“A Symbolic Tennis Pot” degli Into My Plastic Bones: un’anagramma e tanti schiaffoni

Vi presentiamo in anteprima il nuovo disco del trio post-hardcore torinese Into My Plastic Bones. In attesa di sentirlo dal vivo al release party del 4 novembre al Blah Blah. 

La band presenta il disco in questa maniera: “A Symbolic Tennis Pot è il nostro quinto lavoro. Registrato e mixato su nastro, il disco è privo di sovraincisioni, correzioni ed editing. Il lavoro è stato affidato a Paride Lanciani ed è stato realizzato presso l’Oxygen Recording Studio di Verzuolo (CN) tra il maggio e giugno del 2016. Al mastering si è dedicato Bob Weston presso il Chicago Mastering Service nell’agosto 2016. Scatti Vorticosi e Vollmer Industries hanno collaborato all’uscita dell’album. A Symbolic Tennis Pot è l’anagramma di I Comply Abstentions.”

Un disco ossessivo e schizoide: ideale per una giornata passata allo skate-park a rimpinzarsi di bomboloni alla crema con Steve Albini.  Ma anche per tutti gli altri giorni.

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Sì, la copertina vince tutto ma il disco è ancora meglio.

Abbiamo fatto un paio di domande agli IMPB per entrare meglio nel mood del disco.

Come è nato questo disco? Cosa è cambiato rispetto al vostro lavoro precedente (dalla realizzazione in studio, alla composizione, passando per il vostro “mood” mentre scrivevate)?

“A livello compositivo i nostri brani sono sempre un’elaborazione di improvvisazioni a cui, con il passare dei mesi o addirittura degli anni, arriviamo a dare una forma canzone. Questa volta, pur mantenendo sempre questo metodo di lavoro, abbiamo adottato più libertà compositiva rispetto al precedente disco, senza dover per forza avere dei paletti su un genere preciso.
Entrando nello specifico forse c’è più linearità e meno tempi dispari rispetto ai primi dischi. Abbiamo anche giocato molto sulla ripetizione.
L’approccio alla registrazione è rimasto invariato e cioè volevamo nuovamente registrare in presa diretta senza aggiungere e doppiare parti o modificare al computer eventuali imperfezioni.
Abbiamo cercato uno studio che conoscesse i nostri gruppi di riferimento per poter parlare la stessa lingua e ci siamo rintanati all’Oxygen Recording Studio di Verzuolo (CN) con Paride Lanciani. Abbiamo registrato e mixato su nastro senza aver mai acceso un computer e poi abbiamo spedito tutto a Bob Weston che si è occupato del mastering nel suo studio di Chicago.”

So che avete un rapporto “particolare” con i testi: come ci avete lavorato?

“I testi e la voce non hanno un ruolo fondamentale nella band. La voce negli Into My Plastic Bones è un quarto strumento che non ha, nel modo più assoluto, più importanza rispetto alla batteria, la chitarra o il basso. I testi quindi vengono trattati come “parole” e “suono”, e non c’è da parte nostra l’obbligo di attriburgli un significato perché appunto si tratta di suoni, linee e, volendo, forme geometriche. Anche per la voce si è giocato sulla ripetizione; i due brani più lunghi del disco ad esempio hanno entrambi una riga di testo.”

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«C’è più linearità e meno tempi dispari rispetto ai primi dischi. Abbiamo anche giocato molto sulla ripetizione »

La copertina del disco vince tutto, chi l’ha realizzata?

“Abbiamo fatto tutto in famiglia, diciamo. L’artwork infatti è di Cristian Girotto, l’ex bassista della band che dopo il primo EP ha sempre collaborato con noi (lo stesso protagonista del video di Camel Tsunami e conseguente copertina di Hidden Music). Voleva una veste grafica non sense almeno quanto il titolo del disco!”

Quando e come ce lo farete sentire dal vivo? 

Presenteremo il disco il prossimo 4 novembre al Blah Blah. Per il resto, in verità, non abbiamo tour in programma, abbiamo un rapporto con l’attività live molto istintivo e personale che spesso ci porta a scelte di dubbio valore commerciale… Sostanzialmente suoniamo ovunque ci sia la possibilità di farlo. Abbiamo sviluppato l’idea che questo è l’atteggiamento più sincero col quale possiamo porci rispetto alla realtà della musica indipendente dei locali e delle “mode” del momento. Attualmente stiamo cercando collaborazioni che ci offrano l’opportunità di conoscere nuove realtà e suonare in situazioni dove ciò che facciamo non risulti necessariamente fuori contesto.”

La band con cui vorreste condividere il palco (no limits, sparatela anche grossa).

Poli: “Uzeda”
Leo: “Fantasticando molto e pensando al passato avrei forse voluto respirare da molto vicino le paranoie di Kurt Cobain, tenergli la testa mentre vomita o qualcosa del genere.”
Paolo: “Uzeda o Shellac”


Momento nerd: i dischi della vita. 

Paolo: “Paranoid (Black Sabbath), At Action Park (Shellac), Tales From The Punchbowl (Primus) e Freedumb (Suicidal Tendencies)”
Leo: “Pork Soda (Primus), The Shape Of Punk To Come (Refused), Don Caballero 2, Fantomas (Fantomas).”
Poli: “Enema Of The State (Blink 182), Destroy Erase Improve (Meshuggah), Tales From The Punchbowl (Primus), In On The Kill Taker (Fugazi)”
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Tracklist:
1 Sumizome / 666
2 Overstepping bounds
3 Cheap canvas
4 Sawn
5 This endless conversation
6 Supermarket macarena
7 Flyby
8 Ngunza