Kihachiro Kawamoto: quando la tradizione incontra l’animazione

L’omaggio al maestro dell’animazione giapponese al Cinema Massimo di Torino.  

di Luca Richiardi  –  I gioielli d’animazione di Kihachiro Kawamoto vengono proiettati finalmente, in tutta la loro bellezza visiva e poetica, sul grande schermo: merito della collaborazione tra Incanti – Festival Internazionale di Teatro di Figura e il Cinema Massimo.

Un artigiano, un regista e sceneggiatore, un poeta, forse un illuminato. Kihachiro Kawamoto, ispirato in giovane età dalle opere del maestro boemo Jiří Trnka (del quale divenne studente), ha nella sua lunga e ricca carriera saputo integrare diverse forme di animazione alla sua personale sensibilità, legata alla tradizione narrativa giapponese e alla filosofia buddhista, ma non indifferente al realismo poetico europeo e all’impegno sociale proprio degli anni centrali della sua produzione.

Alcune sue opere, come la fiaba dell’orrore “The Demon” (Oni, 1972) attingono alla tradizione teatrale del Giappone seicentesco, dove, come ci spiega il professor Dario Tomasi durante l’introduzione alla serata, il bunraku (o teatro delle marionette) occupava una posizione niente affatto secondaria rispetto alle altre due principali forme teatrali del periodo – il kabuki e il noh – con le quali condivideva spesso storie, costumi o forme di stilizzazione recitativa. Dello stesso stampo è anche il successivo “House of Flame” (Kataku, 1979), ancora una classica storia di spettri e anime dannate, un kwaidan di incredibile atmosfera, capace di rivaleggiare con capolavori del genere quali “I racconti della luna pallida d’agosto” (Ugetsu Monogatari, 1953) del maestro Mizoguchi Kenji.

In “Travel” o “The trip” (Tabi, 1973) cambiano invece tecnica e contenuto. Si tratta di animazioni ottenute da carta piegata e ritagliata secondo la tecnica del kirigami che gli permette di creare fondali maestosi e onirici, tremendamente carichi di gusto e tematiche europee: il surrealismo di Dalì, le assurde geometrie di Escher, l’orrore di Otto Dix, vengono intrecciati a precisi riferimenti storici, in particolare le sanguinose circostanze che segnarono la fine della Primavera di Praga e l’auto-immolazione dello studente Jan Palach.

Durante la serata sono stati proiettati i film: Hana ori, Kenju giga, Oni, Tabi, Shijin no shogai, Doujo-ji Kataku, Self Portrait.

L’omaggio a Kihachiro Kawamoto è stato realizzato con la collaborazione del Museo Kihachiro Kawamoto di Iida. Con un ulteriore appuntamento, anch’esso organizzato dal festival Incanti, potremo approfondire l’arte e la tecnica del teatro bunraku in una lectio magistralis tenuta da Yasuko Senda, studiosa della materia ed ex docente presso l’Università Shukutoku di Aichi. L’incontro è organizzato in collaborazione con Unima Japan e si terrà al MAO (Museo di Arti Orientali) giovedì 6 ottobre alle ore 18:00 (ingresso libero fino a esaurimento posti).

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