev (Chris Plummer), è un anziano affetto da demenza senile, anonimo inquilino di una casa di riposo: le prime scene del film di Atom Egoyan (canadese di origini armene) ci raccontano di una quotidianità normale, dei tempi e dei modi d’una vecchiaia serena.
Max (Martin Landau) è ridotto su una sedia a rotelle, ma è lucidissimo: ricorda fin troppo bene la sua storia e quella di Zev.
Entrambi hanno un tatuaggio sull’avambraccio: numeri diversi che raccontano lo stesso orrore.
E così Max, che il tempo e la malattia non hanno potuto convincere ad abbandonare l’idea della vendetta, persuade l’amico a partire per cercare l’uomo che si rese responsabile dell’uccisione delle famiglie di entrambi, ad Auschwitz. Scrive allora una lettera, una sorta di vademecum, che darà a Zev perché ad ogni risveglio possa leggerla e ricordare cosa stia facendo, nel vuoto di memoria che la sua malattia fa sempre seguire al sonno: questo filo nel dedalo dell’oblio lo condurrà alla ricerca di Rudy Kurlander (Bruno Ganz), il nazista che li perseguitò e che ora vive, con una falsa identità, negli Stati Uniti. Non bastassero la vecchiaia e l’amnesia, durante il suo viaggio Zev dovrà fare i conti col fatto che ben quattro uomini portano il nome di Rudy Kurlander.
Prodotta in Canada e presentata al festival di Toronto, Remember è una pellicola che non teme di tenere lo sguardo fisso sulle debolezze umane: le osserva, le indaga senza cedere alla tentazione di voltare la testa. Anche quando ci verrebbe da deviare lo sguardo per pudore, l’obiettivo rimane fisso, impietoso ed onesto nel raccontare i tremori, l’incontinenza, la perdita di se’: l’imbarazzante impotenza di un uomo ormai inerme. Ma anche, con un gioco di sapiente contrasto, sa raccontare la rabbia, solo appiglio di un’esistenza ormai evanescente, unico motore di un corpo sempre più vuoto, con la definizione delle cose che vengono guardate in controluce.
La fotografia è essenziale: misurata e mai eccessiva, per non correre il rischio di distogliere l’attenzione dal dramma squisitamente umano cui fa da sfondo. Chris Plummer è eccezionale nell’esprimere una dignità che sa sguazzare nella paura senza macchiarsene, la ribellione della dignità all’azione del tempo che si declina nella vendetta: sa piangere e sa sparare, diventa carnefice degli altri ma rimane vittima della propria condizione.
Il crescendo di tensione drammatica rapisce lo spettatore e fa presagire con sempre più chiarezza l’incombere di una sorpresa, la caduta di una spada di Damocle che si è progressivamente realizzato pendere sulla testa del protagonista, il parossismo di un’idea di trama dipanata alla perfezione, per tempi e dinamiche.
A ben vedere, proprio questo è “Remember”: un’altalena tra pietosa comprensione e puro cinismo, che si arresta come senza gravità in un riuscitissimo colpo di scena finale, un’epifania che taglia il respiro.