Uno degli artisti più chiacchierati dell’anno per il fischio di inizio del Tutto Molto Bello. Warm up con il folk verace dei campani Blindur.
Mattia Nesto – Chissà quanti degli spettatori accorsi all’Estragon Club di Bologna venerdì 16 settembre, per show di apertura dell’edizione 2016 di Tutto Molto Bello, hanno pensato ad vero e proprio “coro di chiesa” guidato da Edoardo Calcutta. Già perché il cantautore laziale, grazie ad un lavoro certosino e perfetto della sua etichetta – una Bomba Dischi temibile anche sul campo da gioco del DLF di Bologna, ed ad un album, Mainstream, vero e proprio must del momento – sembra davvero aver realizzato un piccolo e atipico miracolo in questo 2016.
Calcutta ha rotto i ponti del piccolo circuito indipendente per, un po’ come provocatoriamente annunciato dallo stesso titolo del disco, e tracimato nel mercato generalista. Prova evidente di questo è stato, ad esempio, il fatto che il secondo giorno di torneo, ovvero domenica 18, la squadra di Bomba Dischi è arrivata in zona Locomotiv per disputare gli ottavi di finale appena in tempo, dato che, un paio d’ore prima, Calcutta era impegnato in un’esibizione alla trasmissione di RaiDue “Quelli che il calcio”. Questo per significare quanto Edoardo ha, letteralmente, spaccato nel 2016.
Il concerto di Calcutta è stato aperto dai Blindur, band campana vincitrice dell’ultima edizione del Premio “Sotto il cielo di Fred”, svoltasi a Torino per ricordare degnamente il grande artista Fred Buscaglione. I Blindur sono un duo banjo, chitarra e cassa di batteria potentissima, con un set di canzoni letali, un misto di pop-folk alla Munford and Sons rivisitato però all’italiana, con una cura ed un’attenzione per i testi rara. Nonostante un pubblico di giovani e giovanissimi, i campani hanno saputo letteralmente catturare l’attenzione di tutti i presenti, coinvolgendoli come poche volte abbiamo assistito da parte di una opening-band. Merito del frontman che, oltre ad essere dotato di una voce calda e avvolgente, ha anche una naturale simpatia, che diventa irresistibile quando, armato di chitarra e con il piede che batte sulla cassa della batteria, intona le canzoni. I Blindur faranno strada? Questo non lo sappiamo ma siamo certi che hanno ancora molto, moltissimo da dire e da cantare.
Il set di Calcutta, una vera e propria chiusura in grande stile del proprio tour estivo (anche la data bolognese non è, tecnicamente, l’ultima data vera e propria), è stato contraddistinto da una grande sicurezza di Edoardo sul palco. Ormai il ragazzo di Latina è perfettamente a suo agio anche in luoghi grandi quanto l’Estragon, strapieno per lui. Se durante le prime date di Mainstream (ad esempio quella milanese all’Arci Bellezza dello scorso dicembre) si poteva ancora notare una sorta di “candido stupore” e di “ingenua sorpresa” di Calcutta per il seguito, sempre crescente, di fan ed appassionati, ora le cose sono cambiate. Nonostante la classica ironia-schermo del cantautore laziale, oggi Calcutta è un artista a tutto tondo, che non ha più paura “dei palchi troppo alti”, che racconta e si racconta sul palco e che, soprattutto, è perfettamente in grado di reggere uno show di più di un’ora e mezza.
Certo, ad un’occhiata abbastanza onesta, va detto che il repertorio di Calcutta è, ancora, abbastanza esiguo se si considera come, durante il concerto bolognese, abbia praticamente dato fondo all’intero “corpus calcuttiano” di canzoni, con anche il classico “toto-pezzi”, ovvero un paio di canzoni sono state ripetute a seguito di una sorta di plebiscito con tanto di “applausometro” per il titolo più richiesto. Comunque stiano le cose, “Gaetano”, “Cosa mi manchi a fare”, “Limonata” o “Frosinone” sono pezzi che paiono essere entrati quasi “sotto pelle”, inni istantanei alla vita per un sacco di ragazze e ragazzi che, anche all’Estragon, hanno cantato praticamente dall’inizio alla fine tutte le canzoni.
Ecco quindi che, riallacciandoci al discorso iniziale, più che un concerto questo (come del resto anche altri, tanto per dire l’esibizione all’ultimo Mi Ami) è stata una messa cantata, dove un pubblico di fan adoranti ha, giustappunto, intonato a memoria tutte le canzoni del cantautore, attorniato da una selva di schermi luminosi di telefoni sempre pronti ad immortalare qualsiasi movimento e/o faccetta del nostro Calcutta. Uno show completo quindi, con tanto di un pizzico di “allegra tristezza” per la conclusione di un tour con oltre 200 date.
L’ultima canzone, in un tripudio di ragazze e ragazzi che ballavano, è stata la cover della celeberrima “The music sounds better with you”, forse dedicata ad una misteriosa lei nascosta fra il pubblico forse no. Fatto sta che il 2016 è stato, al di là di ogni ragionevole dubbio, “l’anno” di Calcutta. Ora, dopo che il tour sarà definitivamente terminato, per il cantautore laziale ci sarà il meritato riposo e il tempo per scrivere qualcosa di nuovo. Infatti l’attesa per un “Mainstream parte seconda” è già palpabile anche se, conoscendo Edoardo, Calcutta non ci pare essere tipo da ripetersi: ci accontenteremmo di un artista che ama cambiare e spiazzare il suo pubblico. Anche se esso è costituito per di più da adepti di un rigido culto fatto di post su Facebook, foto con frasi su Instagram e sing along liturgico.
Gallery a cura di Federico Braghiroli