La sfida di un uomo a sé stesso, alle convenzioni sociali e ad una città, New York, co-protagonista della prima opera a colori di Giacomo Bevilacqua uscita per Bao Publishing.
di Nicola Bovio – Sam si alza, infila le sue inseparabili cuffie e comincia a contare. Conta nella sua testa i 4/4 della sua canzone preferita, della colonna sonora del suo primo ricordo, di I’ve grown accustomed to her face di Chet Baker. Per combattere il dolore della perdita dell’amata Sophie torna a Manhattan per affrontare una sfida con sé stesso: evitare il dialogo. A qualunque costo Sam si impone di non parlare con nessuno e di limitare al massimo le interazioni sociali che si riducono ad essere solo scambi economici e di gomitate. Le gomitate a New York sono inevitabili ed è da una di queste che comincerà una deviazione dal suo percorso originale che lo porterà ad una destinazione nemmeno lontanamente prevedibile.
In questo autoforzato isolamento Sam è solo con i suoi pensieri e la sua macchina fotografica
La Grande Mela non è solo sfondo ma parte integrante della storia, un contesto imprescindibile nel quale ambientare la sfida che Sam lancia al mondo ma prima di tutto a sé stesso. L’enorme dolore che ha dentro lo porta alla drastica decisione di innalzare l’ultima barriera possibile tra lui ed il contatto umano annullando ogni tipo di rapporto sociale.
Non comunicare con nessuno è difficile e per farlo Sam si impone di seguire delle regole. Queste lo aiutano ad isolarsi e a non farsi sopraffare dal pensiero della perdita ed è seguendole che Sam passa le giornate a New York con l’obiettivo di trovare il distacco dalle persone e dal suo dolore. Il chiudersi totalmente come estrema soluzione all’essersi aperto e ad aver perso. In questo autoforzato isolamento Sam è solo con i suoi pensieri e la sua macchina fotografica. Fotografa la città, la gente e tutto sembra andare avanti con la stessa routine. Poi succede l’impensabile, la gomitata.
Guardando le fotografie appena sviluppate nota che in alcune di esse appare una ragazza dai capelli rossi, unico elemento a colori di scatti in bianco e nero che lui non ricorda nemmeno di aver fatto. Questo avvenimento completamente assurdo lo smuoverà alla ricerca di cosa abbia causato l’anomalia nelle sue foto, lasciando perdere il suo intento primario. Mano a mano che procede la sua ricerca, le sue regole saranno infrante e comincerà a guardarsi dentro fino a scoprire infine che non importa quanto siano alte le barriere che ci creiamo perché basta un istante per distruggerle completamente.
Come il mondo di Sam, anche la graphic novel di Bevilacqua è povera di parole.
Esse provengono principalmente dalle due voci fuori campo che ci accompagnano nella vicenda: i pensieri di Sam e quelli di un personaggio la cui identità si svelerà solo successivamente. Questo centellinare i vocaboli lascia spazio a pagine completamente dedicate ora a particolari ora a viste panoramiche di Manhattan che sono semplicemente meravigliose e creano le giuste pause nella lettura, scandendo i giusti tempi fra i pensieri di Sam.
Il ritmo narrativo è infatti preso ed usato come plastilina nelle mani di uno scultore. All’inizio ogni giornata sembra scandita dallo stesso ritmo, dagli stessi quattro quarti della canzone di Chet Baker battuti ossessivamente, ma quando comincia l’indagine sulla curiosa stranezza presente nelle sue fotografie il ritmo accelera sempre più catturandoci in un vortice da cui è impossibile uscire se non arrivando alla fine della storia.
Bevilacqua per la prima volta colora le sue tavole e lo fa in maniera delicatissima e, insieme ai contorni poco definiti, dona ai paesaggi newyorkesi una bellezza aggiuntiva. L’autore restituisce infatti un’immagine della grande mela che non può non catturare e non coinvolgere chi legge come se ci avesse trascorso effettivamente del tempo tra quelle strade. Oltre a rappresentare la realtà, Bevilacqua ci fa entrare anche nei sogni di Sam dando risalto alle sue maggiori ossessioni con scene surreali che risultano particolarmente incisive e utili a comprendere lo stato emotivo del protagonista.
La prima graphic novel di Giacomo Bevilacqua si distacca molto dalle divertenti strisce di A Panda Piace.
È un’opera emozionante e facilmente riuscirà a coinvolgere dato il tema in cui è facile rispecchiarsi e l’ambientazione affascinante, e la sua breve durata è compensata dall’indiscussa sapienza dell’autore nel dosare i ritmi tra le parti del racconto e dalla speranza, fondata, che questa a questa ottima prima opera ne succederanno altre.