Un’oasi musicale e gastronomica nel cuore Monferrato.
Mattia Nesto – In questi ultimi anni si è assistito ad una sorta di proliferazione di festival legati, in misura maggiore o minore, alla scena “indie” italiana e non organizzati anche in centri medio-piccoli del nostro Paese. Uno dei primi festival in questo senso che ha segnato la strada è stata la Repubblica Indipendente di Lu che, nell’abbastanza lontano 2012, ha per l’appunto organizzato nel cuore delle colline del Monferrato una kermesse ricca di spunti e degna di una grande città.
Arrivati all’edizione di quest’anno, denominata “La riforma costituzionale”, il festival di Lu, si può dire senza possibilità o timore di smentita, è definitamente cresciuto. Cresciuto perché non è più un evento estemporaneo che “sbuca” all’improvviso verso l’inizio di settembre ma un vero e proprio appuntamento fisso per una grande schiera di appassionati e curiosi provenienti da, grosso modo, l’intero Nord-Ovest italiano. Gli organizzatori hanno così messo in piedi una line-up composta dai grandi nomi che hanno punteggiato il 2016 indie italiano: da Motta a Cosmo, dai Gazebo Penguins ai Mary in June sino agli Zu e Aucan, i luensi hanno fatto veramente le cose in grande.
Andando più nel dettaglio, quello che impressiona del festival oltre alla qualità/ridondanza dei nomi in continua crescita (quando un festival non mette come “headliner” gruppi del calibro de Altre di B o, giustappunto, o i John Canoe vuol dire che è definitivamente diventato “grosso”) ma anche e soprattutto perché la Repubblica Indipendente di Lu si è ormai assestata per essere qualcosa di altro oltre alla semplice offerta musicale. Infatti nelle giornate di venerdì 2 e sabato 3 settembre si è andati nel Monferrato non soltanto per ascoltare i pezzi dei propri artisti preferiti ma anche per scoprire un territorio, “assaggiarlo e sentirlo vibrare” nelle proprie vene: Lu è il festival fatto a regola d’arte ed ad chilometro zero.
Perché si è citato il fatto che si poteva “assaggiare” il territorio? Perché, grazie ad un organizzazione forte di anni, nel borgo piemontese si cura ogni minimo aspetto: dal lettering dei cartelli per indicare la zona bar o le toilette (con una grafica spaziale da saloon dell’Ottocento), passando per lo scenario, la fantastica collinetta che domina il paese sino alla proposta culinaria. Qui si ha davvero a che fare con il straripante binomio tra gusto e musica: infatti in pochi altri festival in giro per la Penisola si può, contemperamene, ascoltare “Senza di te” dei Gazebo Penguns sorseggiando una delle più buone birre artificiali italiane, ovvero la celeberrima “filo di fumo” di Pasturana (AL).
Il riuscito equilibro tra gastronomia e musica è proprio il punto di forte di questa rassegna culturale.
Se infatti, in altre kermesse, si può notare un certo scarto tra le band sul palco e ciò che si mangia e beve negli stand, magari con una predilezione di un aspetto piuttosto che di un altro. Qui no, la Repubblica, essendo democratica per sua stessa Costituzione, dà spazio a tutti con lo stesso gradiente di attenzione. E il pubblico risponde presente, con un numero di spettatori in continua crescita e le band più importanti che segnalano Lu non più come una “tappa fra le tante” ma come “un punto d’arrivo”.
Per quanto concerne il discorso musicale nudo e crudo, anche quest’anno la qualità dei live (anche grazie ad una sapiente cura dei suoni, che “sparano” con eccessiva potenza ma neppure sono “avviluppati” come nelle peggiori registrazioni su cd) è stata altissima. Qui un discorso a parte va fatto per il primo gruppo del primo giorno, ovvero gli alessandrini Delysid, giovane formazione locale che ha impressionato tutti per la bontà delle liriche e delle spire musicali sul palco. Attraverso una buona dose di psichedelia e orizzonti lisergici evocati, i Delysid hanno strappato più di un applauso e di un segno di approvazione. Lady Ubuntu da Alessandria e i Crtvr hanno mantenuto alta la qualità.
Tra i “big” da segnalare l’impressionante esibizione, per forza, intensità e qualità musicale di Motta che, caso mai ve ne fosse dubbio, si è confermato il re dei live di quest’anno. Al di là del “disco-bomba” La fine dei vent’anni, già in cima a tutte le classifiche dei migliori dischi italiani del 2016, quello che convince di Motta e la sua totale “dipendenza dal palco” che lo rende un folletto impazzito che salta, balla, suona le percussioni e utilizza le bacchette come spade. Un live del genere si ricorderà negli anni, ne siamo certi.
Buonissime poi le esibizioni della “balotta emocore” di Lu, ovvero i Gazebo Penguins e i Mary in June che hanno riempito Lu delle loro liriche piene di sentimento e suono. Ottimo poi l’apporto anche del primo gruppo straniero presente nel festival del Monferrato, ovvero gli Arrows of Time, che hanno saputo incendiare gli spettatori con la loro unica miscela di rock e stoner. Pure Cosmo, Aucan e Zu hanno realizzato ottime performance anche se, al di là dell’inarrivabile Motta, l’esibizione più convincente è parsa quella dei bolognesi Altre di B, regaz abilissimi a mischiare la “nostalgia canaglia” degli sport di una volta con ritmiche veloci e taglienti: l’ideale per una fine dell’estate alla grande.
Insomma anche quest’anno la collinetta di Lu è stata il posto migliore al mondo per ascoltare, mangiare e bere la musica.