[REPORT] Le radiazioni cosmiche degli Acid Mothers Temple all’OFFSETFEST

Il live degli Acid Mothers Temple nella nuova formazione “Melting Paraiso U.F.O.” sotto le arcate cupe del Magazzino sul Po per l’OFFSETFEST. In apertura le declamazioni stoner della Fuzz Orchestra. 

di Jacopo Lanotte  –  Seconda serata quella di sabato 15 ottobre al Magazzino sul Po di Torino. Il festival organizzato per la prima volta da OffSet, offre il ritorno in Italia di una di quelle band che per gli adepti al genere si è ormai rivelata un punto fisso nel panorama internazionale.

Volano direttamente dal Giappone gli Acid Mothers Temple, per un giro di concerti che ha già toccato spazi interessanti come “Spazio Aereo” a Venezia, uno degli ultimi locali in area veneta a spingere sull’acceleratore per quanto riguarda esibizioni underground.  Kawabata Makoto (vero leader e guru della band, sempre presente da più di vent’anni) sembra risorgere ad ogni disco dalle spoglie passate e per quest’ultimo tour porta con sé una nuova formazione ancora più stralunata, considerato il grottesco “trasformismo sessuale” di uno dei nuovi membri. Tale Tabata Mitsuru – membro fondatore degli Zeni Geva (band noise-sperimentale giapponese, che se trovate strambe le vicissitudini musicali degli AMT, non potrete non amare) – si presenta sul palco in minigonna, calze a rete e parrucca rosa-shock. Forse la bizzaria nipponica e il gusto per l’abbassamento ironico dell’esibizione, che trattandosi di rock psichedelico non può fare a meno di un immaginario freak, sembra subito dirottarmi verso pronostici affrettati. “Sta a vedere che il concerto sarà un’accozzaglia di suoni dodecafonici mentre questo giapponese impazzito ci dona uno striptease osceno”. Invece no.

Il live set è un ciclo onirico continuo, un’esperienza trascendentale che ci porta ad atterrare (proprio come un U.F.O.) su di un “paraiso” inesplorato e lussureggiante. O meglio, dove dopo qualche giorno di permanenza, cominciamo a riconoscere qualche forma umana primordiale. Ed ecco che fra le frasche cosmiche di un albero non meglio specificato, spuntano i riccioli alieni di un Syd Barrett recuperato dall’oltretomba (quanto infatti mi hanno ricordato “Interstellar Overdrive” gli AMT è veramente semplice a dirsi, i Pink Floyd del primo periodo li animano sino al midollo), mentre le carovane della Summer of 69 scorrono all’Orizzonte quando il Sole entra in eclissi. Eccoli là, gli Hippies che sperimentano sostanze psicotrope non meglio identificabili e fluttuano nello spazio intergalattico. E Makoto lo sa bene. Si distende sul suo synth e fa da conduttore per i raggi cosmici che riceve dallo spazio remoto. Li connette all’apparecchio elettronico che tra le melodie ossessive, incalzate da una sezione ritmica sconvolgente nel suo trasporto stakanovista, intesse rumori, ultrasuoni, sibili ad alto contenuto radioattivo.

La cappa sonora congestiona l’aria del Magazzino sul Po. Si crea una sottile nebbia sul palco mentre Mitsuko a metà concerto (c’era d’aspettarselo d’altronde) si lancia in un siparietto osè che pure frutta benissimo nell’economia generale della serata. Hiroshi suona l’armonica e sembra ora di essere per un attimo trasportati in un Saloon del West Statiunitense, dove laidi ubriaconi ancora vacillano all’ultimo sorso di whisky. Ma le coronarie hanno raggiunto il loro punto di non ritorno, completamente disidratato chiedo un bicchiere d’acqua al banco ed esco. Imperterrito il rituale sacro a qualche diviniShinto continua all’interno del Magazzino. Così mi abbraccia con toni quasi lirici quando decido di avanzare verso le prime file, chiudendosi con solennità imperiale (qua e là i suoni della madre patria nipponica riecheggiano) in un finale fragoroso (Jimi Hendrix starà probabilmente sorridendo dentro la tomba).

fuzz-orchestra-730x490
Fuzz Orchestra

Facendo un breve passo indietro va menzionata la performance di tutt’altro sapore, ma che per intensità non è stata da meno, dei Fuzz Orchestra. Si presentano sul palco davanti ad amplificatori dalle dimensioni imponenti che senza tanti giri di parole, all’annuncio di uno dei tanti film socio-politici italiani che ispirano il progetto (va ricordata in particolare la produzione di Elio Petri, ma non solo, da Pier Paolo Pasolini a Monicelli), esplode in scarne melodie stoner. Fuzz altissimi pertanto e una sezione ritmica di prim’ordine (Paolo Mongardi) che si frammenta in cambi di tempo repentini, rallentamenti, accelerazioni improvvise. La chitarra intanto scolpisce il metallo forgiando una struttura compatta e quadrata. Il pubblico viene così irrorato dalle potenti onde sonore di questa Orchestra del Fuzz. Ma la vera rivelazione sono le citazioni, di cui poc’anzi si parlava, che intessono un altrettanto dura trama narrativa sottostante. Fabio “Fiè” Ferraio ne è l’artefice e burattinaio, che attraverso un particolarissimo banco di lavoro (non saprei come chiamarlo altrimenti sposta le tracce parlate, inserendo vinili su un rudimentale giradischi, o facendole partire attraverso un vecchio mangianastri). A volte s’inseriscono le note di una tastiera inquieta a volte le esalazioni epiche dell’organo costituiscono la pausa tra gli attacchi di chitarra e batteria.

Esibizioni di forte carattere. Di due progetti che hanno una genesi diversissima e sviluppata in anni di carriera altresì distanti. Ma a ben vedere un contatto c’è, lo rivelano forse inconsapevoli i due leaders. Makoto infatti si ritiene un grande appassionato del mondo medioevale e della musica legata alla cultura dei trobadori occitanici, “Fiè” spiega parlando dell’ultimo disco, che il titolo è ispirato ad una frase proferita da un abate francese proprio sui terreni ai confini tra Italia e Francia, teatro nell’XIII secolo, delle Crociate contro l’eresia Catara e Albigese. E allora perché non gridare dentro Uccideteli Tutti! Dio Riconoscerà i Suoi! (questo il titolo dell’ultimo disco dei Fuzz Orchestra) mentre invano cerchiamo una conciliazione allucinogena nelle trame sonore che aleggiano intorno al Tempio occulto della freak-band giapponese?

Leggi qui il report della prima serata con Mike Watt e Il Sogno del Marinaio, Miles Cooper Seaton e Krano.