La Julieta di Almodóvar sospesa in un passato ancora presente

Uscito per la prima volta nelle sale il 26 maggio 2016, Julieta è un film spagnolo diretto da Pedro Almodóvar e ispirato ai tre racconti di Alice Munro inclusi nella raccolta In fuga del 2014: Fatalità, Tra poco e Silenzio.

di Beatrice Brentani  –  Julieta è una donna che ha ormai superato la mezza età e che, per dare un taglio netto e definitivo alla sua esistenza passata, ha deciso di trasferirsi con Lorenzo, compagno ormai da molti anni, in Portogallo. L’incontro improvviso con una giovane ragazza, Beatriz, la fa però desistere dalla sua scelta: Julieta abbandona Lorenzo, si trasferisce in un piccolo appartamento a Madrid (nello stesso palazzo in cui, molti anni prima, viveva), si siede alla scrivania e inizia a scrivere. Ma a chi?

La donna sembra essere perseguitata da un drammatico passato: come un eroinomane in astinenza (paragone prodotto da lei stessa), Julieta è ricaduta nel circolo di una droga molto particolare dalla quale non è mai riuscita a uscire fino in fondo sebbene abbia cercato in ogni modo di dimenticare ciò che è avvenuto, arrivando a non raccontare nemmeno a Lorenzo alcuni dettagli estremamente importanti della sua vita.

«Esisti solo tu. La tua assenza riempie totalmente la mia vita e la distrugge»– Julieta

La verità è che Julieta ha una figlia, Antía, della quale non ha più notizie da dodici anni; Beatriz era la migliore amica della figlia e Julieta viene a sapere dalla ragazza che Antía è viva, ha tre figli e crede ancora che la madre alloggi a Madrid. Mentre Julieta scrive la sua interminabile lettera, che altro non è che la confessione finale di quest’ultima alla figlia, il pubblico viene catapultato indietro nel tempo e ripercorre, insieme con la protagonista, il passato della donna a partire dal primo incontro, in treno, con il padre di Antía, Xoan.

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Ed ecco che alcuni tragici particolari del passato di Julieta vengono allo scoperto: Almodóvar regge i fili della trama in maniera sapientemente orchestrata, alternando il racconto della vita passata della donna alle scene in cui Julieta è seduta alla scrivania e la sua voce fuori campo racconta le vicende, i pensieri e i timori che non ha mai smesso di provare. La donna è pervasa dal senso di colpa instillatole dalla scomparsa di Antía stessa e dalle debolezze che non è riuscita a fronteggiare quando la figlia era ancora una bambina ed era stata costretta a occuparsi di lei.
Cosa simboleggia la lettera che Julieta scrive? È senz’altro, come abbiamo già detto, una sorta di confessione, ma è anche un’apologia, un modo per condurre un’auto-psicanalisi per far luce sui vecchi avvenimenti, uno strumento che la protagonista utilizza per sciacquarsi dalle colpe che Antía le ha ingiustamente attribuito.

E’ un film indubbiamente riuscito, semplice da seguire e al tempo stesso appassionante, avente personaggi interessanti e ben caratterizzati: in particolare Julieta, interpretata in due ruoli diversi da Adriana Ugarte (Julieta nel passato) e da Emma Suárez (Julieta nel presente), è un personaggio estremamente complesso e profondo che colpisce immediatamente ogni persona che incontra. È proprio Julieta che il pubblico impara, piano piano, a comprendere e ad amare: attraverso l’esplorazione interiore che la donna conduce di se stessa, veniamo proiettati nell’intimo della sua dipendenza e ne scaviamo a fondo le cause, fino a redimerla, alla fine del film, da ogni errore commesso.

Dopo il successo di Tutto su mia madre (1999), altro film drammatico in cui viene esplorata l’interiorità delle donne, quelle che sono madri e quelle che, invece, non riescono a esserlo, Almodóvar torna all’interno della psiche femminile e percorre crudamente il difficile rapporto tra madre e figlia non solo raccontando la vicenda di Juieta e Antía ma anche tramite alcune scene in cui compaiono Julieta e sua madre, una donna gravemente malata e costretta a letto per la maggior parte delle sue giornate, che sembra essere stata vinta dalla vita e da un destino beffardo. Julieta sembra specchiarsi negli occhi di sua madre come se vedesse, in lei, un suo probabile futuro, un destino al quale non può opporsi, la ripetizione di una fatalità alla quale non ci si può sottrarre perché viene tramandata, come in virus, di generazione in generazione.

Almodóvar ci parla di rapporti complicati, incomprensioni e destini difficili, anzi impossibili, da modificare. E lo fa con una spietatezza disarmante, senza filtri.  Guardando questo film, non si può fare a meno di pensare che ognuno di noi, dentro di sé, nasconde almeno un ricordo doloroso che lo ha segnato e lo ha portato a essere la persona che è ora.